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Condò: «Neymar, Coutinho, Van Dijk: ipervalutazioni dopate dai soldi del Qatar»

Paolo Condò, sulla Gazzetta, spiega con un’analisi di mercato (e non solo) le ipervalutazioni dei calciatori a cavallo tra il 2017 e il 2018.

Condò: «Neymar, Coutinho, Van Dijk: ipervalutazioni dopate dai soldi del Qatar»

La legge del mercato

Dire che i prezzi di Neymar, Coutinho o Dembélé sono «irreali», «vergognosi» o cose del genere è un conto. Cercare di approcciare criticamente al problema, provando a spiegare e spiegarsi le motivazioni che stanno dietro certe cifre è un’altra storia. È quello che fa Paolo Condò sulla Gazzetta, che in qualche modo condivide il pensiero comune dell’ipervalutazione rispetto ad alcuni di questi profili. Ma, al tempo stesso, analizza il mercato e prova a comprenderne la legge. La sua analisi, pubblicata questa mattina, parte dalla cronologia di un record, quello del calciatore più costoso della storia. Una progressione fatta di step progressivi, da Cristiano Ronaldo, a Bale, a Pogba. Fino all’esplosione di Neymar, nell’ultima estate da fuochi d’artificio.

Per Condò, quello è denaro «dopato». Ci spiega perché: «222 milioni, il nuovo primato ha più che raddoppiato il vecchio. Quel fiume di denaro si è poi diviso in alcuni rivoli: il Barça ha investito in agosto 105 milioni su Dembélé del Borussia Dortmund e, cronaca di questi giorni, la bellezza di 160 su Coutinho del Liverpool. Forti del mega incasso in arrivo, i Reds a loro volta avevano già girato 85 milioni al Southampton per il difensore Van Dijk. È raddoppiato tutto, o l’assegno per Neymar era denaro «dopato» che il sistema saprà riassorbire coinvolgendo un numero limitato di club? Il doping cui facciamo riferimento è quello dell’ipervalutazione. Neymar è costato tanto perché il Psg ha pagato la sua clausola di rescissione, una cifra che il Barcellona – ovviamente sbagliando – valutava sinonimo di incedibilità».

Effetto-domino

In pratica, secondo la – condivisibile – ricostruzione di Condò, l’aumento dei prezzi fino a percentuali assolute (100% e anche di più, appunto) nasce dall’esplosione di… un solo prezzo. Grazie all’operazione Neymar, si è scatenato una specie di effetto-domino. Una parte del ragionamento fatto anche da Calcio&Finanza a dicembre, sul caso Van Dijk. Insomma, questo è il mercato.

Lo spiega meglio subito dopo, Condò: «I calciatori venduti a peso d’oro nelle ultime settimane sono stati giudicati in modo univoco: ottimi profili, ma distanti dalla valutazione che ne è stata data. Come dire che chi vendeva se ne è approfittato, consapevole della straordinaria liquidità di chi acquistava; discorso valido anche per il Monaco, che per facilitare il Psg ha accettato di cedergli Mbappé in prestito, ma col prezzo già fissato a 180 milioni. Cosa succederà d’ora in poi nelle trattative esterne a quel giro? Se i 160 milioni per Coutinho venissero presi a riferimento, ogni clausola applicata al mercato italiano diventerebbe bassa (i 110 milioni per Icardi) se non addirittura ridicola (i 28 per Mertens). L’esperienza insegna però che i denari parigini non sono facilmente sterilizzabili. Il fair-play finanziario dell’Uefa era nato anche con questo proposito, ma le misure si sono rivelate poco applicabili alle superpotenze di proprietà araba».

Il vero punto del pezzo arriva alla fine. Il “doping” è quello del Qatar. Che «investe follie nel calcio perché in questo modo spezza l’isolamento diplomatico impostogli dall’Arabia Saudita. Si chiama soft power, ed è (anche) il motivo per cui l’Inter non può riportare in Italia un giocatore bravo ma non pazzesco come Pastore. Guadagna otto milioni all’anno, in ogni grande club “normale” sarebbe una bomba nello spogliatoio». Chiaro, ora?

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