La realtà del campo è cambiata, ma Sarri insiste sulla linea di rappresentanza. Soprattutto per dare fastidio alla Juventus avversaria in campo e per ideologia di gioco.
Ideologia
Ieri non è stato un giorno come gli altri, per il Napoli. Rispetto alle ultime partite di campionato, la squadra di Sarri ha vinto in maniera diversa, soffrendo il Bologna per alcuni tratti della partita. Mostrando, soprattutto, alcune piccole crepe difensive che hanno ricordato tempi lontani ma non antichi, una Napoli forse più brillante ma sicuramente meno sicuro, consapevole della propria forza. Sono stati casi e momenti isolati, all’interno di una partita comunque controllata agevolmente, soprattutto dopo il gol del vantaggio di Mertens.
Nel dopopartita, ecco che parte la seconda parte della partita. I microfoni e la comunicazione, subito dopo il campo. Come sapete, il Napolista non ha sempre apprezzato lo stile e i contenuti di Sarri. Uscite da standing ovation si sono mixate con situazioni che per noi non sono (state) condivisibili. Ieri, però, abbiamo assistito a un piccolo gioiello dialettico del tecnico del Napoli. Alla Rai, una serie di frasi che non sono passate inosservate. Queste:
Non vogliamo far paura nessuno, il nostro obiettivo è sempre la bellezza. È l’unica strada che ci può portare a fare risultato, non abbiamo molte altre strade. L’organizzazione ci garantisce un minimo di solidità rispetto a prima, anche se per venti minuti abbia perso le distanze.
È il manifesto dell’ideologia sarrista, una bandiera che garrisce al vento nonostante la realtà indichi (da tempo) che il Napoli è diventato una squadra diversa. Soprattutto, si tratta di una scelta politica, partitica, di schieramento. Sarri, in questo momento, ha deciso di rappresentare l’anti-Allegri. Di assumere, tenere, consolidare una posizione chiara di rottura e differenziazione. A prescindere dai contenuti.
I fatti e la percezione
Sarri ha espresso una verità, o meglio una parte di verità in queste parole. Dal punto di vista puramente estetico, non c’è paragone tra il Napoli e la Juventus. La squadra azzurra esprime sempre lo stesso concetto, in ogni manovra, in ogni azione, in ogni singola decisione in campo: noi vogliamo determinare noi stessi e il risultato. Che sia attacco (come in passato, soprattutto) o gestione dei ritmi (come succede spesso quest’anno), gli avversari si adattano a noi. L’esatto contrario del calcio di Allegri, che è diverso ma anche – spesso – meno attrattivo. Più vincente, certo, ma non proprio bello secondo il significato puro di questo aggettivo.
Detto questo, il Napoli è una squadra molto diversa rispetto al passato. L’intensità è soprattutto difensiva, la manovra è rallentata o accelerata a seconda del momento della partita e del risultato, c’è consapevolezza e maturità nella lettura di ogni fase del gioco. Infine, last but not least, ecco una solidità difensiva sorprendente. Espressa nei numeri, dopotutto il Napoli è ancora e sempre la squadra con meno gol incassati in Serie A.
Sarri continua a professare una certa fede, a inquadrarsi come paladino della bellezza e dell’estetica. Torniamo al discorso precedente: ok, esiste il fondo di verità, ma ora come ora i rapporti (di forza e riferiti ai fatti e alle statistiche) sono diversi. Eppure le posizioni non cambiano. È una chiara volontà di contrappunto, di opposizione esterna, di rappresentanza e rappresentazione. Noi siamo il Napoli, siamo questo, siamo il sarrismo e sventoliamo la nostra ideologia insieme al nostro popolo. Anche se poi in campo facciamo altro o anche altro, noi ci definiamo in questo modo. Per noi, ma anche contro di loro. È identificazione, è l’unione della realtà e della percezione per generare consenso, fusione.
La cosa giusta
Sono sentimenti che servono, all’ambiente-Napoli. Poi qualcuno sa e pensa che alcune cose di campo sono un tantino diverse, perché sono cambiate – ed è giusto che sia così se vuoi vincere questo scudetto. Ieri e da un po’ di tempo, Sarri sta praticando in maniera lucidissima l’arte della comunicazione. Difesa dei suoi topos, della sua posizione, paraculaggine pura, tecnica del lamento, insomma tutte le armi che conosce. Il proiettile sparato ieri è un esempio chiaro di questa strategia. E chiarisce una volta di più che è una strategia. Al di là dei giudizi di ognuno, Sarri sta combattendo la sua battaglia. Di politica, anche se calcistica. Ma è pur sempre politica. Non gli resta che continuare.