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Processo Resit, la difesa chiede un collegio di specialisti

Terra dei fuochi / Al via l’appello. Gli avvocati della difesa vorrebbero la riapertura del dibattimento. Il presidente Zeuli deciderà il 9 novembre

Processo Resit, la difesa chiede un collegio di specialisti

Il processo madre della Terra dei fuochi

Oggi, 26 ottobre, presso la Corte di Assise d’Appello presieduta dal Presidente della Quarta Sezione Domenico Zeuli, è cominciato l’appello del processo Resit, processo che, per più aspetti, da quello ambientale a quello mediatico-giudiziario, può a buona ragione essere ritenuto il processo madre della questione terra dei fuochi.

Un processo dagli aspetti molto controversi di cui il Napolista ha più volte reso conto. E che in primo gradi si è chiuso con la condanna a vent’anni di Cipriano Chianese proprietario della Resit.

Le domande della difesa

La Corte ha esaminato con grande attenzione gli appelli proposti dagli avvocati dando particolare peso all’appello presentato dall’avvocato Marco Monaco, difensore di due tecnici che collaborarono alla progettazione ed alla realizzazione della discarica, incentrato sugli aspetti scientifici del procedimento ed, in particolare, sul nocciolo della questione:

  • c’è avvelenamento delle acque? (ricordiamo che questo è il capo di imputazione più grave che ha portato ad una condanna a sedici anni per il principale imputato, gestore della discarica);
  • se pure ci fosse, sarebbe imputabile alla gestione della Resit? (ricordiamo che secondo il teorema del PM, in un’area in cui insistono circa 10.200 ettari urbanizzati – molti abusivamente – 114 ettari di area industriale, 142 ettari di stoccaggio ecoballe e 53 ettari di discariche, sarebbe in atto un “disastro ambientale” provocato unicamente dai circa 5 ettari di discariche Resit considerate come la Cernobyl della Campania e ricordiamo, soprattutto, che in questo processo non si discute di illeciti “intombamenti di rifiuti tossici delle industrie del nord” in terreni agricoli od altri, ma di una presunta illecita gestione di una discarica autorizzata e dedicata allo smaltimento di rifiuti speciali, dunque di origine industriale, “seconda categoria di tipo B”, nelle quali si potevano smaltire perfino rifiuti tossici e nocivi purché rispondessero a determinate caratteristiche riguardanti soprattutto l’eluato);
  • se fosse imputabile ad una gestione illecita od irregolare della discarica, sarebbe un reato doloso o colposo? Un reato permanente o non permanente?

Chiesto un collegio di tecnici

Il Presidente, ascoltate le richieste dell’avvocato Monaco, fatte proprie dagli avvocati Martino, Stellato e Cangiano, si è riservato di decidere circa la richiesta avanzata di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con la nomina di un collegio di consulenti tecnici nelle discipline afferenti che siano in grado di giudicare il metodo adoperato dagli organi istituzionali (Istituto Superiore della Sanità, Sogesid/Commissariato di Governo, Arpac) in rapporto alla assenza di compromissione ambientale, in conflitto con quanto asserito dal consulente della Procura. In subordine, si è chiesto di risentire in aula i testi facenti capo agli Enti pubblici che hanno già svolto approfonditi accertamenti sul sito ed i consulenti di parte. La Procura Generale non si è opposta.

Ricordiamo anche, che nel corso di un recente Question Time alla Camera dei Deputati, con oggetto i lavori di messa in sicurezza della discarica Resit, il ministro Galletti si è così espresso: “si può affermare che lo stato di avanzamento dei lavori è pari a circa il 40% e sono state realizzate tutte quelle opere che scongiurano il rischio di danni ambientali”. Se ne prevede la conclusione “entro il 28 gennaio 2018”.

Il 9 novembre il Presidente Zeuli comunicherà la sua decisione.

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