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La prima volta dell’Islanda ai Mondiali: programmazione, non miracolo

Campi di calcio indoor, impianti nelle scuole, un allenatore ogni 500 abitanti. Dietro al sogno dell’Islanda c’è un’attenta pianificazione

La prima volta dell’Islanda ai Mondiali: programmazione, non miracolo

L’Islanda ha staccato il biglietto per la prima, manco a dirlo, storica, partecipazione ad un mondiale. Lo ha fatto alla fine di un girone tutt’altro che banale, chiuso in testa davanti alla Croazia di Modric e Rakitic, all’Ucraina di Shevchenko, alla Turchia del guru Lucescu e alla Finlandia, contro cui l’Islanda perse lo scorso due settembre a Tampere, quando sembrava aver compromesso le chances di qualificazione.

Festa per pochi intimi

Il successo contro il Kosovo è valso l’accesso a Russia 2018 ed è stato il terzo consecutivo, dopo le nette affermazioni contro Ucraina e soprattutto Turchia. Ad Eskişehir, la nazionale diretta da Hallgrimsson ha praticamente conquistato il pass-mondiale, con una partita perfetta suggellata dalle reti di Gudmundsson, Bjarnason ed Arnason.

L’Islanda conta appena 334mila abitanti, un numero inferiore alla sola Firenze e di poco superiore a Bari, la nona città d’Italia. Sarà la nazione più piccola ad essere rappresentata ai campionati del mondo: nella storia, infatti, nessun Paese con meno di un milione di residenti ha mai partecipato alla rassegna intercontinentale.

Strutture e competenza

Nonostante questi numeri, il movimento calcistico islandese è in continuo progresso.

Fra gli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, la federazione (Ksi) avviò una serie di progetti affinché il calcio nel Paese uscisse dal limbo del semiprofessionismo a cui era sin lì confinato. Questo sotto la spinta della politica che, sfruttando una fase economica favorevole, ha puntato sempre più sullo sviluppo dello sport fra i giovani come elemento centrale di crescita individuale e inclusione sociale. Valga come esempio il capitano Gunnarson: in adolescenza fu selezionato sia dalla nazionale di calcio che da quella di pallamano.

Si partì con la costruzione di impianti con campi regolamentari completamente al coperto, indoor, che permettessero non solo ai professionisti, che fossero essi uomini donne o bambini, di avvicinarsi al calcio ed allenarsi anche nei mesi più freddi e bui dell’anno (che nel nord Atlantico significano temperature ben al di sotto degli zero gradi e frequenti burrasche di neve). Non solo, decine di campi in erba sintetica sono stati allestiti anche nelle scuole dell’isola.

La federcalcio ha puntato non solo sulle infrastrutture ma anche sulla formazione qualificata di centinaia di propri tecnici. All’anno 2016 c’era un allenatore di calcio con patentino Uefa A (che in Italia consente la guida di una squadra sino alla serie C e di squadre giovanili di ogni ordine e grado) e Uefa B ogni 500 abitanti. Un rapporto da fare invidia alle maggiori nazioni del pallone. E col numero ridotto di squadre professionistiche, questi tecnici sono al servizio delle accademie per i più giovani, ovvero la leva del futuro.

Da Lippi alla Russia

E pensare che i primi passi verso i recenti successi l’Islanda li ha mossi proprio contro l’Italia. Era la prima di Lippi, correva l’anno 2004. In amichevole gli azzurri persero 2 a 0 a Reykjavik, prima di iniziare il percorso che li avrebbe poi condotti al trionfo di Berlino, due anni più tardi. E mentre in Italia si pensava a sbarcare il lunario affidandosi alla classe di alcuni, come tutt’oggi accade, a due passi dalla Groenlandia era appena partita la fase operativa nella programmazione di future vittorie.

Qualche anno più tardi, nelle qualificazioni per Brasile 2014 l’Islanda iniziò a far parlare di sé. Seconda nel proprio raggruppamento verrà estromessa soltanto nel ritorno del playoff contro la Croazia. Un’eliminazione vendicata in queste eliminatorie, perché dove se non da quelle parti sanno che una rivalsa va servita fredda.

Per compiere la prima impresa – la qualificazione agli ultimi Europei – l’Islanda guidata dallo svedese Lagerback sopravanzò nel girone l’Olanda, fresca di un terzo posto mondiale, la Turchia e la Repubblica Ceca.
Una scalata per gradi, quindi, che ha condotto la selezione ad issarsi fino al 22esimo posto nel ranking Fifa. Dopo aver disputato il primo, ottimo, torneo continentale. In Francia, fase a gironi chiusa davanti al Portogallo (poi vincitore), agli ottavi il successo contro l’Inghilterra (patria della maggior parte dei calciatori in rosa) ed eliminazione giunta ai quarti per mano dei padroni di casa, poi finalisti.

La squadra

La nazionale dopo gli Europei è stata affidata al ct Hallgrimsson. Schierata in un solido 4-4-2, spicca per ordine e disciplina tattica. Il collettivo è l’arma in più e Gylfi Sigurdsson ne è la stella più lucente. Il trequartista dell’Everton milita da anni in Premier League, e possiede una notevole visione di gioco, tempi di inserimento e una meravigliosa tecnica individuale, che ne fanno peraltro un temibilissimo battitore da fermo.

Buttarla dentro spetta a Bodvarsson e soprattutto a Finnbogason. Questi ebbe un inizio carriera folgorante all’Heerenveen, poi smarritosi fra Spagna e Grecia, a 28 anni sta ritrovando la propria verve sotto porta all’Augsburg, in Bundes. Ai box da tempo per un grave infortunio, invece, l’altro bomber Kolbeinn Sigthórsson (Nantes).
In mediana due conoscenze della Serie A: l’ex Pescara e Samp Bjarnason, centrocampista di buone qualità, e il mancino Hallfredsson, alla terza stagione all’Udinese.

Pronti ad una nuova invasione

Due estati fa, al seguito per il primo grande torneo, l’Islanda ha potuto contare sul supporto dell’8% della popolazione totale in trasferta in Francia per i propri beniamini. Al ritorno a casa in migliaia hanno celebrato i giocatori con l’ormai famoso battimani del Viking thunder-clap.

La nazionale è per gli islandesi l’unica, vera, squadra per cui fare il tifo. Complice un campionato locale a 12 squadre di basso livello, le compagini islandesi in Europa non superano i primi turni preliminari.
I risultati ottenuti solo ad una visione superficiale potranno apparire sorprendenti, sono invece il frutto di una pianificazione non estemporanea. A questa si aggiungano e si mescolino abnegazione, passione e talento.
In Russia ci saranno, alzeremo le mani e il volume per quei ragazzotti che arriveranno con tutto il loro calore dal profondo nord.

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