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Francesco Piccolo e il dilemma “Fuggire o restare (da Napoli)” incarnato da Elena Ferrante

Lo spettacolo dello scrittore casertano, trapiantato a Roma. Per lui, Elena e Lila rappresentano il dualismo di ogni persona del Sud

Francesco Piccolo e il dilemma “Fuggire o restare (da Napoli)” incarnato da Elena Ferrante

“Storie di chi fugge e di chi resta”

“Storie di chi fugge e chi resta” è il titolo del terzo volume della quadrilogia di Elena Ferrante che propone un argomento tanto discusso che vede contrapporre le testimonianze di chi resta e chi invece è andato via da Napoli per realizzarsi. Proprio qualche giorno fa, presentando il progetto “Mann for kids” del Museo Archeologico di Napoli, Marino Guarnieri docente di cinema e animazione della scuola Italiana di Comix e uno degli autori de “La Gatta Cenerentola” aveva detto «Ho provato a fare animazione per tanti anni ma era impossibile perché Napoli è il simbolo delle potenzialità inespresse. Fortunatamente dopo 20 anni che mi ripetevano che l’unica possibilità era andarsene dall’Italia, adesso vado a lavorare a piedi».

Oggi sulle pagine di Repubblica Maria Di Donna, Meg. ex 99 Posse, ora a New York, ha raccontato il suo rapporto con Napoli«Napoli offre tanto a livello umano ma toglie altrettanto, se non di più. Ti logora. A un certo punto hai la sensazione di sopportarla e allora capisci che devi cercare la vita altrove».

“L’amica geniale e la questione cruciale del Sud”

Ieri, nel corso della manifestazione “Cibo a regola d’arte” organizzato dal Corriere della Sera nel refettorio di San Domenico Maggiore, lo scrittore Francesco Piccolo – guida degli sceneggiatori della serie tv tratta dai libri di Elena Ferrante – ha portato in scena “Partire o restare. L’amica geniale e la questione cruciale del Sud”. Partendo dal viaggio delle due protagonista Elena e Lila, ha sviscerato il tormentato percorso di chi parte e di chi resta. Ed è arrivato alla conclusione che le due ragazze (poi diventate donne) sono la rappresentazione del dualismo di una sola persona che vuole andare ma vuole restare e che solo insieme riescono a compiere sia il restare che l’andarsene.

I dibattiti sulla mozzarella

Francesco Piccolo ha preso in prestito la celeberrima scena del presepe di “Natale in casa Cupiello” di Eduardo per raccontare se stesso, casertano trapiantato a Roma e il suo rapporto col padre e la tradizione fatta di cucina e mozzarelle. «Discutevamo di mozzarella per giorni, delle differenze tra i vari caseifici e poi alla fine quando si era stabilito chi era il migliore, arrivava sempre un caseificio nuovo e si ripartiva. E poi l’idea che si dovesse mangiare e a pranzo si chiedesse cosa mangiamo a cena e a cena cosa mangiamo domani».

La foresta vergine di “Ferito a morte”

Piccolo riprende “Ferito a morte” di La Capria dove al protagonista viene detto dall’amico Gaetano: “devi andare via perché Napoli è come la foresta vergine, il tempo che ci metti ad attraversarla è lo stesso che ci metti ad attraversare la vita e quando l’hai superata la vita è finita”. Le tradizioni esasperate, il culto ossessivo per il ragù domenicale e il presepe, sono per Piccolo la sua foresta vergine da cui lui stesso si è allontanato, ma senza riuscirci del tutto.

Francesco Piccolo

Il tunnel che Elena e Lila attraversano

Il viaggio che Lila ed Elena (Lenù) compiono all’inizio della loro avventura alla ricerca del mare, ma soprattutto nella ricerca di andare via da quel luogo, dal rione, perché solo andando via si potranno salvare dal non essere come le loro mamme, è la fuga dalla loro foresta vergine. Ma il viaggio non è semplice. Il tunnel, che in realtà è solo un cavalcavia ferroviario, appare alle due bambine interminabile e una volta uscite dal tunnel il mare non si vede ancora e il rione non si vede più. C’è solo lo stradone.

È in parte ciò che accade a chi va via, a chi fugge secondo Piccolo. Finalmente riesce a vedere e a capire la foresta vergine.

“Pensavo che Roma fosse il mondo civile”

«Sono andato a vivere a Roma, lì mi sono sposato e ho avuto figli. L’impressione insensata che avevo avuto è che Roma fosse il mondo civile, che fosse l’altro mondo e su questa impressione stupida confrontavo la foresta vergine». Attraverso il racconto della sua esperienza, come la Ferrante con Elena e Lila, l’autore racconta la difficoltà e gli inganni di chi fugge o pensa di stare fuggendo.

«La vera civiltà, invece, l’ho individuata una volta nella lettera che l’impiegato della motorizzazione di Toronto aveva inviato ad una ragazza canadese che studiava alla pari e aveva perso la patente. Nella lettera le inviava una serie di suggerimenti su cosa visitare e la richiesta di recarsi da loro quando rientrava per pagare il costo del duplicato della patente. Secondo me, tutto funziona perché questa ragazza – appena arrivata a Toronto – scende dall’aereo e va a pagare i 10 euro mentre io avrei detto tanto la patente ce l’ho, oppure ci andrò. Perché posso portare il virus della foresta vergine con me anche fuggendo».

Senza Lila, Elena non avrebbe avuto il desiderio di partire

Attraverso la rilettura del viaggio delle due protagoniste della Ferrante, si percepiscono i sentimenti contrastanti di chi resta e chi fugge, «ma soprattutto – conclude Piccolo – che Elena è colei che andrà a Pisa, farà la scrittrice e girerà il mondo e poi tornerà a Napoli a vivere la vita di chi la foresta vergine l’ha capita. Elena però non ci avrebbe nemmeno pensato a questa vita se Lila non l’avesse presa per mano e portata oltre il tunnel, perché è solo lì che Elena si accorge che vuole vedere davvero il mare».

Elena e Lila rappresentano dunque una sola persona con il dualismo che vive chi vuole andare ma vuole restare e solo insieme riescono a compiere il tormentato processo di andarsene e restare.

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