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Rooney, i 200 gol di una leggenda silenziosa

A 32 anni da compiere, Rooney racconta una bella storia di calcio, risultati, professionalità. E ora è di nuovo l’idolo dell’Everton, la sua squadra del cuore.

Rooney, i 200 gol di una leggenda silenziosa

Contro il City

Il suo gol, ieri sera, ha letteralmente infiammato di nuovo la sua leggenda. Perché la rete all’esordio, anzi la rete nel nuovo esordio con l’Everton, non poteva bastare. La favola di Wazza Rooney procede spedita, ed è una gioia per gli occhi  e per chi ama il calcio. L’attaccante inglese, dopo 13 anni allo United, torna a casa sua, sulla Mersey, e tocca i 200 gol. A Manchester, contro i suoi nemici storici del City. In una partita dominata dalla squadra di Guardiola, soprattutto nella ripresa, ma forse così è ancora più dolce.

Rooney ha segnato con un tocco di sinistro sotto porta, un tiro di piatto, con doppia deviazione. Nulla di clamoroso, se non fosse per la ricorrenza delle 200. Se non fosse che contro gli Sky Blues Rooney aveva già realizzato i suoi gol numero 50 e 150. Se non fosse che contro gli Sky Blues aveva già realizzato quello che forse è il gol più bello della sua carriera. La ricordiamo tutti, la sua splendida rovesciata.

L’appuntamento

Insomma, quello col City è un appuntamento che Rooney non perde e non sbaglia mai. Intorno a questi eventi singoli, però, Rooney ha saputo costruirsi una carriera da vera leggenda. Una leggenda grande e silenziosa, magari non sono mancati i soliti colpetti scandalistici dei tabloid inglesi, ma Rooney è rimasto sempre un uomo e un calciatore estremamente apprezzato. L’ultimo a rendersene conto è stato José Mourinho, un solo anno a Old Trafford con lui e le lacrime – confessate alla stampa – al momento di un addio inevitabile. Con Ferguson, Rooney si è trasformato da wonderkid in bandiera, con Moyes e Van Gaal ha fatto sì che lo United non si sfaldasse troppo in attesa di un nuovo ciclo. Del quale non fa più parte per limiti di età e tecnici, almeno secondo Mourinho.

Allora Everton, allora Koeman, allora tutto giusto, tutto bello, da favola, come un film. Il ritorno a casa di un calciatore, uno dei pochissimi, che ha saputo davvero mantenere tutte le promesse di inizio carriera. Ci iniziammo ad accorgere di lui un anno prima di Euro 2004, quando si iniziò a capire che l’altro youngster di Liverpool, Michael Owen, avrebbe finito per deludere le aspettative. Vuoi pure incontri e coincidenze e congiunzioni astrali fortunate, Rooney ha indovinato la traiettoria. Re di Manchester, uomo di riferimento nella nazionale più forte e più sfigata del pianeta, è riuscito a saltare addirittura un Europeo, quello del 2008 da affrontare da rampante 23enne. Poi vennero Capello e Hodgson, ma Rooney è sempre stato lì. Intoccabile, amato, rappresentativo.

Domani

Rooney ha 32 anni da compiere, è un atleta perfettamente integro. È perfetto per un contesto competitivo ma non troppo come quello dell’Everton, un club che sta provando a (ri)costruire la sua nobiltà con un progetto di lungo corso. Al quale serviva una bandiera, e allora chi meglio del secondo miglior realizzatore nella storia della Premier? Il primo, Alan Shearer, è abbastanza lontano, a quota 260. Gli ha dato il benvenuto nel club esclusivo dei 200, formato solo da tutti e due gli attaccanti più forti delle ultime ere calcistiche del campionato inglese – ovviamente parliamo degli anni post-scisma, dal 1992 in poi.

La sua è davvero una bella storia di calcio, tranquillità, crescita, risultati. C’è anche una spruzzata d’amore, basta guardare gli ultimi mesi per capire di cosa parliamo. La riscoperta dell’appartenenza, il senso di un progetto che torna ad essere tuo, la scelta di sentirsi protagonista a casa. E due gol in due partite, a spiegare che l’operazione ha tanta sostanza, non solo forma. Non sarà stato celebrato come i fenomeni della sua era, Messi e Ronaldo in primis, ma che bello veder giocare anche Wazza Rooney. Difficile che un amante del gioco possa contestare questa frase.

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