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La crescita mentale del Napoli vale più del timore per il ritorno dei titolarissimi

Quattro vittorie di fila, una in condizioni molto difficili con la squadra comprensibilmente svuotata mentalmente. Gli errori di Sarri in un contesto ampiamente positivo

La crescita mentale del Napoli vale più del timore per il ritorno dei titolarissimi
La gioia di Rafael per il gol di Rog (foto SSC Napoli)

È l’anno buono

È l’anno buono. È il commento più ascoltato in queste ore. Soprattutto dopo aver visto il Napoli recuperare e vincere ieri sera contro l’Atalanta una partita che per 55 minuti è parsa la fotocopia della gara perduta al San Paolo lo scorso anno. Cinquantacinque minuti in cui il Napoli di Sarri è stato ben imbavagliato dall’Atalanta di Gasperini. Poi, al decimo del secondo tempo, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, Zielinski ha estratto il coniglio dal cilindro. Un gol di rara bellezza, Un missile terra-aria imparabile. Ci piacerebbe sapere a quale velocità ha viaggiato il pallone scagliato dal destro del polacco schierato titolare da Sarri al posto da Allan.

Trend invertito dall’inizio del secondo tempo

Da quel momento, è stata un’altra partita. Anche se aveva cominciato a cambiare sin dall’inizio della ripresa. I dati della Lega Serie A ci informano che il primo quarto d’ora della ripresa è stato quello in cui il Napoli ha avuto il possesso palla più schiacciante: 5 minuti e 16 contro 1 minuto e 14. Se non abbiamo sbagliato i calcoli, è un possesso palla attorno all’80%. La partita stava già cambiando, anche perché Gasperini aveva arretrato togliendo Petagna per Kurtic. Sapeva, ipotizzava, che la sua squadra non avrebbe retto a quel ritmo per novanta minuti.

L’uno due Zielinski-Mertens avrebbe tramortito qualsiasi squadra. E così è stato. Sarri ha provveduto a sistemare il centrocampo, e ha fatto entrare forze fresche. Prima Allan, poi Diawara e infine Rog. Fuori Hamsik, poi Jorginho e quindi Zielinski che – va detto – aveva demeritato al pari degli altri nel primo tempo.

Ha sbagliato formazione?

Il tema è semplice. Sarri ha sbagliato formazione? O, ancora meglio, Sarri è ancora prigioniero dei titolarissimi? Siamo andati a rivedere il tabellino della partita perduta lo scorso anno al San Paolo contro l’Atalanta e giocarono titolari Zielinski e Diawara con l’onnipresente Hamsik. Il ricordo è che il Napoli vide palla, proprio come ieri sera nel primo tempo. Sarri probabilmente si sarebbe difeso così ieri sera.

Premesso che ciascun allenatore schiera sempre la miglior formazione possibile, resta l’impressione o comunque il timore di rimanere prigionieri anche quest’anno della logica dei titolarissimi. Timore che a Verona è evaporato alla lettura della formazione. Ma che ieri sera è tornato prepotente, anche perché nel primo tempo tanti calciatori del Napoli erano – anche comprensibilmente – svuotati mentalmente. Comprensibilmente perché il Napoli era reduce dalla conquista di un traguardo storico: la seconda qualificazione consecutiva alla fase a gironi della Champions.

Gasperini ha tessuto la sua tela. E il Napoli è parso senza fosforo. La lettura è duplice: ci si può concentrare sulle difficoltà del primo tempo, oppure sulla capacità di vincere una partita in condizioni che sembravano proibitive. La vittoria sporca che noi del Napolista auspicavamo da tempo. Perché la strada che conduce allo scudetto è e sarà sempre lacrime e sangue, chiunque la percorra.

La forza mentale della squadra

La partita di ieri sera ha detto che la crescita mentale del gruppo c’è stata. Il Napoli ha sofferto. E ha vinto grazie a tanti uomini che vivono più in panchina che in campo: dal sorprendente Maggio ai tre di centrocampo. Con fotografie che hanno immortalato un Rafael entusiasta al gol di Rog. Se ce ne fosse ancora bisogno, il Napoli ha dato ancora una volta dimostrazione di essere un gruppo solido. E ieri sera ha dato anche la dimostrazione di saper recuperare in corsa.

Il timore di cadere negli errori degli anni precedenti, con la fissa dei titolarissimi, c’è. È innegabile. Ma allo stesso tempo non va sottovalutata la forza della squadra di non disunirsi. Come se davvero stavolta i giocatori avessero un obiettivo in testa e da mesi lavorassero a come affrontare le difficoltà.

Non vogliamo essere teneri con Sarri e i suoi errori nella stesura della formazione, ma bisogna essere anche obiettivi e guardare in faccia la realtà. Il Napoli, che nei precedenti due anni aveva sempre sofferto in partenza, ha vinto quattro partite su quattro, ha raggiunto una storica qualificazione in Champions e ha recuperato una partita che si era messa storta contro la formazione che lo scorso anno ci aveva battuti due volte su due.

Reina e l’amore

L’ultimo pensiero è relativo a Reina. Mondiamo la vicenda di parole fuori luogo, come amore. Trattiamola come va trattata. È la vicenda di un professionista. Che giustamente ambisce a uno stipendio più alto e a un contratto più lungo. Ma che è prigioniero di un contratto firmato in precedenza. Non c’è bisogno di amarsi per dare il massimo sul lavoro. Anzi. I superstiti della Lazio del 1974, ma anche tanti altri, potrebbero tenere corsi all’università. Le favole del tifo e del racconto sono belle, come tutte le favole. La vita reale, poi, è ovviamente un’altra cosa.

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