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Il merito del Napoli è aver vinto dopo aver offerto il peggio di sé

Napoli-Atalanta, l’analisi tattica: la squadra di Gasperini, fin quando ha retto, ha completamente inibito gli azzurri. Fortunati a bravi a trovare i cambi e gli spiragli giusti.

Il merito del Napoli è aver vinto dopo aver offerto il peggio di sé

Vittoria minimale

Un solo tiro in porta e 3 occasioni create alla fine del primo tempo; 4 tiri in porta e 9 chance costruite alla fine del match. Napoli-Atalanta è facilmente leggibile in queste cifre superficiali – sono quelle del Napoli, ovviamente. Anzi, l’analisi tattica della partita discende direttamente da queste cifre. Perché il Napoli del primo tempo è stata una squadra spenta, non tanto dal punto di vista puramente fisico quanto per la sua funzionalità mentale, di costruzione ragionata del gioco.

Merito dell’Atalanta che ha un atteggiamento e una disposizione in campo che sembrano perfetti per inibire il Napoli; demerito della squadra di Sarri, che a questa “provocazione” tecnica e mentale ha opposto la parte peggiore di sé. Anche questo si legge nei numeri: alla fine del primo tempo, 37 palle perse e 83% di precisione dei passaggi per gli undici giocatori in maglia azzurra. La media stagionale 2016/2017 era sopra quota 87%.

Come l’Atalanta blocca il Napoli

Sopra, vediamo come funziona il dispositivo difensivo dell’Atalanta. Basta un frame per riassumere tutti i principi di gioco che Gasperini esaspera per affrontare il Napoli. Il primo è quello della densità in zona palla: due calciatori sul portatore del pallone, altri due sullo scarico più vicino e marcatura a uomo, fisica, sul terzo uomo in appoggio. Gli altri giocatori di movimento sono tutti nella metà campo, e costruiscono uno scivolamento difensivo.

È il secondo principio, che discende in maniera diretta dal primo. Se l’Atalanta porta quattro uomini a costruire la gabbia intorno ai calciatori creativi del lato forte, il resto della squadra si sposta tutto da quel lato, in modo da rendere complicato il passaggio secondo tutte le linee potenziali. Nei riquadri gialli, la formazione dei gruppi di marcatura. Poi c’è un altro giocatore che segue da vicino Mertens, impedendogli di proporsi lateralmente o in verticale. L’esterno sinistro è vicino a Callejon, Masiello agisce da libero.

In questo modo, il recupero del pallone avviene in maniera sistematica, e quasi per “inevitabile” superiorità numerica. Il Napoli è una squadra che dialoga a palla bassa e nello stretto, operare in questo modo in zone di campo sovraccaricate di avversari induce quasi per forza all’errore tecnico. Dopo la riconquista, c’è lo sfruttamento della grande pecca genetica del Napoli: l’apertura sul lato debole, di solito quello destro (di Maggio ieri sera), a cercare Gomez. Sotto, la mappa posizionale di tutti i passaggi lunghi tentati dai bergamaschi (su 75 tentativi totali). Guardate quante volte il pallone ha viaggiato dalla fascia destra o dalla zona centrale alla corsia laterale sinistra.

Secondo tempo

Nel secondo tempo, di fatto, il Napoli è solo riuscito a trovare più spazio nella metà campo dell’Atalanta. La squadra di Sarri non ha modificato il suo modo di giocare; l’Atalanta, invece, ha avuto la colpa di abbassare l’intensità del pressing (forse “indotta” dalla stanchezza), di non riuscire più a ripartire in verticale. Nel postpartita, Gasperini ha spiegato come il cambio De Roon-Petagna – che ha effettivamente privato i nerazzurri dell’unico calciatore in grado di garantire profondità e mantenimento del possesso nella metà campo offensiva – sia dipeso dalla necessità di «aumentare la capacità di recupero palla del centrocampo». L’idea del tecnico atalantino era quella di creare ancora maggiore densità. Era forse consapevole che, a fine agosto, la sua squadra non sarebbe riuscita a mantenere i ritmi infernali di pressione tenuti nei primi 45′.

A quel punto, il Napoli è stato bravo e fortunato. Il gol di Zielinski rientra nella casistica dell’episodio, ma è stato l’intero secondo tempo ad essere giocato con intelligenza. Decisivo l’ingresso di Allan, al di là delle due giocate che hanno portato al gol. Il brasiliano, in 32′ di gioco, ha vinto tre duelli take-on e ha permesso di generare superiorità numerica (tre contro due) anche sulla fascia “debole” nello scacchiere di Sarri. Sotto, la sua heatmap confrontata con quelle di Zielinski prima e dopo l’uscita di Hamsik. Le mettiamo vicino per chiarire le differenze: in una partita del genere, con gli avversari che ti seguono a uomo in ogni zona di campo, è probabilmente più utile mantenere le posizioni previste dallo schieramento iniziale piuttosto che svariare in tutto il fronte.

Con Allan, il Napoli è riuscito a formare il triangolo di costruzione anche sulla sua zona destra, costringendo l’Atalanta a un continuo movimento laterale, a fisarmonica, tra le due corsie. Complice anche la stanchezza della squadra di Gasperini, questa scelta – agevolata dalle geometrie più “elementari” dell’ex Udinese – è stata più funzionale rispetto alla libertà di movimento tipica di Zielinski.

Dall’alto a sinistra, in senso orario: Zielinski da mezzala destra prima dell’uscita di Hamsik; Zielinski da mezzala sinistra dopo la sostituzione Allan-Hamsik; la heatmap di Allan.

Il resto l’hanno fatto le grandi qualità tecniche e di interazione di Insigne, Mertens, Callejon e Rog. Dopo Allan, sono loro ad aver letteralmente portato il pallone fin dentro la porta di Berisha. Per due volte. L’Atalanta, sfiduciata e non più in grado di opporre una resistenza tattica reale, ha costruito una buonissima occasione con il subentrato Kurtic. Ma si è trattato dell’unico momento di sbandamento difensivo nella ripresa. In realtà, anche nel primo tempo l’Atalanta non è mai stata davvero pericolosa su azione manovrata. Delle 9 conclusioni tentate nei primi 45′, 6 sono arrivate sugli sviluppi di calcio da fermo. Una situazione che il Napoli soffre da sempre, per caratteristiche dell’organico (il famoso discorso sulle marcature in area, necessariamente a zona per mancanza di centimetri) e per disattenzioni sparse. E sul quale sarà necessario lavorare – anche se di Atalanta ce n’è una.

Da sottolineare la prova altamente negativa di Hamsik. Probabilmente è stata la peggior esibizione dello slovacco degli ultimi anni. In realtà, le avvisaglie si sono viste anche nelle partite precedenti. Hamsik è in netto ritardo di condizione, sbaglia tantissimo (un errore su quattro palloni giocati, di media, nel primo tempo) e non riesce a proporsi con i tempi giusti. Probabilmente, la sua preparazione è stata calibrata in modo da giungere al top dopo questo primo ciclo di partite. Che, pur giocate senza il miglior Hamsik, sono state vinte. In un modo o nell’altro, di sciabola, di fioretto o di fortuna – oppure tutte le cose insieme. Anche questa è una (buona) notizia dopo Napoli-Atalanta, oltre il tabù sfatato. Una partita aggiustata in corsa, un incubo diventato felicità. Contro avversari forti, tatticamente preparati, che da qui in avanti metteranno paura a chiunque. Sono tre punti che valgono, in prospettiva, molto di più.

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