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Marelli, l’ex arbitro che spiega il Var: «Non è la moviola in campo»

Le differenze tra rilevazione e interpretazione, l’importanza delle immagini: spiegazione, caso per caso, delle decisioni arbitrali condizionate dal Var.

Marelli, l’ex arbitro che spiega il Var: «Non è la moviola in campo»

Come funziona (bene, ma non troppo) il Var

«In giro c’è una confusione tremenda, ed è per questo che voglio partire da un concetto basilare. La Var NON è la moviola in campo». Scrive così Luca Marelli, ex arbitro del CAN A e direttore di gara di Avellino-Napoli, finale playoff di Serie C1 nella stagione 2004/2005. Non è più arbitro, ma la sua figura è decisamente importante sui social network. La bacheca Facebook Marelli e il suo blog, difatti, sono un punto di riferimento continuo per le discussioni sul calcio e sullo sport. Nell’ultima settimana si è parlato soprattutto di Var. La frase di cui sopra è tratta da un testo pubblicato stamattina, che spiega e commenta il funzionamento del Var rispetto alle decisioni arbitrali di ieri. Ed è una lettura che offre spunti e visioni interessanti.

Intanto, la frase che abbiamo già riportato. È una specie di manifesto, perché chiarisce qual è l’obiettivo del Var: «Se si trattasse di una vera e propria moviola ciò presupporrebbe un utilizzo della stessa in almeno 15 occasioni per partita, spezzettando la gara in un infinito susseguirsi di episodi da rivedere a gioco fermo. La VAR, al contrario, è nata per ovviare a chiari errori commessi in campo dall’arbitro centrale, dagli assistenti e, in alcuni ipotesi, anche dagli stessi quarti ufficiali». Fin qui è chiaro a tutti. O forse no.

Gli episodi di ieri

Il pezzo di Marelli si articola sul commento frame by frame, situazione per situazione. Si comincia dal rigore per il Genoa, assegnato dopo che l’arbitro ha visualizzato le immagini del fallo di Rugani. L’analisi si divide in due: il fuorigioco e il fallo di Rugani. Andiamo per gradi.

Il fuorigioco

È stato commesso un errore di rilevazione (facciamo attenzione ai termini utilizzati, per comprendere la differenza FONDAMENTALE tra rilevazione e valutazione).

L’errore di rilevazione è da individuare nella posizione di Galabinov pochi istanti prima che lo stesso calciatore venga affrontato in modo palesemente irregolare da parte di Rugani.
L’episodio ci consente di chiarire incidentalmente un altro punto del protocollo che non è stato pienamente compreso.

Il fuorigioco può essere sottoposto ad esame da parte della VAR?

La risposta, genericamente, è NO. La risposta è negativa se intendiamo il fuorigioco come fattispecie a sé stante cioè un qualsiasi fuorigioco.

In realtà il fuorigioco deve essere valutato in due specifiche situazioni:
– segnatura di una rete
– episodio sviluppatosi negli istanti immediatamente successivi ad un fuorigioco punibile.

È chiaro che, nell’episodio di Genova, il fuorigioco diventa parte stessa di una valutazione complessiva su una fattispecie espressamente prevista dal protocollo: l’assegnazione di un calcio di rigore.

Secondo Marelli, si potrebbe ovviare a questo problema «affiancando all’arbitro Var un assistente Var che ragioni da guardalinee. Perché i Var sono arbitri di Serie A. E un arbitro di serie A non valuta un fuorigioco da almeno 10/12 anni (cioè da quando ha cominciato a dirigere gare di Promozione). Ciò significa che non ha mai il proprio focus sull’eventuale posizione irregolare di un calciatore, valutazione da anni delegata (quasi) in toto ai propri assistenti».

Il contatto Rugani-Galabinov

Sul fallo che poi ha portato all’assegnazione del penalty, Marelli non ha dubbi. Il Var è stato un aiuto per l’arbitro.

In questo caso la dinamica e l’ESPERIENZA del campo ci dicono che questa tipologia di fallo è quasi invisibile per un arbitro.
Fateci caso: il rigore assegnato con la VAR a Genova è IDENTICO a quello assegnato sabato scorso con la VAR a Torino. Dinamiche pressoché in fotocopia: attaccante che copre il pallone, arbitro che vede il piede dell’attaccante e non può scorgere (perché coperto) il piede del difendente che sgambetta l’avversario. Risultato: l’arbitro potrebbe anche aver intuito qualcosa ma, in mancanza di una certezza, non può intervenire. Altro concetto fondamentale: un arbitro NON decide mai su una sensazione ma SOLO sulla base di ciò che vede.
Ovviamente dovete fidarvi del vostro umile ex arbitro: questi contatti, in campo, sono di difficilissima individuazione, la televisione offre una visuale che, in campo, ci possiamo solo sognare.

Non c’è molto da aggiungere.

Il rigore assegnato alla Juventus

Qui Marelli fa una piccola critica allo strumento. Più che altro, al protocollo con cui questo è chiamato ad intervenire:

In questo caso, ancora una volta, Banti ricorre alle immagini perché avvertito del fatto che un episodio a lui totalmente invisibile è accaduto in area di rigore. Banti, inoltre, visiona le immagini perché non si tratta di un episodio rilevato semplicemente dai VAR ma di una fattispecie che richiede una valutazione da parte dell’arbitro che è e rimane l’unico che possa assumere la decisione finale.

I più attenti si chiederanno: “perché, allora, potendo intervenire la VAR solo su chiari errori, l’arbitro deve rivedere l’azione?”. La spiegazione non è banale perché il concetto è molto complesso.

A mio avviso la complessità deriva da un errore di fondo: la definizione scelta per il protocollo è sbagliata, il concetto di “crearly” dovrà essere modificato o, ancor meglio, esteso leggermente sostituendolo con “probably”, probabilmente. Infatti, di fronte ad un chiaro errore, non ci sarebbe motivo di rivedere l’azione perché, di fatto, l’avverbio annulla il successivo utilizzo del video. Se l’errore è chiaro, perché rivedere? Se l’arbitro è chiamato a visionare l’azione, ovviamente, ciò significa che ci deve essere un dubbio fondato altrimenti rischieremmo il paradosso e cioè che nel 99,9% dei casi di rivisitazione video da parte dell’arbitro la decisione sarà cambiata. E’ una sorta di conseguenza logica: se si devono rivedere solo episodi di chiaro errore, allora ogni immagine riversata sul campo certificherà l’errore. Non è questa la ratio della VAR.

Siamo in fase di sperimentazione, anche i termini verranno armonizzati con il principio sotteso all’uso della tecnologia.

L’episodio contestato di Roma

Il presunto fallo di Skriniar su Perotti.

Si tratta di un contatto che è rimesso solo ed esclusivamente alla valutazione soggettiva dell’arbitro: alcuni arbitri avrebbero giudicato il contatto veniale e non meritevole di calcio di rigore (me compreso, tanto per essere chiari), altri arbitri (pochi, tra quelli che ho sentito personalmente) avrebbero punito il difendente.

Perché Irrati pone la domanda via microfono “Che faccio?”? Semplicissimo: l’arbitro è un essere umano.

In questi casi è impossibile che un minimo di dubbio non passi per la testa del direttore di gara. Avendo a disposizione due colleghi davanti ai monitor, è naturale se non ovvio che chieda conferma della propria decisione avvalendosi di altri ufficiali di gara nelle condizioni di rivedere l’azione. Orsato, l’elemento con più esperienza nell’utilizzo del mezzo, provvede al check dell’azione, non rileva alcun errore chiaro e comunica al collega di far riprendere il gioco con un calcio d’angolo.

Due osservazioni:

– NON viene annullato il calcio d’angolo perché NON è nei poteri dei VAR cambiare una decisione su un calcio d’angolo;
– i VAR non sottopongono le immagini all’arbitro perché lo stesso era nel pieno controllo dell’azione, ha visto l’episodio, lo ha valutato secondo il soggettivo metro tecnico. Non si tratta di un chiaro errore. Anzi, per dirla tutta, a mio parere non c’è veramente nulla da sanzionare perché, come ripeto spesso, il rigore è una “roba” seria. Certamente Skriniar si aiuta col braccio, certamente si prende un rischio ma altrettanto certamente non siamo di fronte ad un episodio sfuggito alla valutazione dell’arbitro.

Conclusione

Il Var è uno strumento di assistenza agli arbitri. Che permetterà di evitare gli errori grossolani, ma non di rendere uniformi e infallibili le valutazioni sul regolamento. Vedasi le discussioni sull’ultimo gol. E vedasi anche la conclusione del pezzo di Marelli, che fa una giustissima distinzione tra rilevazione e valutazione. Ovviamente, si tratta del gol annullato al Benevento nel match interno col Bologna.

La posizione di fuorigioco NON E’ una valutazione soggettiva ma una semplice rilevazione oggettiva. Una volta accertato che il calciatore autore della rete si trova i fuorigioco al momento del primo tiro, l’annullamento diventa una sorta di “atto notarile”: accertamento della posizione irregolare, comunicazione, calcio di punizione indiretto in favore della difesa.

E non ci sono state proteste da parte del Benevento. Insomma, il Var ha funzionato. Ha funzionato benissimo. C’è qualcosa da mettere a punto, da perfezionare. Ma l’inizio è incoraggiante, eccome.

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