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Il Var funziona. Con buona pace di Buffon e la pallanuoto

Diminuisce la percentuale di errore. Tutto qua. Se però la pretesa è di cambiare l’Italia e gli italiani, rivolgersi altrove.

Il Var funziona. Con buona pace di Buffon e la pallanuoto
La scena del dottor Zivago in Palombella rossa, con una adolescente Asia Argento, Nanni Moretti e sulla destra Imre Budavari

Non è la kryptonite per la Juventus

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È l’Italia del Var e non poteva essere altrimenti. È l’Italia delle schede bianche ridottesi a poco nel 2006 perché la manina berlusconiana nella notte le avrebbe crociate tutte. È l’Italia in cui si indossa il confortevole abito del luogo comune e dagli all’abusivo ischitano, in fin dei conti che fa se l’Istituto nazionale di geofisica accredita per giorni un dato sbagliato. Quisquilie che ci rovinano il copione prestampato e ormai liso. È l’Italia del Var, l’Italia che si divide sul sangue dei vinti, sugli anni di piombo, che non ha verità per le stragi ma la pretende dalla visione di un’azione alla moviola in tv.

Siamo sinceri: davvero chiediamo al Var di eliminare le polemiche in Italia? Vaste programme. Da film. Eppure, sgrezzando l’uso del Var dalle sovrastrutture, e guardando banalmente la realtà, il Var funziona. Diminuisce il margine di errore. Punto. Ovviamente non è la kryptonite per la Juventus, non è lo strumento arrivato da un’altra galassia per depotenziare i bianconeri. Così come non è la giustizia scesa in terra. Non esiste la verità, ora la pretendiamo dal Var.

Sono più i vantaggi che gli svantaggi

Semplicemente, grazie alla tv, vengono assegnati due rigori che c’erano in Genoa-Juve, viene annullato un gol irregolare al 98esimo in Benevento-Bologna. E a Roma gli arbitri addetti al Var – vale a dire Orsato – ritengono che il direttore di gara non abbia poi sbagliato in modo così clamoroso sul rigore negato ai giallorossi.

Fossimo un Paese normale, ci si fermerebbe qui. Si traccia la linea del dare e avere e sono evidentemente maggiori i benefici. La realtà è che da noi, come ampiamente prevedibile, si è passati immediatamente al concetto: “il Var è mio e lo gestisco io”. Non poteva essere altrimenti in una comunità in cui il primo pensiero è sempre che ci stanno fregando.

Moggi e Ceccarini

Poi, a rendere il quadro più realistico del re, ci si mette Buffon e la gran parte dei tifosi juventini che schiamazzano sui social. La loro opposizione al Var ovviamente vivifica l’idea di tutti gli altri: e cioè che si oppongono perché mai, a memoria, la Juventus ha subito due rigori consecutivi in due giornate di campionato. Ma non possiamo mettere in carico al Var, vale a dire a una tv, la storia dell’Italia. I guelfi e i ghibellini, fino – molto più modestamente – a Luciano Moggi e a Ceccarini. L’Italia resta l’Italia, con Var o senza Var. Litigavamo alla moviola, ora litighiamo per il Var.

Possiamo anche comprenderlo Buffon, ma ha sbagliato. E, tanto per chiarire, ha espresso concetti simili a quelli espressi quest’estate da Sarri. Possiamo comprenderlo perché appartiene a un altro calcio, che è anche il nostro. Ma sa benissimo che la tecnologia è stata introdotta da una settimana, e che siamo in fase di rodaggio. E poi qual è il problema se le partite durano cinque minuti in più rispetto a una maggiore percentuale di regolarità? Nel tennis, sport in cui i protagonisti richiedono concentrazione massima, si fermano per guardare la tv e poi riprendono tranquillamente. Nel calcio non si può fare?

Il Var funziona. Ma se il suo compito è quello di cambiare il carattere e il comportamento degli italiani, allora siamo fuori strada. E poi nella pallanuoto l’Italia è fortissima e ha vinto partite epiche. Ma questo Buffon, uomo di sport, lo sa senz’altro.

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