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Il Napoli di De Laurentiis è un raro esempio di riformismo al Sud

In controtendenza, nell’ultimo decennio, rispetto a Napoli, alla Campania e a parte dell’Italia. Esperienza che non ci sarebbe stata senza il fallimento: la nostra Norimberga calcistica

Il Napoli di De Laurentiis è un raro esempio di riformismo al Sud
Aurelio De Laurentiis (foto Ciambelli)

La natura graduale, priva di slanci e strappi

Se la storia verrà un giorno raccontata con un briciolo di curiosità, quella del Napoli di De Laurentiis potrà essere descritta come una della più longeve, efficaci ed interessanti esperienze riformiste del sud Italia – un luogo da sempre poco incline a questo tipo di dinamiche.

Del riformismo, la presidenza delaurenziana eredita di certo la natura graduale, tipica di ogni esperimento reversibile, privo di slanci e strappi che possano condannare ineluttabilmente scelte estemporanee sbagliate. La stessa gradualità che ha segnato nel tempo il grande vero limite del riformismo politico che, mutando lentamente, si rende difficilmente riconoscibile. Se per migliorare la qualità di un servizio o di una comunità sono necessari dieci anni di laboriosi sacrifici è probabile che il primo nemico da cui difendersi sarà lo scontento dei cittadini impazienti.

De Laurentiis, da uomo di commercio, ha sempre avuto chiaro questo pericolo, e lo ha combattuto con più armi: con la fermezza (istrionica) che fa presa; con la retorica di comodo; ma soprattutto con la strategia nuova, figlia forse del suo passato imprenditoriale, di concentrarsi lungo il cammino su battaglie che si potessero vincere. Scegliersi avversari intermedi con i quali potersi misurare. Sono le famose coppette che sono arrivate negli anni le vere milestones del progetto delaurenziano, concreto e pragmatico come difficilmente è riuscito alla politica.

Dieci anni in controtendenza rispetto a Napoli, alla Campania e in parte all’Italia

C’è dunque da chiedersi come mai il Napoli dell’ultimo decennio sia parso andare in così chiara controtendenza rispetto al resto della città, della regione e in parte anche del paese. Chiediamoci infatti: quante altre realtà economiche e politiche si può dire abbiano subito un processo di evoluzione e cambiamento paragonabile a quello della SSC Napoli? – questo senza lesinare, come mai si è fatto da questa testata, critiche severe e puntuali alla presidenza dove esse abbiano avuto ragione di essere.

Qui proponiamo una possibile chiave di lettura. La seguente: il riformismo del calcio Napoli ha successo oggi perché affonda le sue radici in un fallimento. Nei libri contabili, nelle beghe dei tribunali, nei cavilli burocratici e nelle precedenti gestioni dissennate. Il calcio, a Napoli, ha subito la sua Norimberga. Il suo processo sportivo ed extracalcistico, la fredda realtà dei numeri in colonna che non ammettono revisionismi. Siamo stati puniti con esemplare severità. Oggi forse comprendiamo sia stata una fortuna. Perché, partendo da uno zero reale, la società ha potuto far posto al nuovo senza troppi ostacoli, permettendo ad ogni singola vittoria di rimanere nella memoria collettiva nel contesto di quel ground zero.

Dobbiamo ringraziare il fallimento, la nostra Norimberga calcistica

Il riformismo di De Laurentiis ha successo perché il Napoli ha rotto il tabù di una nazione intera, che è quella del fallimento. In Italia – in una tradizione tipicamente cattolica – si perdona tutto, ma non l’errore. Si è disposti a condonare, ma non a ripartire. E queste forze reazionarie – sportive, politiche, culturali – che pretendono di fare terra bruciata attorno a chi fallisce, oggi devono combattere invano contro il peso dei fatti.

Oggi, agosto 2017, siamo tutto sommato soddisfatti di esser finiti nel medesimo girone del Manchester City di Guardiola. Ci siamo già stati, in quello stadio, qualche anno fa. Veniamo dalla melma maleodorante, questa è la nostra storia, il presidente sornione fa bene a ricordarcelo ad ogni piè sospinto – lo fa assecondando un evidente tornaconto, certo, ma quale riformismo efficace non deve sottostare ai conti della serva ogni tanto? È la melma che in trecento anni di storia nessuna borghesia illuminata cittadina è stata capace di sfangare con mani e piccozza. Nella città delle élite inoperose e dei piccoli orgogli popolari, il calcio dimostra che il lavoro è l’unica grammatica possibile per il futuro. Specie se parti da zero.

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