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Cara Cgil, siamo noi (Norberto Gallo e io) quei pazzi libertari di Radio Shamal che abbiamo intervistato Franco Freda

Il racconto di un rapporto lungo 25 anni e un’idea pazza che li ha spinti a intervistare un po’ di persone: da Bassolino a Claudio Velardi, perfino qualche juventino

Cara Cgil, siamo noi (Norberto Gallo e io) quei pazzi libertari di Radio Shamal che abbiamo intervistato Franco Freda
Norberto Gallo, a destra, a Radio Shamal con Mario Colella

Era militante di Rifondazione

Conosco Norberto Gallo da almeno 25 anni. Il nostro primo incontro non fu entusiasmante. Lui veniva da un’associazione giovanile del sindacato, “Tempi Moderni”, ed era militante di Rifondazione Comunista, io prendevo le mosse da un cazzarismo di sinistra anarcoide facendo incontrare nel mio personale pantheon John Fante, gli Stones e Maradona.

Col tempo ci siamo conosciuti e siamo perfino diventati amici, parola abusata negli anni di facebook, pur senza una frequentazione assidua e con percorsi ancora assai divergenti.

Per anni, dunque, non ci siamo filati per niente salvo poi ritrovarci qualche tempo fa.

“Ti va di fare qualcosa assieme a livello giornalistico? Una cosa libera, fuori dagli schemi…”

“Norbè, si, io ho a disposizione una radio, pensa tu a qualcosa. Hai qualche idea precisa? Che intendi per ‘una cosa libera’?”

“Mi piacerebbe uno spazio di informazione in cui andiamo a rompere le palle a un po’ di gente, così, a caso, i bacchettoni, le gerarchie dei partiti, gli intellò, le presidi”

“Ah, se è così…”

“Come pecore in mezzo ai lupi”

Partiva quattro anni fa “Come Pecore in mezzo ai lupi”, dai microfoni della emittente web Radio Shamal, e una serie mirabile di interviste, appuntamenti settimanali con intellettuali e giornalisti veri ma anche opinionisti da noi stessi battezzati tali, tra i primi Vincenzo Pascale da New York, Carlo Tarallo di Dagospia, Carlo Porcaro, Vincenzo Iurillo, Ugo Maria Tassinari, Riccardo Panzetta, tra i secondi Angela Piscitelli dalla Borgogna, Francesco Bassini.

Norberto riprendeva così una sua precedente esperienza ma in un contesto da radio politicamente scorretta e libertaria, un po’ alla Talk Radio (Oliver Stone) un po’ alla Arbore & Boncompagni.

Dicevo: decine di interviste. Politici come Antonio Bassolino ma anche esponenti sindacali, scrittori come Pietrangelo Buttafuoco e Marco Ciriello, comunicatori come Velardi, intellettuali come Macry, meridionalisti, centrosocialisti, grillini, assessori, buttafuori, incendiari e pompieri, ultrà del Lanerossi Vicenza, perfino… perfino qualche juventino!

Razzismo e trumpismo

Ma uno dei punti più alti della trasmissione fu quando, grazie a Peppe Parente, affiancatosi a noi due nella conduzione del programma un anno fa su suggerimento di quel Marcelo Bielsa del giornalismo stradaiolo che è Ugo Maria Tassinari, decidemmo di contattare telefonicamente l’editore Franco Freda su un vecchio libro da lui rieditato che avrebbe – lo avevamo letto in un lungo pezzo di Repubblica – costituito una suggestione forte per quelli dell’entourage di Donald Trump.

La puntata di chiamava “Razzismo e trumpismo”, o qualcosa del genere, e voleva denunciare già nel titolo una brutta piega presa dall’amministrazione Trump, che come sapete tutti è quella del muro coi messicani, sebbene quel muro l’avevano fatto in realtà altri (democrat) e il nuovo presidente vorrebbe solo ampliarlo.

Bene, Freda fu dunque intervistato da me e Norberto, più che altro come libraio; l’intervista è lì, nella sezione podcast di Radio Shamal e anche su Youtube, potete sentirla e farvi una vostra idea, qui mi limito a dire che non appena l’intervistato ci salutava partiva, per volere del mio partner, la voce di Fred Bongusto, “Frida, t’aggio vuluto bene…”, ci era parso un bel modo per introdurci con adeguata solennità nel mondo dei camerati, dopo il nostro “battesimo nero”, salutando un passato gagliardo di sinistra off.

Via dalla Cgil per una presunta vicinanza all’ideologia fascista

Ora, leggo che l’amico Gallo (Norberto, ripeto, non Max, c’è una bella differenza, la prima è ché il primo giudica chiunque segua quegli undici contro undici che inseguono una palla su un tappetto d’erba verde dei mattoidi invasati quasi quanto quelli che inneggiano al Duce o a Che Guevara), diventato qualche giorno fa segretario della FLC CGIL di Napoli, con elezioni democraticamente svoltesi, dunque con gente che si è preoccupata di andare a votarlo e altri, di meno, che invece votavano per qualcun altro, viene cacciato da quel sindacato, anzi con linguaggio orwelliano: gli viene ritirata la tessera della CGIL.

Perché? Per una sua presunta assai vicinanza all’ideologia fascista provata dall’aver intervistato il suddetto editore e presentato in un’iniziativa storico-politica (autorizzata, peraltro, da una municipalità di Napoli che offriva per l’occasione una sua sala) un altro esponente neofascista, Stefano Delle Chiaie, in realtà mai presentato né incontrato per ragioni che non sto qui a raccontare.

Perché, in effetti, lo avrete compreso, dilungarsi nel fornire spiegazioni su questa vicenda è assolutamente demenziale almeno quanto i capi d’accusa formulati dai dirigenti dell’organizzazione sindacale.

Socrates l’ultimo sindacalista

Il mio amico Norberto Gallo è un giornalista e uomo libero, un po’ innamorato di alcune idee se volete veterosinistrorse – per esempio qualcun altro lo accusa di aver nella CGIL difeso troppo i precari, meno l’ossatura di quel sindacato, che come si sa è nei pensionati – ma sostanzialmente senza pregiudizi verso chicchessia.

Da giornalista libero avrebbe intervistato anche Cutolo se avesse potuto (a proposito, ma Joe Marrazzo era un camorrista?), come è giusto che sia.

Chiunque può comprendere, leggendo gli atti e informandosi un po’ su Gallo, come la vicenda abbia in effetti poco a che vedere con la fede politica di una persona che è nata cresciuta e pasciuta a sinistra e che continuerà ad esserlo anche dopo questo episodio surreale, quanto invece con qualche gioco di potere interno, di quelli poco afferrabili da noi che viviamo, gioiamo e soffriamo nella vita vera e che siamo poco assistiti nella sofferenza da certi carrozzoni dalle origini nobili ma ormai assai lontane.

La tutela dei più deboli è un ricordo come il cappotto di Di Vittorio, come i sindacalisti uccisi dalla mafia, come Placido Rizzotto, di fronte al qualche ci inchiniamo anche noi che riteniamo Socrates ai Corinthians l’ultimo sindacalista davvero da cantare, e gli sforzi di chi ancora ci crede saranno sempre vani in questo contesto privo di fantasia e passione vera: forse, amico mio, quella non era davvero la tua casa…

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