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Juventus, con è Allegri è rivoluzione degli ingaggi. Ma Tuttosport chiede la Champions

Per il quotidiano torinese la vittoria europea è un “obbligo morale”. Per Beccantini, la Juve di due anni era più forte perché c’era Morata. I sette milioni di Allegri (che arrivano a otto) sono una svolta storica per il club

Juventus, con è Allegri è rivoluzione degli ingaggi. Ma Tuttosport chiede la Champions

Il top player della Gazzetta

Lo scrive a chiare lettere, la Gazzetta dello Sport. Massimiliano Allegri è il nuovo top player della Juventus. È proprio una questione di investimenti: i sette milioni più bonus fino al 2020, parenti a otto, faranno del tecnico bianconero l’uomo più pagato dell’intero club. Un impegno economico che è un riconoscimento senza precedenti nella storia bianconera: a Torino i tecnici vengono lanciati, c’è una lunga cronistoria di mostri della panchina che si sono formati e poi affermati alla Juventus partendo dal niente o quasi. Si pensi al primo Trapattoni, a Lippi, allo stesso Conte.

Tutti allenatori con poca esperienza alle spalle (nessuno reduce da uno scudetto come Allegri) e poi confermati e riconfermati fino ad assurgere alla dimensione di icone. Cosa che Allegri punta a diventare, se dovesse restare fino al 2020 (scadenza del nuovo accordo) le stagioni allo Stadium sarebbero sei. Gli otto milioni sono una roba alla Mourinho, alla Guardiola. Sono una rivoluzione per la casa bianconera.

Tuttosport continua con la linea dura

L’idea di società e tecnico è chiara. C’è una Champions da vincere. Ma proprio da vincere, come imperativo categorico e assoluto. Lo scrivono a Tuttosport, giornale che continua la sua operazione di pressing sulla Juve post-Cardiff. L’editoriale di Guido Vaciago sul rinnovo di Allegri, in questo senso, è chiarissimo: «La Champions è l’obiettivo per la prossima stagione. Provare ad alzare il trofeo che manca dal 1996 è il traguardo principale. Allegri lo sa. Lo sapeva anche prima di Cardiff, perché il programma della società era chiarissimo: vincere la Coppa nel giro di due stagioni. Una era quella appena conclusa con il trofeo sfumato in finale, l’altra è la prossima e proprio la sconfitta di Cardiff ha trasformato la Champions nell’obbligo morale del 2017-18».

Obbligo morale. Nel prosieguo del pezzo si parla di Juve «eccellente ma perfettibile»; di «calciatori che hanno difettato di personalità nel momento decisivo»; di «pensionamenti eccellenti nel 2018». Insomma, una Juventus che ha dei problemi. Che prova a risolverli con Allegri, ma che con Allegri ha fatto un investimento mirato. La Champions come determinante unico. I sei scudetti di fila, nemmeno menzionati, non bastano più. Oppure non sono più sufficienti a “salvare” la Juve dagli attacchi che si susseguono nel post-Cardiff. Attacchi strani, c’è da sottolinearlo. L’abbiamo fatto noi al Napolista, con un retroscena  ripreso da Dagospia.

Beccantini

Una chiave di lettura interessante in ottica europea arriva dalla Gazzetta. Beccantini fa un’analisi storica e sottolinea come la Juventus abbia perso sette finali su nove in gara unica (coppa Campioni/Champions) e abbia invece trionfato in cinque finali su sette sulla distanza dei 180 minuti. La metafora: «Come se la mancanza di un materasso demolisse il coraggio e la personalità della Juventus. E come se, viceversa, le bastasse una coperta in più per sentirsi dentro una corazza». La soluzione: «Nel 2015, la Juve aveva una squadra per me più forte. E poi c’era un calciatore che non accusò il peso della formula, delle tattiche, degli avversari. Segnava sempre: due gol negli ottavi al Borussia, altri due in semifinale al Real (sic), l’unica rete al Barcellona dei marziani. Alvaro Morata. Scuola Real, curiosamente». Questione di mentalità, dunque.

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