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I calciatori (da Eto’O a Mertens) firmano i contratti per soldi. Il progetto vincente è una bufala demagogica

L’unico motore del calciomercato, che non a caso si chiama in questo modo, sono i soldi. I giocatori sono professionisti. E non c’è niente di male.

I calciatori (da Eto’O a Mertens) firmano i contratti per soldi. Il progetto vincente è una bufala demagogica

Differenze

Un giorno solo. È bastato che Kat Mertens tornasse a Napoli 24 ore per permettere ai giornali di rispolverare il classico refrain, quello riferito ai rinnovi. Ovvero: “il calciatore ha già l’accordo economico, ma per rimanere vuole lo stimolo di un progetto vincente, la possibilità di sollevare trofei importanti”. Un classico, che si ripete a intervalli ciclici. Oggi tocca a Dries Mertens. Per ogni giocatore in odore di addio da Napoli. Un classico che, però, non ci convince. Nel frattempo, vi segnaliamo un’intervista rilasciata a febbraio da Pochettino, allenatore del Tottenham. Che ha spiegato, candidamente, che la sua squadra non ha ancora la possibilità di vincere trofei importanti. Sì, proprio quei trofei importanti che i calciatori del Napoli chiederebbero, anzi pretenderebbero dal Napoli per rimanere a Napoli. Tutto chiaro, no?

Cosa vuol dire progetto vincente?

Questa è una domanda che ci assilla. Cui non sappiamo rispondere, e per la quale vorremmo chiedere lumi in merito alla risposta. Come si compone un progetto vincente? Qual è la differenza tra un progetto vincente e uno non vincente? Probabilmente, la famosa “possibilità di sollevare trofei importanti”. Una possibilità che si verifica solo sul campo, col tempo e nel tempo. Perché solo alla fine si sa chi vince. E vince sempre solo uno. La “possibilità” è quella che ha avuto il Napoli l’anno scorso, con il secondo posto. Quello più vicino al primo. Oppure no? Parlare della Champions ci pare azzardato. Oppure, magari, la differenza la fa solo la Coppa Italia. La finale di Roma, da raggiungere ogni anno per determinare il “progetto vincente”. Roma o niente, Roma o morte. Massimo Decimo Meridio.

Esempi

Secondo questo ragionamento, il “progetto vincente” prescinde completamente dai soldi. Ovvero: vincere trofei importanti, pardon la possibilità di farlo, vale molto di più che un aumento di stipendio. Al massimo sono cose che vanno insieme, a braccetto. I calciatori, quindi, puntano le proprie fiches sullo sport, sui club in cui decidono di andare invece che sulla possibilità di guadagnare di più. Beh, anche questa ci pare una forzatura demagogica. Fortemente demagogica. Perché non è così, semplicemente. Perché, come scritto prima, i risultati si vedono solo alla fine. E vince sempre solo uno.

Sempre secondo questo ragionamento, nessun calciatore avrebbe dovuto accettare la scorsa estate il Manchester United che non ha giocato la Champions (e potrebbe non giocarla nemmeno l’anno prossimo). Figurarsi se sono contenti quelli che hanno firmato per il Manchester City. Sì, perché se i primi hanno portato a casa la fantasmagorica League Cup e sono ancora in lizza per l’Europa League, i secondi finiranno la stagione e il progetto non sarà vincente (nemmeno un coppetta per Guardiola e i suoi). Esattamente come una tra Barcellona, Real Madrid e Atletico Madrid. Una delle tre non vincerà la Liga, una tra Atletico e Real non arriverà neanche in finale di Champions. Insomma, c’è qualcosa che non quadra.

Il passato

E c’è qualcosa che non quadra da sempre, da quando è stato inventato il calcio. E in questi anni un po’ di più. Perché se negli anni Cinquanta Alfredo Di Stefano ha lasciato il River Plate della Maquina per firmare con i Milionarios di Bogotà, un motivo ci sarà. Perché se nel 2011 Samuel Eto’O ha abbandonato l’Inter per giocare nell’Anzhi Makachkala, un motivo ci sarà. Se Axel Witsel ha rifiutato Napoli e Juventus per accettare la corte del Tianjin, un motivo ci sarà. Ed è lo stesso calciatore che all’inizio della sua carriera, dopo la rivelazione con la maglia di Standard Liegi e Benfica, ha scelto lo Zenit San Pietroburgo e non le grandi europee che l’avevano messo nel mirino.

Mertens

Insomma, il passato è pieno di esempi di calciatori che se ne sono altamente fregati del progetto vincente. Era l’ultimo dei loro pensieri. E se non era l’ultimo, era comunque il secondo.

La verità

C’è un solo motore, nel mercato del calcio. Uno e uno solo. Si chiama mercato. Soldi. Solo i soldi, esclusivamente i soldi. Certo, a parità di condizioni, la fantomatica “possibilità di vincere qualcosa” entra prepotentemente in scena. I tifosi del Napoli, scottati dall’affare Higuain, possono essere in qualche modo orientati a credere che Gonzalo abbia rifiutato uno stipendio più alto al Napoli pur di unirsi alla Juventus del progetto vincente. Sarà vero, certo. Come è esattamente vero che Higuain, oggi alla Juventus, incassa circa 7.5 milioni di euro. Più una parte o tutti i diritti d’immagine. Insomma, il progetto vincente ha inciso sulle valutazioni della famiglia Higuain. Però, come dire: non è stata l’unico parametro decisivo.

I calciatori vanno lì dove gli offrono di più. Ovviamente e giustamente. Esattamente come succede per tutti i settori professionali del mondo libero, quello regolato dal mercato. L’affetto per una città, i progetti vincenti, gli amori ufficiali o sotterranei sono aspetti che subentrano in un secondo momento (quando subentrano). Possono subentrare. Definiscono le differenze tra i calciatori-bandiera e i famosi “mercenari”. Che, in realtà, non sono altro che normali professionisti del pallone. Come Mertens, del resto. Che a trent’anni vuole giustamente capitalizzare una grande stagione. Una grandissima stagione. La prima grandissima stagione della sua carriera in un club di livello alto come il Napoli.

Piaccia o meno, l’identità riferita al calcio è pura retorica finché non si tocca con mano, finché non emerge. Il riferimento a Totti e Hamsik non è casuale. Quello a Insigne, con il contratto da 4,5 milioni di euro firmato qualche giorno fa, è meno “potente”. Il rinnovo è giusto, le cifre sono giuste, nulla da dire. Sono giuste in riferimento al mercato. Il mercato che orienta le scelte dei calciatori e quelle dei club. E che a sua volta è orientato dai soldi, prima di tutto. Il resto viene dopo, anche se magari non ci piace particolarmente. Non ci piace saperlo, non ci piace dirlo, non ci piace scriverlo, non ci piace leggerlo.

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