Il tecnico azzurro racconta di un «Napoli adolescente», dice che «bisogna lavorare sulla mentalità». Insomma, è severo e realista nella sua analisi. Quello che serve al Napoli.
Non appigliarsi al fato
Napoli-Sassuolo è finita con un palo al minuto numero 93. Un gol fatto, che alla fine non è stato fatto. Questione di centimetri, di casualità. Di fortuna, verrebbe (amaramente) da dire. E invece no, stavolta no. O almeno, non siamo noi ad appigliarci al fato. Maurizio Sarri, in un postpartita sereno ma severo, dimentica completamente la componente fortuna e riconosce le grandi colpe della sua squadra, uscita con un punto da una partita in cui ne meritava (almeno) tre.
La frase chiave è quella che fotografa il periodo di questo Napoli: «Se per un certo lasso di tempo, raccogli in risultati meno di quello che semini in prestazioni, vuol dire che manca qualcosa. Cattiveria, determinazione, voglia di chiudere le partite». Ha detto tutto, mister Maurizio. L’ha fatto nel modo e nei tempi giusti, togliendo (perché non li costruisce) alibi alla sua squadra e riconducendo alla «mancanza di maturità» l’incapacità di convertire in punti il merito del gioco.
Difficile dare torto al mister, che poi si lancia (di nuovo, finalmente) in quello che è il suo campo d’applicazione, il luogo migliore della sua comunicazione: l’analisi tattica. Parla di dominio territoriale, di sicurezza difensiva. Dice che il Napoli non ha subito, che ha costruito molto. Ma che è mancato qualcosa, e questa cosa non è la fortuna. Oddio, per un attimo ci casca a Mediaset Premium: «Il momento è anche sfortunato, il palo al 93esimo sfida la fisica perché la palla torna fuori dopo aver colpito il palo interno». Provateci voi, a non dire nemmeno una parola su un tiro d’esterno di Callejon che sbatte sul palo a Consigli battuto durante il recupero. Però, poi, ecco subito la rimonta. Sarri riprende la strada giusta: «Su cose come questa non possiamo influire, vediamo di migliorare laddove possiamo». Esatto.
L’atteggiamento giusto
Quello di Sarri, questa sera, è stato l’atteggiamento giusto. Anche perché, in una conversazione redazionale postpartita, il Napolista si è chiesto: che gli vuoi dire, tatticamente, a questa squadra? A una squadra che tiene il campo e la partita in pugno con assolute sembianze di facilità? Gli puoi dire poco, al massimo fai riferimento alla testa. A qualcosa che manca nel cervello, una roba che non è età anagrafica ma maturità, quindi un’altra cosa.
Anche Sarri, infatti, ha usato un termine particolare: “adolescente”. Non giovane, ma “adolescente”. Che identifica un lasso di tempo preciso nella vita di un uomo, ma ne identifica soprattutto i tratti caratteriali. Mancanza di maturità e realismo, appunto. Che nel calcio sono il cinismo di chiudere le partite. La cattiveria, la determinazione. È qui che si deve lavorare, perché il resto sarà pure perfettibile, ma i miglioramenti col passato anche recente si vedono, eccome. Sarri ha già iniziato da stasera, l’ha fatto nel miglior modo possibile. Ricordandosi che quando le cose vanno male, le proprie colpe vengono sempre prima di quelle degli altri. Così funziona, e si ragiona, per cambiare le cose.