ilNapolista

Il mio Napoli-Roma resta la lezione di calcio di Benitez a Garcia

Un ricordo del 2-0 del primo novembre 2014. Una delle migliori partite, se non la miglior in assoluto, nel biennio con il tecnico spagnolo in panchina.

Il mio Napoli-Roma resta la lezione di calcio di Benitez a Garcia

Quando penso a Napoli-Roma, quella da giocare o quelle già giocate, ho in mente una sola partita. Niente di decisivo, determinante, storico. Semplicemente, la miglior esibizione calcistica che io abbia mai visto in televisione in una partita di cartello, pareggiata per alcuni tratti solo da Napoli-Benfica. Era il primo novembre 2014, e la cosa buffa è che vedevo Napoli-Roma in un aeroporto. A Roma.

Ci sono da fare delle premesse: intanto, non scrivevo ancora sul Napolista ma mi sentivo già uno di loro per la battaglia rafaelita portata avanti con un fideismo quasi manicheo. Quella di Rafa era una scelta totale, globale, tattica come comunicativa come culturale. Chi ha davvero capito e recepito e condiviso il messaggio del tecnico spagnolo non poteva non ammirarne la coerenza, la nobilissima cocciutaggine. Chi legge i miei pezzi, oggi, può dire dell’apprezzamento totale che ho per il lavoro sul campo di Sarri che considero pari se non superiore a quello di Benitez. Il senso dell’attaccamento al tecnico spagnolo era di tipo più onnicomprensivo, più circolare, più di filosofia pura che di calcio in senso stretto. Io sono la dimostrazione vivente che si possa amare alla follia Sarri dopo aver amato alla follia Benitez. In campo, sono le stesse identiche note su due ritmi diversi, come quando nelle trasmissioni televisive ti chiedono di cantare una canzone pop su una base twist o hard rock.

La seconda premessa riguarda il contesto, mio e del Napoli in generale. Io non ero solo in aeroporto a Roma, ma ero reduce da due mesi di vita a Roma per uno stage. A contatto con una realtà ancora più tifosamente schizofrenica rispetto a quella di Napoli, perché, oltre a tutte le storie tipiche di una tifoseria “calda”, c’erano almeno 20 radio dedicate in più. E poi c’era la Lazio. E poi, dulcis in fundo, c’era la convinzione che quella Roma fosse davvero forte. Gervinho, Totti, Iturbe, Keita, Destro, Nainggolan, De Rossi, Garcia in panchina. Cinque a uno all’esordio in Champions contro il Cska Mosca, il pareggio di Manchester contro il City, una partita a Torino contro la Juve giocata alla grande e poi segnata da episodi non limpidissimi. I romanisti sembravano avere ragione, era una squadra niente male. Solo che non era la più forte. Perché c’era la Juve, che non era niente di meno o niente di più di quella di adesso. E c’era il Bayern, che aveva vinto per 7-1 all’Olimpico, iniziando a far capire i veri rapporti di forza. Poi, il Napoli. Poche parole, giusto per far capire. Senza congiunzioni, senza frasi costruite. Basteranno: Bilbao, Mascherano, Fellaini, David Lopez, Gargano, De Guzman, rigore Higuain, Chievo. Era quell’inizio di stagione lì, e nessuno poteva pensare che Napoli-Roma, invece, sarebbe andata verso tutta un’altra direzione. Verso tutta un’altra dimensione.

Al terzo minuto, il Napoli è già in vantaggio. E ha già sfiorato il gol, appena prima, due volte. Anzi, uno lo segnerebbe pure se non fosse per un fuorigioco (millimetrico) di Ghoulam. È un Napoli intenso, tattico, bellissimo. Che riesce lì dove ha sempre insistito Benitez: noi teniamo il pallone, comandiamo noi il gioco. Poi acceleriamo e deceleriamo, ma intanto il pallone lo teniamo sempre noi. A voi niente. Al 12esimo minuto, il Napoli ha tirato verso la porta di De Sanctis per quattro volte; cinque se si considera una conclusione fuori misura di Lorenzo Insigne. C’è anche una traversa, meravigliosa, di Callejon. La Roma è tramortita, assente, schiacciata. A fine primo tempo, avrà perso 12 duelli individuali; sempre all’intervallo, i tiri verso la porta dei giallorossi sono 10.

Le mie analisi tattiche, all’epoca, erano solo per diletto. Mi ci divertivo, niente di serio. Quel giorno ero incantato. Appoggiato a un muro dello Sky Lounge Bar di Fiumicino, accanto a me una decina di curiosi, facciamo sette romanisti e tre napoletani. Il fatto che fossimo a Roma ha sbilanciato le proporzioni, ma altrove, in qualsiasi altro altrove del mondo, non sarei stato solo. Non sono un difensore strenuo della superiorità del tifo napoletano o della superiorità genetica del napoletano e basta, ma dovete riconoscere al mio popolo la capacità di insinuarsi ovunque. Quel giorno lì, anche quella piccola fetta del mio popolo era incantata. Il Napoli di Benitez, l’anno prima, aveva battuto la Roma per 3-0 al San Paolo in Coppa Italia. Il risultato direbbe altro, ma non ci fu un dominio. No, non era come questa volta qui. Questa volta qui era speciale, era diverso. E lo leggi nelle statistiche della partita, che si possono consultare ancora oggi (una manna per me): 15 tiri a 8 (di questi, 4 da fuori area e 2 bloccati dai difensori), 6 palloni nella zona centrale dell’area, quella da cui può partire la conclusione, toccati dalla Roma nell’intero tempo di gioco. Sotto, la mappa percentuale. Giusto per farvi capire.

hmp

Ancora oggi, quando parlo della “miglior partita mai vista giocare dal Napoli”, parlo di questa partita qui. Che è sicuramente la sublimazione di quanto pensato, cercato, voluto (e raramente ottenuto) da Benitez. Poi dopo ce ne metto altre, entra in scena Sarri. Ma a questa sono affezionato particolarmente. La sento grande, bella, meritata, forte. Di testa e di garra, di classe e pure con quel pizzico di sofferenza e thrilling finale per un gol del raddoppio che era sacrosanto e tardava a venire. Ci volle un’intuizione favolosa di Higuain sul solito inserimento di Callejon, negli ultimi minuti, per dare una dimensione di punteggio esatta e coerente a quanto si era visto in campo. Una superiorità schiacciante, contro un grande avversario, superiorità che non riuscimmo a ripetere in una stagione maledetta, se non nella splendida serata di Wolfsburg e in altre isolatissime occasioni. Fu colpa soprattutto dell’isteria collettiva dentro il Napoli, con Benitez che prese a smarrirsi e a incaponirsi, e pure fuori. Ma queste cose le sapete già.

Negli occhi e nella mente rimane il ricordo di una partita di altissimo livello, che ridimensionò Garcia e la Roma e sembrava poter (ri)lanciare il Napoli ad altissimi livelli. Non andò proprio così, però quel Napoli-Roma è ancora lì. Nella videoteca della mia mente, forse in quella di tutti i tifosi.

Un’altra cosa che non si può negare del mio popolo è la scaramanzia. Mentre scrivevo questo pezzo, mi si arrovellava nella mente un dubbio sulla data e l’orario di questo Napoli-Roma. Ok, era il primo novembre, ma poi? Che giorno della settimana era, che ora era? Ho controllato: sabato alle 15. La scaramanzia, appunto.

 

ilnapolista © riproduzione riservata