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Reina a due facce: il portiere che qualche volta sbaglia e l’imprescindibile leader

Reina a due facce: il portiere che qualche volta sbaglia e l’imprescindibile leader

Esistono due Pepe Reina. Quest’anno sono esistiti due Pepe Reina. Il primo è il portiere, ovvero il calciatore specializzato a parare i tiri della squadra avversaria. Che va giudicato per quello che fa nel momento in cui viene chiamato in causa. E poi c’è il secondo, il comandante di difesa e (probabilmente, ad occhio) spogliatoio. L’uomo collante, che in qualche modo lega il reparto arretrato, lo guida e lo armonizza.

Certo, scrivere della stagione di Pepe Reina deve voler dire, in qualche modo, mettere insieme queste due entità e giudicarle come figura di insieme. Non è facile, però. Perché c’è, nostro malgrado, una certa disparità nel voto da assegnare all’uno e all’altro. In realtà, successe anche due anni fa, nella prima stagione azzurra di Reina. Solo che, nel mezzo, l’interregno del terrore di Rafael e Andujar ha fatto in qualche modo dimenticare (sopravvalutare?) il risultato classico di una stagione dell’ex del Liverpool. Un portiere che, infortuni a parte (quest’anno una sola assenza in campionato, vivaddio), ha sempre in qualche modo diviso a metà il suo rendimento. Anche in questo, Reina ha due facce. Anche il portiere Reina vive su due dimensioni. Come due stagioni fa, uguale nel 2015/2016: un inizio buono, quasi perfetto, sublimato nell’incredibile intervento nel finale contro l’Inter. Quello che è valso il primo posto in classifica solitario, prima volta del Napoli dopo 26 anni, quello che gli ha “chiamato” il post-gol classico di chi, invece di evitarli, i gol li fa. L’urlo del San Paolo ammaestrato da Decibel Bellini.

Poi, dopo, insicurezze diffuse. Nessun errore grossolano, tolto forse quello di Bologna sullo 0-3 di Destro e quello di valutazione nella penultima giornata a Torino, sul lob di Bruno Peres. Ma una serie, pure consecutiva, di gol presi senza offrire una reale resistenza, quasi come se Reina non fosse sempre perfettamente concentrato sulla partita. Non è una cosa facile, per un portiere. Soprattutto quando la squadra funziona, specialmente in difesa, e quindi i momenti di vera tensione durante una partita sono veramente pochi. Ne scrivemmo qua, tempo fa. Dopo il gol subito contro il Chievo. Lo vedremo ora nei numeri della stagione.

I dati

Pepe Reina, che in realtà si chiamerebbe José Manuel (lo sapevate?), è il portiere meno impegnato del campionato di Serie A. Secondo la graduatoria di Squawka, sito specializzato nell’analisi statistica del calcio, il portiere ha compiuto 33 parate in 37 presenze. 18 con le mani, una con i piedi, 14 con il resto del corpo. Ma, soprattutto, meno di un intervento a partita. 

Con questa statistica, ovviamente, Reina c’entra pochissimo. Non è facile, per un portiere, parare tiri che la squadra non concede. Quindi, questo dato ci dice che il Napoli è la squadra che subisce meno tiri in tutta la Serie A, subito dopo la Juventus (8,9 per i bianconeri, 9 per il Napoli). Quello che ci deve far riflettere è il dato di cui sopra raffrontato a quello di Buffon: le 33 parate dello spagnolo, infatti, fanno il paio con le 63 di Buffon. Certo, non tutti i 30 interventi di differenza sono stati gol avversari, ma la distanza è ampia. Forse troppo. 

A livello di sicurezza, personale e di squadra, sono numeri che contano. Reina non è riuscito a mantenere una concentrazione costante, e questo ha finito per inficiare il suo rendimento. Forse, proprio il primo errore di Bologna gli è costato dei punti di fiducia in sé stesso. Lo leggi in un altro dato importante, quello delle parate per gol. Vale a dire il numero di interventi necessari, in una stessa partita, per concedere gol all’avversario. Parliamo ovviamente di un rapporto numerico, non solo temporale, ma è comunque esaustivo. Il dato di Reina è di 1,14 parate per gol. Quello di Buffon è di 3,94. Non è poco, anche se parliamo di un caso limite come quello riferito alla Juventus.

Il resto è il racconto di una stagione comunque positiva, soprattutto se pensiamo al secondo Reina, quello che comanda la difesa: 15 partite senza subire reti e un ottimo 82% nella distribuzione del pallone, con picchi del 100% in alcune partite. Da questo punto di vista, Reina è una sicurezza. Così come quando è in forma, come in Napoli-Inter. Una parata che merita assolutamente una citazione in questa biografia stagionale. Con tanto di esultanza finale, tutta di rabbia.

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Le prospettive

Cosa fare, ora, di e con Pepe Reina? Al di là dell’interessamento del Barcellona, una roba tutta da verificare, la sensazione è che il portiere spagnolo sia tornato, l’anno scorso, per restare a Napoli. Per cercare di diventare un simbolo di questa squadra, in campo e fuori.

Però, puntare su Pepe Reina vuol dire dover anche cautelarsi con un secondo affidabile. L’abbiamo scritto qui in tempi non sospetti. Era dopo Udine, e da lì in poi ha giocato (di nuovo) solo Reina. Eppure, ne siamo ancora convinti. Anche perché i rumors che girano attorno alla squadra raccontano che le difficoltà del portiere spagnolo dipendano da problemi fisici mai del tutto risolti, che di tanto in tanto si riacutizzano (il match della Dacia Arena). Quindi, visti anche i problemi accusati da Gabriel (che tornerà al Milan per poi finire, presumibilmente, altrove in prestito) e l’ormai dimensione da ex di Rafael, occorrerà acquistare un portiere che possa essere pronto a sostituire Reina nel momento in cui lo spagnolo dovesse accusare ancora i suoi soliti malanni.

In questo senso, l’operazione fatta due anni fa con il giovane Rafael deve fare scuola. Quindi, l’ideale sarebbe accoppiare a Pepe un giovane da svezzare per poterlo immaginare come un futuro titolare (magari uno Sportiello o un Gollini). Al tempo stesso, però, c’è la necessità di comporre la famosa 4+4 della lista Figc, che dall’anno prossimo obbligherà le squadre di Serie A a registrare quattro calciatori cresciuti nel vivavio del club e altri quattro formatisi nelle giovanili di altre squadre italiane. Il ritorno di Sepe dall’esperienza negativa con la Fiorentina potrebbe essere l’idea perfetta per coprire le spalle a Reina con un secondo comunque di livello, e per ottemperare in qualche modo alle direttive federali.

In quanto al portiere spagnolo in senso stretto, c’è poco da dire. Il Napoli guadagna tanto con Reina, soprattutto in carisma e leadership. Che sia, questa, legata alla gestione della fase di non possesso come all’influenza positiva di un calciatore dall’ampia esperienza internazionale. Reina è l’uomo che tiene i discorsi prepartita, che si fa portavoce sui social del morale della squadra. Che parla ai tifosi, che ci mette la faccia. In campo farà sempre qualche errore, perché è un portiere soggetto a crisi di attenzione. Ma alla fine è come gli errori arbitrali, o come dovrebbe essere: compensa con le grandissime doti morali un rendimento comunque positivo, preda talvolta di attimi di distrazione.

Quindi, come figura di insieme lo giudichiamo bene, perché Reina è decisivo. E ce lo teniamo stretto.

 

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