Riusciranno Napoli e il Napoli a godersi questa magnifica stagione, il secondo posto, la Champions, il bel gioco, il record di Higuain e Sarri? Difficile, molto difficile. Se dovessimo riuscire nell’impresa, avremmo compiuto la nostra rivoluzione. Un po’ come la gaberiana intuizione di mangiare un’idea.
È finita una magnifica stagione per il Napoli. Cominciata tra tanti scetticismi: sia per l’arrivo di un allenatore che aveva alle spalle un solo anno di serie A, sia per le prime tre giornate di campionato con una sconfitta e due pareggi contro Sassuolo, Sampdoria e Empoli. Paradossalmente, l’unico che ci aveva creduto l’estate scorsa è stato il padrone di casa, colui il quale aveva chiuso in perdita il bilancio della propria azienda: Aurelio De Laurentiis. Non ha sbaraccato, a differenza dell’ambiente che lo circondava, anzi ha investito sul suo Napoli: il ritorno di Reina, e poi Hysaj e Allan da regalare a Sarri. Eppure, come sempre, De Laurentiis è considerato la rovina di questo Napoli che va in Europa per il settimo anno consecutivo (ah dove siete, 51mila spettatori di Napoli-Vllaznia), che raggiunge la Champions per la terza volta in sei anni, che la giocherà in seconda fascia (se il Benfica non ci farà scherzi) perché lo scorso anno ha raggiunto dopo 26 anni la semifinale di Europa League. Quisquilie.
Perché, così come i tifosi juventini sono affetti da priapismo del tifo e la loro perenne incazzatura non consente di godere dei loro successi, noi tifosi del Napoli siamo affetti da lamentela preventiva: se non abbiamo granché di cui autocommiserarci nel giorno della festa, ci rifacciamo pensando che ne avremo domani.
Sembra che la concentrazione sia già rivolta al calciomercato e come ogni anno partirà la litania: peccato, se avesse osato un po’ in più, era l’anno giusto. Era l’anno di giusto di Soriano e altri calciatori, compreso quell’Andre Gomes che sembra destinato al Barcellona (mica pizza e fichi).
Ripetiamo sempre le stesse cose. E allora facciamo qualcosa di diverso. Godiamoci questo Napoli. A partire dal suo allenatore, Maurizio Sarri, protagonista di questa sorprendente stagione. Il suo Napoli ha battuto tanti record. Ha segnato più di tutti: 106 reti e tra l’altro in 48 partite; ha fatto il record di punti in serie A (82, equamente ripartiti tra girone d’andata e di ritorno), ha vinto più partite di tutti della storia azzurra, e altri primati ancora. Sarri è entrato in sintonia con i suoi calciatori e con l’ambiente Napoli assecondandolo fin troppo per i nostri gusti (pure nelle scaramucce sul calciomercato ma anche nel considerare il campionato il centro di gravità permanente del calcio). Anche ieri sera le uniche parole le ha dedicate al pubblico (“loro hanno vinto il campionato”). Ha giocato un gran bel calcio, ha estratto l’essenza più pura di Gonzalo Higuain e ne ha rivitalizzati altri: da Hamsik a Jorginho, a Koulibaly. Ora, però, anche per lui verrà il difficile. Quest’anno, nessuno si aspettava nulla da Sarri. Arrivava in un ambiente lacerato dal biennio Benitez; l’anno prossimo non sarà così. Osiamo immaginare che nemmeno il bel gioco lo salverà. Sarri merita il massimo dei voti pur avendo commesso i suoi errori. Ma sono errori commessi a un livello che sembrava irraggiungibile. Ci siamo ritrovati a quote che non erano state preventivate (anche se una più lucida e obiettiva analisi della forza del Napoli avrebbe dovuto suggerire altre previsioni). Sarri e il Napoli dovranno lavorare sul tie-break, sulla forza mentale nelle partite decisive, su quei momenti in cui il bel gioco non può salvarti. Perché a certe quote, il bel gioco non funziona. Ne abbiamo avuta una piccola dimostrazione anche ieri sera nel primo tempo contro il Frosinone. Ci manca – da sempre – la forza tranquilla della consapevolezza. Ed è qui, a nostro avviso, la reale carenza della società. Non nel portafogli.
Ci godiamo Sarri. E ci godiamo Higuain, centravanti straordinario che a Napoli è riuscito a mostrare le meraviglie che a Madrid erano rimaste in un armadio. Gliele ha fatte tirare fuori Sarri. Trentasei gol – in 35 partite – sono un traguardo storico. Sarri e Higuain si sono ritrovati nell’amore per il calcio. Un amore infantile nel senso più puro del termine. Sarri ha avuto il gran merito di coniugare applicazione tattica (per la difesa) e libetrà di giocare al futbol. In questo, Sarri è diverso da tantissimi allenatori. Lui lascia scorrazzare il fanciullo che è in ogni calciatore. E Higuain non chiedeva altro. Lo ha fatto anche con Hamsik, l’altro grande protagonista della stagione, che ha segnato il record minimo di gol in serie A – sei – ma è apparso principesco come non mai, sempre nel cuore dell’azione del Napoli, per mesi persino continuo. Fino al tie-break. Lui, come Higuain, e come Sarri. Il calcio fanciullesco, il futbol col sorriso, ha contagiato anche Insigne che ha segnato 12 gol, ha incantato San Siro, ha bucato la Juventus e la Fiorentina, ha disegnato parabole incantate e incantevoli.
Sembra una ovvietà ma il segreto di Sarri è che gli piace il pallone. Forse è persino il suo limite. Ma è un limite al Real Madrid, alla Juventus. Non al Napoli. È incredibile quanto la sua stagione somigli a quella celebre di Vinicio. Lo scudetto è stato perduto nella stessa partita, più o meno nello stesso modo. E anche quella fu una squadra che fece innamorare.
Sarri è questo. E ci sembra davvero tanto. Lo scriviamo oggi, il timore è che il suo Napoli abbia rapidamente alzato le aspettative, come se non avessimo da anni una squadra da vertice. Se fosse una campagna elettorale o comunque pubblicitaria, il Napoli dovrebbe coniare uno slogan con al centro i concetto di qualità e spettacolo. A Napoli si gioca a calcio. Basterebbe e avanzerebbe. Se il demone della vittoria a tutti i costi non si fosse impossessato di noi. Proviamo a far prevalere la gioia di essere tornati in Champions, di poter giocare di nuovo contro le più forti. Il Napoli del calcio-allegria che poi in fondo incarna uno dei luoghi comuni più radicati da noi, quello che vuole i napoletani come un popolo sorridente e canterino. Ecco, per una volta sarebbe bello incarnare un luogo comune.
Napoli non ha un’occasione storica il prossimo anno, Napoli vive da anni un periodo storico eccezionale. Eccezionale nel senso numerico. Una striscia di risultati fuori dalla curva normale della storia del club. È difficile vincere divertendosi. Sarebbe un’altra rivoluzione, come quella di Gaber. Ma oggi è altrettanto difficile divertirsi con una squadra di calcio. Godiamoci la nostra fortuna.