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Eduardo De Filippo e i ricordi della mitica Antonietta dello “Scoglio” a Nerano

Eduardo De Filippo e i ricordi della mitica Antonietta dello “Scoglio” a Nerano

Nelle rarissime occasioni in cui Eduardo acconsentiva a parlare di sé e del suo carattere non certo facile ammetteva, sia pure di malavoglia, di essere ’nu pucurillo orso, ma le malelingue rincaravano la dose e raccontavano che fosse anche tirato, come dire ’nu pucurillo avaro. E anche il cronista lo ritiene possibile avendo avuto la ventura di assistere a una serie di quadretti di vita di ogni giorno che l’immenso attore recitava in strada, all’impronta, a beneficio dei suoi amici di Massalubrense. E di pochi altri fortunati spettatori per caso.

In questi giorni, tra l’altro, ne abbiamo avuto ulteriore conferma, per giunta in un modo quanto mai eccentrico, cioè attraverso la lettura di un necrologio. Per annunciare la morte di mamma Antonietta, moglie del mitico Pappone De Simone il comunista buono che non mangiava i bambini ma aveva un rapporto di lite perenne con i preti al punto da rinchiuderne uno a suo dire bugiardo nel “casiello” dei maiali, i figli hanno scelto di rendere pubblica una poesia che il grande artista dedicò alla carissima Antonietta dopo aver pranzato a Nerano, sempre e solo allo “Scoglio”, luogo di delizie gastronomiche, ma anche punto di riferimento di una larga famiglia appassionati del mare che lo frequentavano quasi sempre “contro stagione” per godere di quel senso di appagamento che il mare regala soprattutto al calar del sole quando, come diceva Luca, sembra “svuotarsi”.

Per capirci senza altri giochi di parole la poesia recita così: Antune’/ si cucine comme vogl’io io/ Te pavo comme vuò tu/ Ma si pave comme vuò Tu/ e nun magno cumme vogl’io/ io te pago comme vuò Tu/ me ne vaco e nun torno cchiù. Il primo commento è che i versi siano il sequel si direbbe oggi di un gioco che i due personaggi, legati da profonda amicizia, si scambiavano, ma la lingua batte dove il dente duole e nel nostro caso il sonetto mette anche in evidenza che Eduardo adorava la cucina dello Scoglio ma che Antune’ non era disposta a fare sconti neanche al più famoso dei suoi clienti. Si comportava allo stesso modo, del resto,anche con Luca di Montezemolo, Diego Della Valle, Jean Alesi, il pilota francese di F1 che amava allenarsi lungo i tornanti micidiali che da Massalubrense piombano giù verso il Cantone, Vittorio e Christian De Sica e Giorgio Albertazzi che era di casa a Positano: il conto del pranzo doveva farlo lei e tutti in casa rispettavano il diktat al punto che Pappone, il marito, mi consigliava di mangiare la sera e pagare la mattina successiva “così ti posso fare lo sconto perché Ntunè scende tardi”.

Un’altra scenetta impressa nel ricordo si svolgeva ai tavoli del bar Osvaldo in piazza Vescovado a Massa dove Eduardo sorbiva il caffè con il commendatore Astarita, suo amico di vecchia data con il quale però non riuscì a raggiungere un accordo per la valutazione di un immobile che il grande drammaturgo voleva acquistare prima di sbarcare a Isca nel cuore dell’arcipelago de Li Galli che prima di lui aveva incantato il grande danzatore russo Leonide Massine e dopo di lui Rudolf Nurejev .

Il copione del duetto non ha mai subito modifiche: pago io, no tocca a me fino a quando Osvaldo, un benemerito del turismo sorrentino acqua e sapone, la faceva finita con un annuncio che i due contendenti accettavano all’istante: se permettete, paga la casa. E Agata, la moglie che aveva lo stesso “difetto” di Antonietta – anche se come lei è stata una abilissima imprenditrice – commentava: “E pure questa volta ce l’hanno fatta”.

Tante piccole storie, si sa, fanno una grande storia. Come è quella del rapporto intenso che Eduardo ha avuto con la costiera sorrentina che non viveva standosene ad oziare sulla sua isoletta, ma incontrando gente e calandosi nella parte dell’ospite che sta come a casa sua. Un giorno, forse, sarà il caso di metterle insieme queste storie, ma ora, per rendere più corposo l’amarcord dal “cascione” tiriamo fuori l’ultima. Cominciando dalla data – 1976 – che in questo caso ha la sua importanza: era la prima estate dopo l’elezione a sindaco di Maurizio Valenzi e da Napoli arrivarono a Nerano centinaia di poveri ai quali veniva concessa una vacanza al mare. Molto gradita da chi ne godeva e molto apprezzata da quanti, ed erano tanti allora, erano disposti a giurare sul buongoverno rosso. Il discorso potrebbe portarci lontano, a noi qui interessa raccontare lo straordinario impatto tra il grande attore e il popolo dei suoi estimatori. Quella mattina faceva molto caldo e Eduardo leggeva i quotidiani, come sempre, sulla terrazza dello “Scoglio” e si difendeva dal sole con l’amatissimo cappello di paglia. Venne riconosciuto, però, e dovette sorbirsi il racconto dettagliato della vacanza: “Cummedato’ siamo trattati benissimo, mangiamo e veniamo al mare, è una bellezza, però….”. Però che cosa? “No, niente, solo che ci servirebbero cinquemila lire al giorno per le piccole spese”. Eduardo non se l’aspettava, ma, in capo ad un attimo, rispose alla sua maniera: “E allora vuie facite sciopero, tornatevene a Napoli”. Si dileguarono e il maestro, protetto da Ntunè e da Pappone, potè riprendere la lettura. 

Le foto sono tratte da www.napolidieduardo.blogspot.it e da www.dissapore.com: Eduardo con sua moglie e la poesia di Eduardo a Antonietta dello Scoglio.

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