Quella del Napoli allo Juventus Stadium è una tradizione fortemente negativa: in quattro precedenti nel nuovo impianto torinese, quattro ko, undici reti subite in totale e un unico gol segnato, da David Lopez nel match dello scorso maggio. Eppure, già due volte gli azzurri si sono presentati nel nuovo stadio dei bianconeri appaiati in classifica. Nell’ottobre 2012, all’ottava giornata, in coabitazione al primo posto della classifica; a novembre di un anno dopo, alla dodicesima giornata, sempre a pari punti ma in seconda posizione, a -3 dalla Roma. Sia la squadra di Mazzarri che quella di Benitez, però, furono respinte con perdite dalla corazzata allora allenata da Conte, che vinse prima il confronto con il toscano (2-0) poi quello con il madrileno (3-0). A questo punto la domanda che tutti ci poniamo è: possono esserci presupposti diversi, dal punto di vista tecnico, con Sarri al timone e dal punto di vista psicologico con il +2 in classifica? Per rispondere, proviamo a ricostruire per sommi capi l’andamento delle due gare appena citate.
Nel 2012 Mazzarri provò a contrastare gli uomini di Conte (in tribuna, ancora squalificato) sfruttando lo schieramento speculare e facendo quello che in molti hanno provato contro il Napoli di quest’anno: marcature individuali sui centrocampisti. Maggio e Zuniga a guardare a vista sulle corsie laterali Asamoah e Lichtsteiner, Hamsik in pressione costante su Pirlo, Inler su Marchisio, Behrami letteralmente appiccicato a Vidal. Ne risentì la fase offensiva, con il Napoli, a volte un po’ troppo basso, che raramente riuscì a innescare ripartenze efficaci (una sola vera palla gol, la traversa di Cavani su punizione, per il resto solo occasioni potenziali), ma a lungo nemmeno soffrì più di tanto, con la Juve capace solo di una sterile supremazia territoriale senza però riuscire a sprigionare la consueta aggressività. I più in difficoltà, anche dal punto di vista fisico, furono Asamoah e Vidal. E non per caso la Juve fece saltare il tappo, a dieci minuti dalla fine, con i due sostituti mandati in campo da Alessio: Caceres (completamente perso su azione d’angolo, l’errore madornale fu quello di non predisporre una marcatura dato che il suo precedessore sui tiri dalla bandierina restava sempre come ultimo uomo a metà campo) e Pogba, che si fece conoscere dal calcio italiano con il primo di una lunga serie di capolavori di coordinazione dalla distanza. Una doppia mazzata giunta troppo tardi per poter anche solo abbozzare una reazione.
Un anno dopo, il 4-2-3-1 di Benitez portava con sé l’auspicio, da parte napoletana, di un approccio più aggressivo e di maggior qualità al big-match. Era preoccupato anche Conte che nel postpartita avrebbe poi ammesso: “Per giorni non sono riuscito a capire come saremmo riusciti a batterli”. Le sue riflessioni lo avevano però, alla fine, portato sulla strada giusta. La Juventus doveva immediatamente prendere il centro del ring per evitare di essere irretita dal palleggio del Napoli, e così fu. Partenza sprint, gol immediato ancorché fortuito di Llorente (in fuorigioco) e venti minuti giocati a un ritmo infernale per cercare di chiudere subito il match schiacciando gli azzurri nella propria metà campo, cercando di sfruttare la netta supremazia dal punto di vista fisico. Pian piano, la squadra riuscì a reagire, venendo fuori dal pressing avversario e creando anche diverse palle gol per rimettere in piedi la partita con i vari Higuain, Insigne e Hamsik. Buffon e un pizzico di imprecisione sotto rete impedirono di raggiungere il pareggio. Poi la Juventus, proprio nel momento di maggior stanchezza, sfruttò le distanze non ideali tra i reparti azzurri per chiudere la pratica prima con una punizione al veleno di Pirlo e poi col solito bolide di Pogba.
Oggi, quale sarà il possibile spartito tattico? Il Napoli, è vero, arriva allo Stadium, come mai prima d’ora, con un vantaggio di due punti che, in linea teorica, permetterebbe anche di giocare su due risultati su tre. Ma crediamo difficile che Sarri voglia snaturare i suoi ordinando una partita di attesa e ripartenza, anche se gli interpreti per metterla in atto ci sarebbero. Gli azzurri hanno dalla propria anche l’entusiasmo delle otto vittorie consecutive e, pensiamo, vorranno provare ad imporre il loro gioco senza lasciarsi intimorire. Del resto il 4-3-3 mal si presta a essere un modulo di contenimento e conserva una spiccata vocazione offensiva, oltretutto con gli interpreti a disposizione in attacco. Chi tra le due potrebbe provare a giocare sull’avversario è la Juventus. Allegri non ha ripudiato il 3-5-2 di Conte (anche se sabato, a causa delle assenze, pare probabile una difesa a quattro) ma anche quando lo usa tende a darne un’interpretazione diversa. Pur chiedendo concentrazione costante ai suoi, raramente li spinge ad assalti all’arma bianca. È consapevole del tasso tecnico dei suoi e la Juve che vediamo da un po’ è infatti più sorniona, non alza mai troppo i ritmi ma è in grado di colpire in qualsiasi momento. Pare certo che, come al solito, la Juventus proverà a prendere il predominio fisico del centrocampo per cercare di gestire il gioco secondo le cadenze predilette, in una partita che naturalmente proverà a vincere ma tenendo ben presente che il campionato, comunque vada, non finirà sabato sera e dunque, difficilmente, gettandosi in avanti. Potrebbe dunque essere una partita molto tattica, anche considerando che le due hanno manifestato un po’ di fiatone nelle ultime due uscite, anche se aperta a qualsiasi risultato.