I commenti successivi alla partita, in cui si è dato tanto risalto al finale dell’Inter, e i conseguenti servizi radiotelevisivi in aggiunta ai gonfiati articoli di giornale, mi hanno incuriosito. Non avendo avuto la stessa impressione dal campo, ho voluto di nuovo vedere ed analizzare la gara in tv, scevro dalla trance emotiva che il Napoli in campo generalmente mi provoca.
Il Napoli non stravince e che soffre, procurando ansia e tachicardia a noi tifosi, è una notizia. Era capitato in altre occasioni di concludere con il risultato in bilico, come contro la Fiorentina o contro la stessa Juve, ma sempre con la sensazione di avere la partita in mano e nel massimo controllo. Con l’Inter, in dieci per giunta, ciò non è accaduto. Perché?
Sarri ha concluso in conferenza che la squadra nei minuti conclusivi si è intimorita, mentre Gianni Mura ha parlato di immaturità.
Rivedendo le immagini con freddezza, sono per entrambi le tesi. Ciò che però mi trova in disaccordo con l’illustre giornalista è il merito che attribuisce alla Beneamata. A mio giudizio le virtù dell’Inter iniziano quando finiscono quelle del Napoli e non viceversa. I meriti dei nerazzurri sono stati di non aver mai mollato e soprattutto di aver sfruttato gli errori degli azzurri che uno dopo l’altro si sono susseguiti dal 24′ della seconda frazione.
Il Napoli, nel secondo tempo, fino alla prima sostituzione (El Kaddouri per Insigne) al 69′ appunto, non aveva mai corso pericoli né mai aveva perso il controllo della gara. Aveva gestito il pallone e, quando le condizioni lo hanno permesso, ha cercato di fare male: un colpo di testa di Higuain su assist di Ghoulam, un tiro dalla distanza di Allan terminato alto, un altro colpo di testa ravvicinato di Hamsik ben parato da Handanovic; e ancora un paio di potenziali occasioni ben rintuzzate dalla forte difesa avversaria. Dell’Inter, dalle parti di Reina, nessuna traccia. Salvo il gol che è frutto più di una casualità che di un’azione ben congegnata dalla squadra di Mancini: Ljajic, appena in area, circondato da sole maglie azzurre, ha usufruito di un rimpallo dovuto a un tocco da dietro di Jorginho che gli ha sottratto la palla e a uno stinco di Ghoulam. Il serbo è stato molto bravo a coordinarsi velocemente in poco spazio e a far passare il pallone tra Albiol e Koulibaly, piazzando la sfera proprio nell’angolino. Fortuna, casualità ed abilità hanno rimesso in gara l’Inter immediatamente dopo la seconda perla del Pipita.
Il Napoli ha subìto la rete certo ma non ha dato l’impressione di essere stanco o in sofferenza. Al 69′, con l’ingresso di El Kaddouri, bravo tecnicamente e forte nell’uno contro uno, si è iniziato leggermente a perdere la gestione del pallone. A differenza di Insigne, abilissimo nel governare il pallone, nei passaggi stretti e nel farsi trovare smarcato, Omar, spesso e volentieri, ha tentato di affondare e di cercare passaggi risolutori o potenziali triangolazioni invece di continuare il lavoro sporco di scambi corti e retropassaggi alla difesa così come in precedenza con Lorenzo. Risultato: invece di tenere palla e di abbassare i ritmi, il Napoli ha iniziato a perderla più spesso, ma non abbastanza per far sì che l’Inter diventasse pericolosa.
In questo lasso di tempo, infatti, è sempre stato più il Napoli ad avvicinarsi al 3-1 che l’Inter al pareggio: la scivolata salvatutti di Murillo su Higuain è stata l’azione più pericolosa. È cambiato poco e si è proseguito a nascondere la palla agli interisti tra i piedi di Jorginho, Hamsik e i due difensori centrali. Quando l’Inter ha tentato sortite offensive, il Napoli ha sempre retto senza affanni e sulle ripartenze, purtroppo, si è sbagliato l’ultimo passaggio per fretta o per la qualità del piede. Molto indicativo che in due occasioni sia stato il destro di Hysaj a cercare il servizio lungo per Higuain, quando sarebbe stato più opportuno tornare indietro e far trascorre il tempo. Situazioni che si sono ripetute con Allan, El Kaddouri e lo stesso Higuain.
L’Inter ha beneficiato di questi palloni regalati e quasi mai rubati e solo al 78′ ha creato un grattacapo alla difesa e a Reina. Sempre con un’azione nata dal caso e da un passaggio sbagliato, con Brozovic che ha superato mezza squadra ma che è giunto al tiro fiacco come il suo tiro.
Il Napoli non stava soffrendo. Da quel momento, però, l’Inter ha cambiato atteggiamento. Complice soprattutto il cambio di Lopez per Hamsik. La squadra, pur mantenendo la difesa alta, non è riuscita più a gestire con lo stesso ritmo e la stessa freschezza il pallone con i soli piedi di Jorginho a centrocampo. Negli ultimi dieci minuti, gli azzurri hanno sbagliato una miriade di passaggi semplici e una caterva di controlli agevoli. I nerazzurri hanno iniziato a pressare con più costanza e la nostra difesa ha perso i riferimenti davanti a sé. È sintomatico che proprio dopo il cambio, Ljajic si sia ritrovato pericolosamente in area di rigore.
Il Napoli ha praticamente cercato di non cambiare atteggiamento e strategia, pur non avendo gli uomini per farlo e così non ha più saputo gestire la gara. Su un passaggio sbagliato di Callejon, sempre Ljajic è fuggito sulla destra, costringendo lo spagnolo a stenderlo al limite dell’area. Sempre da un banale passaggio sbagliato di El Kaddouri a centrocampo, Biabiany ha potuto servire, in contropiede (ripeto, in contropiede) Jovetic che fortunatamente è stato anticipato da Reina.
Higuain ha cercato di cambiare l’inerzia avventurandosi in una prodigiosa azione personale e solo le dita di Handanovic gliel’hanno impedito e nel finale, quando ormai l’Inter non aveva più nulla da perdere riversandosi in attacco, su ennesimo contropiede, ancora una volta, l’argentino ha prima cercato un improbabile assist per Maggio (ripeto, Maggio) in area di rigore e successivamente invece di tenere palla e portarsela magari nei pressi della bandierina, ha tentato di superare il difensore quando ormai era allo stremo delle forze. Ennesima palla nostra persa e il finale è stato quello che è stato con due pali e un’aureola per Pepe Reina.
Se il Napoli avesse mantenuto la freddezza e la maturità di proseguire a giocare con la circolazione del pallone come aveva fatto sino al 70′, e magari con ancora Hamsik in campo, penso che non avrebbe concesso nulla all’Inter, forte anche dell’uomo in più. E forse, ripeto forse, sarebbe finita con la solita melina.
Probabilmente il timore di prendere un altro gol balordo come quello di Ljajic ha ingolosito i nostri quando le maglie dell’Inter in difesa si sono allargate. Sono però venute meno la precisione e la fretta. Inoltre la stanchezza e l’ingresso dei nuovi interpreti a centrocampo hanno impedito la continuazione di ciò che si stava perseguendo con un tikitaka infinito fino al triplice fischio.
A mio avviso i cambi hanno indebolito la squadra, o meglio, non le hanno più permesso di continuare nella proficua strategia fatta di ritmo basso e ragnatela di passaggi che era stata adottata dall’inizio. Insigne, sicuramente stanco, fuori per El Kaddouri ha modificato di poco l’assetto, mentre l’assenza di Hamsik ha di colpo annullato il vantaggio dell’uomo in più e ha di fatto consegnato nei piedi nerazzurri quantità industriali di palloni. A questo, negli ultimi otto minuti, si è sostituito il piede di Callejon, ormai esausto, con quello di Maggio che ha contribuito ulteriormente al non possesso. Se l’Inter avesse iniziato a pressare e a rubare palla, schiacciandoci nelle retrovie, un uomo come Lopez avrebbe contribuito a ergere un giustificato ed ingombrante bunker, invece è proprio da quel momento che il pallone è passato sistematicamente ai nerazzurri, cioè quando Insigne, ma soprattutto Hamsik, erano sotto la doccia. È la dimostrazione dell’importanza dello slovacco in questa squadra, seppur non sia più decisivo in area di rigore.
Il finale di Napoli-Inter mi ha ricordato una gara dello scorso anno della Juventus. Allegri rimproverò aspramente i suoi in seguito alla sconfitta di Genova al 93′ dichiarando: “i ragazzi devono capire che non si possono vincere tutte le partite. Bisogna avere la maturità di capire che a un certo punto ci si deve fermare a gestire e controllare il gioco perché i campionati si vincono anche con i pareggi”.
Bene, il Napoli deve capire che non tutte le partite si devono stravincere, ci si può anche accontentare di un 2-1 anche se l’avversario si chiama Inter, è moribondo ed è in 10 uomini. Mentre spero che la società si adoperi per colmare il buco in panchina con un centrocampista adatto all’uopo.
Non possiamo saperlo con certezza ma probabilmente oggi ci saremmo evitati servizi radiotelevisivi ed articoli di giornale gonfiati di aggettivi iperbolici per una squadra che ha avuto enormi meriti a non mollare e a sfruttare la nostra immaturità e i nostri timori, ma che sul campo, nel gioco, è stata nettamente inferiore.
Detto questo, pensiamo al Bologna.
Gianluigi Trapani
Gianluigi Trapani
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