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È sempre lo stesso Napoli. Contro la Fiorentina abbiamo persino tirato di meno. Ma, giustamente, è il risultato a fare la differenza nel calcio

È sempre lo stesso Napoli. Contro la Fiorentina abbiamo persino tirato di meno. Ma, giustamente, è il risultato a fare la differenza nel calcio

La verità? Il Napoli contro la Fiorentina ha fatto più o meno la stessa partita che gli ho visto fare contro la Lazio in coppa Italia e contro la Roma all’Olimpico.

È il Napoli targato Benitez, tutto possesso palla e gioco sugli esterni. 

Le statistiche, anzi, ci dicono che con la Fiorentina abbiamo addirittura tirato meno in porta rispetto agli scontri con le due romane. 10 tiri (7 nello specchio) contro i viola, 12 (5) contro la Roma e 14 (3) contro la Lazio. Più precisione, dunque, ma stessa mole di gioco. 

Anche la supremazia territoriale è stata misurata in soli 7’52” contro la Fiorentina mentre superava di parecchio gli 11 minuti nelle altre due occasioni.

Stessa musica in difesa, dove il Napoli ha subito 6 tiri dalla Fiorentina, 7 dalla Roma e 9 dalla Lazio.

Anche contro l’11 di Montella si è registrata almeno una macroscopica decisione arbitrale sfavorevole (il gol non assegnato ad Higuain). Contro la Lazio c’era stato il fuorigioco non fischiato a Klose che ha poi dato il via all’azione del gol. Contro la Roma la mancata espulsione di De Rossi a metà primo tempo.

La differenza, dunque, sta solo ed esclusivamente, a mio modo di vedere, nel risultato.

Che è tutto, certo. Ma che è anche la cosa che, nel singolo match, dipende di meno dall’allenatore.

Prima che i fautori del Beniteznonèadattoalcalcioitaliano mi saltino alla giugulare chiarisco cosa intendo dire.

So benissimo che nel calcio, specie in Italia, vige la legge che inventò il grande Vujadin Boskov, quella in base alla quale i giocatori vincono e gli allenatori perdono.

Ma, al di là delle reazioni più o meno isteriche, delle contestazioni, dei ritiri punitivi e dei sondaggi sugli esoneri alla terza giornata di campionato, bisogna cercare di guardare le cose obiettivamente e, obiettivamente parlando, se Callejon non è riuscito a scrollarsi di dosso tutta la negatività la settimana scorsa, la colpa non è certo di Benitez, i cui schemi lo mettono davanti al portiere immancabilmente almeno una volta a partita.

Il presidente ha portato tutti in ritiro raccontando la storiella delle notti brave e della mancanza di spirito di squadra. La prima, per me, è un po’ inventata. Magari qualcuno sarà un po’ più “irrequieto”, ma in tanti anni, per esempio, non c’è mai stata una voce su Hamsik e proprio il capitano, quest’anno, è quello che ha reso di meno rispetto alle aspettative.

Forse qualcosa di vero c’è nella mancanza di amalgama tra i giocatori. Dello svarione di Rafael contro il Palermo ricordo la totale mancanza di solidarietà dei compagni (a proposito, Andujar ne ha fatta una contro la Fiorentina, quel passaggio a Borja Valero, che se l’avesse fatta Rafael…). Ieri quando Higuain è uscito visibilmente rammaricato per la prestazione (e per il gol divorato) ho notato un po’ più di empatia. Magari è il segno che il ritiro è servito. Magari è solo che verso Higuain c’è più soggezione.

Di certo il Napoli ha una sua fisionomia chiara e precisa, un suo gioco riconoscibile e una sua mentalità. È il Napoli di Benitez, sia quando vince 3-0 con la Fiorentina, sia quando perde 1-0 contro Roma e Lazio. 

A marzo scrissi che il mese di aprile sarebbe stato il mese della verità per il Napoli e per Benitez. Le sconfitte in campionato e in Coppa Italia hanno cancellato 2 degli obiettivi. Rimangono l’Europa League ed un difficilissimo terzo posto. Il Napoli lo conosciamo: nelle 8 giornate di campionato che restano e contro il Wolfsburg attaccherà molto e tirerà molto in porta subendo poco. La differenza tra la gloria e la delusione starà, ancora una volta, solo ed esclusivamente nei risultati. Per cui, non ci resta che dire in dialetto quel che Callejon ha detto a gesti dopo il suo ritorno al gol: sciò! 
Fabio Avallone

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