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Quando in Italia c’era il boxing day (il Napoli vinse a Natale contro la Spal)

Quando in Italia c’era il boxing day (il Napoli vinse a Natale contro la Spal)

Quante volte ci siamo chiesti cos’è il “Boxing day”, perché si chiama così e per quale motivo in Inghilterra è una delle festività più attese dell’anno, anche a livello calcistico. Bene, niente a che fare con la boxe, né dobbiamo mettere la nostra giornata in una scatola. È semplicemente una usanza che vuole la famiglia unita con parenti e amici il giorno dopo Natale e quindi è, a tutti gli effetti, il nostro Santo Stefano. Tradizionalmente è una giornata di riposo per chi lavora e per quelli che ricevono regali, appunto, una “Christmas box”, con dentro il presente fatto dal datore di lavoro o dal padrone di casa. A livello calcistico, in qualsiasi giorno capiti, c’è un turno di Premier League previsto per l’occasione in cui i tifosi inglesi possono ammirare i propri beniamini mentre noi italiani stiamo lì a tagliare fette di pandoro, a schiacciare noci e sgranocchiare frutta secca, a mangiare baccalà e vongole, a giocare a carte o a tombola. In attesa del fatidico giorno della Befana, quando riprenderà il campionato. Il calcio in Italia è come la scuola, vacanze qualche giorno prima di Natale e rientro dopo il 6 gennaio. Un classico, un calendario che perpetuamente è lo stesso da più di 20 anni e che difficilmente cambierà il suo corso. L’ultima volta che in serie A si è giocato prima dell’Epifania è stato il 2 gennaio del 1994 e gli azzurri non andarono oltre un risicato pareggio per 1 a 1 in casa col Foggia. Bia raddrizzò la gara dopo il gol del negretto olandese Roy ma quello era il buon Napoli di Lippi, quello dei miracoli e della Uefa conquistata all’ultima giornata proprio sul campo dei satanelli pugliesi.

Ve li immaginate i nostri calciatori a fare la seduta di rifinitura a Capodanno e a provare gli schemi pre partita pensando al cenone del giorno prima o ai fuochi d’artificio che hanno visto volare nel cielo di Napoli? Oggi questa usanza sarebbe folle da riproporre, i tempi sono cambiati e i giocatori vogliono stare con le famiglie, coi propri cari, magari facendo qualche bella trasvolata in aereo e staccando la spina per un po’. Qualcuno, negli anni scorsi, a causa del freddo intenso e pungente, dei campi ghiacciati e di qualche abbondante nevicata, aveva perfino azzardato una pausa lunga un mese durante il periodo natalizio come si fa in Germania. Un mese senza calcio, d’inverno? Ma siamo matti? Già questi 15 giorni ci sembrano un’eternità, figuratevi un intero mese. Il malato di calcio, quello che Ghirelli definiva “patuto” perché dà l’esatta idea di cosa significhi “soffrire” e “patire” per la propria squadra del cuore, andrebbe fuori di testa. Andrebbe in astinenza forzata.

Eppure, per non essere troppo retrò, il calcio italiano di una volta, quello che lo dovevi solo sparare per fermarlo, aveva non solo il “Boxing day” ma perfino le giornate di campionato nel giorno della vigilia, di Natale, l’ultimo dell’anno e a Capodanno. Insomma, eravamo come gli inglesi anche noi. Nella loro lunga storia in serie A gli azzurri hanno giocato due volte il 25 dicembre con un bilancio positivo. La prima volta nel torneo 1955-6 quando andammo a violare il campo della Spal per 2 a 1 con la V2 ovvero Vinicio e Vitali e poi un pareggio natalizio per 0 a 0 sul campo dell’Atalanta nel campionato 1960-1 con una squadra mediocre che scese in serie B dopo una serie di risultati negativi. Per quanto riguarda le altre statistiche, il Napoli ha giocato 5 volte alla vigilia di Natale con un bilancio di 4 vittorie e un pareggio, 8 volte il 31 dicembre con un bilancio di 4 sconfitte, 3 pareggi e una vittoria e 3 volte il primo gennaio con un bilancio di 3 pareggi. Quindi, dati alla mano, partenopei bravi a metà, diciamo solo fino al…pranzo di Natale. Nettamente negativo il bilancio dopo le abbuffate a base di rococò e mustaccioli.

Non è andata meglio, però, neanche nei cinque “Boxing day” della nostra squadra, dei nostri Santo Stefano rovinati. I primi due appartengono al calcio dei pionieri, allo sport che, venuto dall’Inghilterra, muoveva i suoi primi passi ufficiali, l’ultimo 44 anni fa. Ma andiamo nel dettaglio.

1926 Alba-Napoli 5-2. Siamo all’alba del campionato nazionale a girone unico ma anche al tramonto del Napoli nello stesso torneo. La squadra romana, anch’essa retrocessa a fine campionato (ma il Napoli fu ripescato per meriti sportivi), ci diede una batosta non male. Ghisi e Kreutzer resero il bilancio meno pesante anche se gli azzurri schieravano un Sallustro diciottenne, Pelvi in porta (61 reti al passivo quell’anno!) e due carneadi come Gorini e Venturi. La squadra che si stava costruendo era però in nuce vista la presenza di Innocenti, De Martino, Gariglio, Pirandello e Catapano. È l’anno in cui, dopo 17 sconfitte ed un pari (su 18 partite) nasce la leggenda del “Ciuccio” da una battuta di un tifoso in Galleria prontamente ripresa da un solerte giornalista. E il Napoli, da un cavallo rampante passa al “Ciuccio ‘e fechelle: trentatre piaghe e ‘a coda fracida”.

1927 Napoli-Milan 1-2. L’anno dopo solita storia, solita musica, riammessi al campionato per il piazzamento nella Coppa Coni e per i buoni uffici di Ascarelli in federazione. Stavolta battuti in casa dai rossoneri milanisti. La squadra è la stessa dell’anno prima, c’è solo l’inserimento di Zoccola in mediana e di altre due meteore, Tosini e Costa. In quella occasione segna Sallustro e salva l’onore. Una curiosità per capire come il calcio dell’epoca fosse un fatto familiare è data dalla presenza in squadra di due Innocenti, due Ghisi, due Gariglio e due Sallustro. Dinastie al comando, distinzione tra fratelli all’ordine del giorno.

1954 Napoli-Inter 1-2. È una squadra combattiva e tenace che chiuderà al sesto posto, a 3 punti dalla terza posizione, quella che soccombe all’Inter al Collana. Segna Posio rispondendo alla doppietta nerazzurra di Skoglund e Armano in una giornata in cui tutto sembra girare storto. La squadra, però, c’è, Monzeglio è uomo tutto di un pezzo e tiene a freno le esuberanze, in primis quelle del bello e biondo Jeppson, dei giovani in maglia azzurra. Ma averceli ancora giocatori come Bugatti, Tre Re, Comaschi, Pesaola, Ciccarelli, Granata, Vitali e Beltrandi.

1965 Lazio-Napoli 2-1. È il Napoli delle meraviglie, quello di Sivori e Altafini che aveva inanellato una serie straordinaria di risultati positivi quello che cade all’Olimpico di Roma. È la seconda sconfitta in 14 gare di un campionato straordinario che si chiuderà al terzo posto con protagonisti in campo e non. Pesaola in panchina e Fiore da presidente fanno felici i napoletani, nascono inni e canzoni, il popolo fa sempre festa. Quando Bean risponde a Ciccolo e Renna, all’Olimpico, probabilmente la squadra si stava rilassando un po’ dopo un inizio fantastico.

1971 Catanzaro-Napoli 0-0. I vecchietti Sormani ed Altafini sembrano alla frutta, Zoff però è un super portiere. In quel di Catanzaro, con Spelta e Mammì protagonisti sfortunati del calcio di provincia, la squadra giochicchia, non vuole perdere e si accontenta del punticino fuori casa. Non è il miglior Napoli di Chiappella, Macchi è caricato di troppe responsabilità e non è il bomber che tutti attendevano. È la “pareggite” a farla da padrona con 16 segni x sulla ruota di Napoli e solo 6 vittorie. Gli azzurri appaiono ad una svolta, Ferlaino lascia addirittura la presidenza a Sacchi per un periodo e i migliori appaiono sul piede di partenza.
Davide Morgera

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