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Senza grandi investimenti per Napoli, nessuno si interesserà al Napoli

Senza grandi investimenti per Napoli, nessuno si interesserà al Napoli

Auspicare il super-pappone in odio al pappone. Non è un (mediocre) gioco di parole, ma il paradosso in cui si sono inconsapevolmente infilati alcuni napoletani. Era un po’ che se non se ne parlava, ma le recenti lettere al Napolista di Zambardino prima e di Virgilio poi ci riportano a un tormentone dello scorso ottobre: c’è un emiro a Doha che vuole comprare, addirittura l’avrebbe già fatto, la Ssc Napoli?

Ora, personalmente ho i miei motivi di scetticismo sulla storia che un esponente della famiglia Al Thani si stia allungando su Castelvolturno. Già il fatto che la notizia sia stata tanto cavalcata quando il Ciuccio stentava in campionato, per poi sparire quando il Ciuccio ha ripreso a giocare da par suo, la dice lunga. Ma non è questo il punto. Riparto da una domanda che pone Virgilio: “Chi vuol mettere le mani sulla nostra squadra le vuole mettere anche sulla nostra città?”. Certo, replico io, estendendo le implicazioni della risposta (data in maniera deduttiva su un’ipotesi cui credo poco, sia chiaro) a quella fetta di pubblico che all’idea dell’emiro in viaggio per Napoli sono andati in solluchero.

Quando i francesi, popolo latino e per metà mediterraneo, devono risolvere un mistero, guardano in basso e dicono: “Cherchez la femme”. Gli anglosassoni, protestanti e razionali, guardano invece al portafogli: “Follow the money”. Seguiamo il metodo wasp. Perché mai un emiro, o più in generale una persona facoltosa, dovrebbe spendere tanti soldi per il Napoli? Per filantropia, per far contenti i partenopei? Naaa. Per visibilità fine a se stessa? Fuocherello: così può funzionare per il simil-Tanzi de “Il Gioiellino” che parla del “tridente banca, giornale e squadra di calcio”, ma non per uno straniero. Perché può essere la leva per fare soldi veri in altri business? Perché scatena un giochetto politico su scala globale? Ecco, ci siamo.

Non è un retropensiero, ma l’esperienza di questi anni. D’altronde, se già un Al Thani ha comprato il Psg (spendendo più di 300 milioni di euro in quattro anni di mercato) non è per amore del pallone. L’emiro del Qatar, che acquista in generale quello che può per essere più forte in occidente (dai grandi magazzini Harrod’s, a interi quartieri di Londra, passando dall’italiana Valentino), è in affari con aziende transalpine per l’estrazione delle risorse naturali nel paese che governa. In particolar modo Al Thani, che è grande ufficiale della Legion d’onore di Francia, è proprietario anche della Louis Vuitton e di fondi immobiliari francesi che detengono robetta come l’hotel du Louvre di Parigi. Se non bastasse, dal 2012 finanzia progetti sociali milionari nelle banlieue, in un paese dove il calcio è il primo sport delle comunità arabe (i galletti dedicano altrettanta, se non maggiore, attenzione al rugby). Tenuto conto che l’emiro non è solo un industriale, ma pure un monarca, capirete che il Psg non è semplicemente una squadra di calcio.

Ma questo è il non plus ultra. Il cugino di Al Thani che ha comprato il Malaga ha legato la sua (transitoria) esperienza di presidente a un progetto sul porto cittadino. Rybolovlev, il magnate russo patron del Monaco, sperava invece di ottenere il passaporto monegasco. Mica poca roba per un miliardario che in patria si è fatto 11 mesi in cella per omicidio. Episodio (non l’omicidio, ma il tentativo di fuga) che si lega anche alla peculiarità dei nababbi russi. Il loro principale obiettivo è, spesso, sottrarre i propri patrimoni all’incerto diritto della Federazione dove, vedi Khordokovskij, un giorno sei oligarca e quello dopo sei in carcere.

Avviciniamoci a casa nostra: e Pallotta? Ok l’esportazione del brand capitolino nel mondo, ma l’impressione è che sia il mattone il primo obiettivo. Gli americani stanno portando avanti un progetto stadio (che non farà capo alla As Roma, ma a una società del patron) cui è annesso un “business park” di case e uffici da, si legge, un milione di metri cubi di volumi. Capito?

Tornando a Virgilio, sì: Italsider, Napoli est, l’ex Q8, il porto di Vigliena, l’area Nato di Bagnoli, o forse qualcosa in provincia. Nella storia di un eventuale emiro a Napoli è già scritto che da qualche parte c’è un grosso investimento immobiliare, o un interesse più alto da seguire. E non è detto che sia una cosa brutta o peccaminosa. A me più che altro preme dirlo ai papponisti: per antipatia a uno che vi chiede 10 euro per le amichevoli estive, bramate uno che compri il terreno su cui poggiate i piedi. E non è neanche detto che poi vince lo scudetto.
Roberto Procaccini

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