L’argomento che tiene banco nei discorsi del bar sport di questi mesi non è più se una squadra giochi bene o giochi male, lo stato di forma di questo o quel calciatore, gli avversari da incontrare: niente di tutto ciò. A tenere banco è una parola importata nel nostro vocabolario da qualche anno: il turnover.
Detto che ci sono molti fieri tradizionalisti che ritengono che debba esserci sempre un undici di base che giochi tutte le partite salvo squalifiche o catastrofi naturali, la realtà ci dice che l’intensità del calcio attuale (sforzo medio, distanze percorse, velocità di gioco) impone una rotazione dei calciatori per poter schierare sempre una squadra fisicamente pronta e provare a limitare affaticamenti e/o infortuni. La domanda allora diventa: quanti farne ruotare per ottenere il beneficio del riposo senza pregiudicare la prestazione e il risultato?
È evidente come non ci sia un’unica strada per raggiungere l’obiettivo ed è chiaro che si può scegliere di avere una maggiore o minore rotazione nelle diverse fasi della stagione a seconda degli avversari e del calendario delle gare più o meno ravvicinate, senza dimenticare di considerare l’età media della squadra e la possibilità di infortuni o incidenti che possono condizionare le rotazioni.
Per definire un quadro più generale si è deciso di confrontare 10 squadre dei tre maggiori campionati europei: Premier League, Serie A e Liga, considerando alcune tra le squadre che disputano anche competizioni europee. Il campione usato sono le 10 gare di campionato disputate finora e le 4 di Champions ed Europa League.
Varia da 20 (Chelsea e City) a 25 (Inter) il numero di giocatori cui è stato concesso di giocare anche solo uno spezzone di partita, ma sono meno quelli che hanno accumulato un vero minutaggio. Una prima annotazione interessante suggerisce che tutte le squadre hanno un gruppo di calciatori che giocano tra il 60 e il 100% dei minuti della squadra, per la Roma e il Napoli sono 8, il minimo. Sono invece 9 per Atletico, Barcellona, Chelsea, City, Liverpool e Inter e 11 per la Juventus e il Real.
Ci sono invece differenze più marcate se consideriamo i giocatori oltre il 95% di utilizzo, ovvero quelli che hanno giocato praticamente sempre, la forbice è più ampia partendo da Real e Roma che non ne hanno nessuno, fino ad arrivare al Chelsea che ha ben 5 calciatori con impiego massimale. Per il Liverpool e la Juve sono due (di cui il portiere), anche l’Atletico ha due giocatori di movimento sempre in campo, uno invece per Barcellona, Inter e Napoli.
Se passiamo a considerare i minutaggi effettivi (recuperi di gioco esclusi), riusciamo a capire quanti giocatori siano effettivamente utilizzati durante le rotazioni tra le diverse partite, a partire dalla soglia dei 300 minuti giocati. Ad usare la più ampia base di rotazione sono il Napoli e la Roma con 19 calciatori, a seguire troviamo l’Inter con 18, il City con 17, la Juventus e il Barcellona con 16 e invece con una rosa di rotazione piuttosto ristretta il Chelsea, il Liverpool, l’Atletico e il Real con 15.
Fissando come ulteriore soglia i 700’ giocati, troviamo che è l’Atletico ad aver il maggior numero di giocatori impiegati con 12. All’opposto invece con il minor numero di calciatori oltre questo minutaggio troviamo Liverpool, Inter e Napoli con 9. Guardando oltre i 900 minuti troviamo una certa omogeneità, infatti tutte le squadre hanno tra 6 e 7 calciatori utilizzati, si tratta fondamentalmente di quelli che le giocano quasi tutte, ma è inutile parlare di titolari perché anche loro non sono esenti dalle rotazioni.
C’è invece una maggior differenza se andiamo a considerare l’ultimo livello, ovvero i 1100’ di impiego, in questo caso troviamo Chelsea ed Atletico con ben 5 calciatori oltre questa soglia, per gli inglesi si tratta di Ivanovic, Terry, Matic, Fabregas e Hazard, per gli spagnoli invece di Godin, Koke, Moya [p], Miranda e Juanfran. Evidente che Simeone e Mourinho scelgono di avere un blocco di calciatori praticamente sempre in campo, probabilmente per dare sempre una forte identità tecnica alla squadra, limitando le rotazioni. Sono invece 4 gli uomini su cui punta più spesso Ancelotti nel Real (Casillas [p], Kroos, Marcelo e James Rodriguez), come Rodgers nel Liverpool (Mignolet [p], Lovren, Gerrard e Sterling) e Allegri con la Juventus (Buffon [p], Bonucci, Lichtsteiner e Marchisio). Solo due giocatori per il Napoli (Rafael [p] e Koulibaly) e il City (Hart [p] e Kompany), infine uno solo per Barcellona (Messi), Roma (Nainggolan) e Inter (Juan Jesus).
Guardando al Napoli, possiamo dire che finora Benitez ha fatto in modo di concedere minuti importanti a quasi tutti i giocatori della rosa (19), solo Mesto e Michu non sono ancora ben inseriti nelle rotazioni (oltre ai portieri Andujar e Colombo). La scelta dell’allenatore spagnolo è quella di provare a distribuire lo sforzo sul maggior numero di calciatori possibili. La partita di ieri contro lo Young Boys (8 cambi rispetto alla gara precedente) e in particolare il secondo tempo, con una squadra cresciuta alla distanza nella condizione e migliorata negli automatismi, sembra avvalorare la sua idea. Emerge come il triangolo portiere-difensori centrali sia quello meno cambiato da Benitez, infatti sono Rafael, Albiol e Koulibaly ad essere i più impiegati, come d’altra parte era già a Valencia (Canizares, Ayala, Marchena) e poi a Liverpool (Dudek, Hyypia, Carragher e in seguito Reina, Hyypia, Skrtel/Agger).
Naturalmente solo a fine stagione, basandosi sulle prestazioni e i risultati raggiunti si potrà dire chi avrà gestito meglio le forze, quello che emerge da questa piccola comparazione è che tutte le squadre di un certo livello operano il turnover. Ciascuna secondo le proprie specificità e/o le proprie esigenze tecniche, ma è evidente come giocando 50 o 60 partite ravvicinate in una stagione non sia possibile fare a meno di operare rotazioni in formazione. Lasciano quindi il tempo che trovano certe polemiche innescate da presunti esperti e sedicenti allenatori che ospitati in radio e in tv lanciano strali contro questo tipo di gestione della rosa: la scelta non è se fare o meno il turnover, ma piuttosto come operarlo nella maniera migliore per la propria squadra.
Andrea Iovene