Da un paio di settimane il Napoli ha raggiunto una buona condizione tecnica e fisica. E allora aveva ragione Benitez quando, nel periodo grigio e sotto il fuoco di una critica implacabile, raccontava che la squadra “stava crescendo”. Senza mai accampare scuse, il tecnico sottolineava però il ritardo dei “nazionali” e il tempo occorrente ai nuovi azzurri per inserirsi.
Col Napoli che aveva difficoltà ad essere almeno quello dell’anno scorso, la soluzione suggerita dai critici più severi è stata immediatamente la sostituzione di Benitez. Peccato che, inquadrata così la crisi del Napoli, non si facessero nomi convincenti e disponibili per l’esecuzione del madrileno e non si considerassero i rischi di un cambio di conduzione con una guida tecnica “all’italiana” che sembrava la massima aspirazione per fare risultati.
Poi, la stroncatura della campagna-acquisti non considerando i limiti di attrattiva del calcio italiano col danaro contato, la non ricca disponibilità di giocatori di un certo livello, le esigenze di bilancio rese necessarie dal fair-play finanziario e da un presidente di scarsa simpatia e presa popolare che però vuole evitare un secondo fallimento del club azzurro.
Trovando inspiegabile il gioco stentato del Napoli con gli stessi giocatori dell’anno scorso, abbiamo ventilato l’ipotesi di un calo d’entusiasmo con un probabile distacco dei protagonisti dal progetto azzurro. La critica più perseverante imputava invece a Benitez il suo fondamentalismo tattico e una certa incapacità a “capire” il calcio italiano. In pratica, il suggerimento era: se la squadra non gira, tutti in difesa speculando sul contropiede.
Benitez è andato per la sua strada perché non gli interessavano i risultati immediati quanto testare se il suo progetto a più ampio respiro potesse continuare.
Facendo ruotare ventuno giocatori dei venticinque della “rosa”, con la sola esclusione di Radosevic e dei tre portieri di rincalzo, il tecnico spagnolo è stato accusato di utilizzare un turn-over esagerato perché, si è detto, si vince solo con i migliori e gli altri facciano le riserve com’era al tempo di un calcio meno ossessivo e con impegni ridotti. Anche in questo caso Benitez è andato per la sua strada, crocefisso però per tre sconfitte in 17 partite, la prima pesante per l’esclusione dalla Champions.
Alla lunga la “resistenza” di Benitez alle critiche ha prodotto il Napoli che ha battuto Roma e Fiorentina con prestazioni e tiri a rete superiori ai punteggi ottenuti e, in pratica, con l’intera “rosa” utilizzata. La critica meno arrendevole ha continuato a trovare difetti nei secondi tempi delle ultime gare come se il Napoli fosse una macchina da guerra e dovesse essere improvvisamente il Real Madrid, senza considerare che in campo ci stanno anche gli avversari.
La vera domanda allora è: il Napoli ha stentato sinora non solo per i rilievi sottolineati da Benitez, ma per una preparazione mirata sulla distanza allo scopo di non arrivare esausti sulla “spiaggia” di fine maggio con tre competizioni in ballo? Se è così, abbiamo almeno avuto fretta a buttar via l’acqua sporca con il bambino azzurro dentro. È probabile, poi, che Juventus e Roma già corrono avendo accelerata la preparazione per la Champions.
Ci è mancata la pazienza che Benitez ha avuto potendo valutare, più e meglio di tutti, l’andamento dello spogliatoio, più la pazienza di portare a un certo livello i nuovi azzurri anch’essi immediatamente bollati come brocchi.
Sicuramente, il Napoli è la squadra migliore dopo Juventus e Roma. Gli manca ancora qualcosa per essere “come” le due formazioni di testa, che però non sembrano potere imporre al Napoli lo straordinario vantaggio finale dell’anno scorso, la Juve degli eccezionali 102 punti a +24 e la Roma a +7. Anche nell’anno del secondo posto di Mazzarri e dei 29 gol di Cavani, il Napoli all’undicesima giornata era terzo a -5 dalla Juve e a -4 dall’Inter e concluse il campionato a -9 dalla Juventus.
Quello che è mancato negli anni scorsi è stata la costanza di rendimento, apprezzabile contro le “grandi”, minore contro le “piccole”, sia con Mazzarri, sia con Benitez. È ovvio che non è solo un problema di convinzione e concentrazione massima, ma che un paio di innesti per il salto di qualità sono necessari. Bisogna però fare nomi “concreti” di campioni disponibili. Ce ne sono? Questo è il vero problema, non la “mano tirata” di De Laurentiis.
Mimmo Carratelli