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Cari papponisti, con Astori (e anche Matri) avremmo perso lo stesso

Ora il nodo è tornato ad essere la campagna acquisti. Abbiamo perso a Londra, beh perso è riduttivo. Non abbiamo toccato palla, mancava Gonzalo Higuain e il gioco è fatto. Nulla di più semplice. La campagna acquisti è stata scadente, De Laurentiis è un pappone, aveva promesso di spendere 124 milioni di euro e invece ne ha spesi appena ottanta quel taccagno.

E insomma, chi si sarebbe mai aspettato che qui sul Napolista ci sarebbe toccato un giorno difendere persino De Laurentiis. Cominciamo col ricordare che giochiamo il girone probabilmente più difficile della Champions (ammetto che al momento del sorteggio ne avevo sottovalutato la portata, ero in vacanza, il mare, il sole, tutto ti sembra più semplice). Anche perché avevo sottovalutato la forza dell’Arsenal. Lo ricordavo appena ieri ai preliminari di Champions contro l’Udinese. Nonché in preda a una crisi finanziaria e poi quest’estate coi tifosi in subbuglio per il mancato mercato. Perché poi, gira gira, tutto il mondo è paese (a proposito, lo sapete che in Inghilterra c’è un casino che non finisce più sulla prova tv?). Il girone, dicevo. Abbiamo battuto i vicecampioni d’Europa del Borussia Dortmund e abbiamo perso malamente all’Emirates. Apriti cielo. Vale la pena ricordare che la Juventus, tra Galatasaray e Copenaghen, deve ancora vincere una partita.

Ma torniamo a noi. La mazzata c’è stata, quel che ha scritto Zambardino è da sottoscrivere al cento per cento. Veniamo al punto. Che cosa ci ha colpito della partita? Che cosa non abbiamo digerito? Rispondo per me: non ho digerito l’essere entrati a capo chino, come un vitello destinato al macello. L’aver rivissuto quelle trasferte di Milano e di Torino. Quando capivamo dopo pochi minuti che eravamo dei predestinati. Ecco. Allora poniamoci anche qualche domanda invece di gridare ciecamente al papponismo. Fate un atto di sincerità, ditemi che cosa sarebbe cambiato con Astori in campo. O anche con Matri. O con Nocerino. Ditelo. Gridatelo. Subito. Ve lo dico io che cosa sarebbe cambiato: niente. Avremmo perso anche con Diego in campo martedì sera (ah, la memoria selettiva che ha cancellato i cinque squilli dei musicanti di Brema).

Che cosa voglio dire? Voglio dire che il mercato deve avere una sua ratio, una sua logica. Non è che voi andate dal concessionario per l’acquisto di una station wagon e poi tornate a casa con una utilitaria. Non sapreste cosa farvene di un’utilitaria. Vi serve la station wagon. E a noi servono calciatori in grado di cambiare la mentalità della squadra. Servono calciatori in grado di farci fare un salto di qualità. Astori sarebbe andato in bambola come Britos. Ci metto la mano sul fuoco. È questo il giudizio impietoso che ci lascia la sfida all’Emirates: dobbiamo mangiarne ancora di pane. Per crescere, però, servono i giocatori adatti. Non acquisti a casaccio che avvicinano la voce di spesa ai fatidici 124 milioni di euro (così da placare il partito dei papponisti). Se bastasse la capacità di aprire il portafogli, l’Inter di Moratti avrebbe vinto dieci Champions e quindici scudetti. Le cose, invece, se non ricordo male, sono andate diversamente.

È questa la lezione dell’Emirates. Ed è francamente assurdo non capirlo. Se vogliamo crescere, se vogliamo evitare in futuro serate analoghe, servono calciatori che a questi palcoscenici sono abituati. E pazienza se ci sarà da aspettare.

Insomma, come ha scritto il napolista rionale, è ora che anche noi commentatori e noi pubblico facciamo un passo avanti. Sempre che ci interessi torni a vincere. Il che non vuol dire mortificare il diritto di critica, per carità, però almeno sforzarsi di uscire da un deprimente sistema binario caldo-freddo o allegro-triste. Oggi Antonio Corbo arriva persino a scrivere su Repubblica che Higuain è sfaticato, che a Madrid lo sapevano tutti. Mah. Avrà le sue fonti. Di certo non mi pare che si sia mai risparmiato quando è sceso in campo.

Questa è l’unica città credo al mondo dove il procuratore di un calciatore (sia pure il capitano) si consente un giorno sì e l’altro pure di criticare la gestione della squadra. E dove il direttore della ex radio ufficiale del Napoli di punto in bianco – perduto il contratto di esclusiva con la società – torna a vestire i panni del grande accusatore.

Francamente sembra tutto assurdo. Giochiamo otto partite ufficiali, ne perdiamo una (contro l’Arsenal, a casa loro) e sembra la fine del mondo. Chissà che cosa dovrebbero dire i tifosi del City che ieri sera sono stati presi a pallonate a casa loro dal Bayern di Monaco. Forse è il caso che torniamo un po’ tutti coi piedi per terra. E magari prendiamo atto che noi un’azienda di queste dimensioni (e magari anche un po’ più piccola) non l’abbiamo mai guidata né tantomeno abbiamo vinto da allenatori una Champions.
Massimiliano Gallo

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