ilNapolista

Ma chi l’ha detto che senza Mazzarri non possiamo vincere?

Perdonatemi tutti, ma c’è qualcosa che non capisco fra le tante cose che in questi giorni si stanno scrivendo sul Napoli e su sul suo futuro.

Non parlo delle voci sul futuro di Mazzarri, delle interpretazioni delle sue dichiarazioni, del gossip su Cavani, delle chiacchiere sul futuro del Matador, né tantomeno della polemica fra Illuministi/rivoluzionari del 1799 e Napolisti/Sanfedisti nostalgici di Maradona.

Quel che davvero non comprendo, leggendo alcuni pezzi del Napolista, è il terrore del “salto nel buio” cui andrebbe certamente incontro il Napoli con l’addio di Ser Walter, il bottiano “Maghetto di San Vincenzo” (definizione che adoro). Evidentemente faccio soprattutto riferimento all’articolo di ieri del Maestro Carratelli (un Maestro, appunto, un grandissimo, dal quale tutti abbiamo solo da imparare; dal quale, però, talvolta si può anche dissentire), e non solo.

Vorrei fare una domanda semplice semplice a tutti coloro i quali scrivono, leggono e commentano il Napolista: ma perché, l’anno prossimo, il cambiamento dev’essere per forza un salto nel buio, se non un passo indietro, se non la rinuncia ad ambizioni di vittoria? Perché l’addio di Mazzarri deve “ipso facto” equivalere a un ridimensionamento del Napoli?

Certamente diverso è il discorso relativo a Cavani (su questo concordo pienamente con Carratelli); come la maggioranza dei tifosi del Napoli, o almeno credo, io vivo con molta più preoccupazione la possibilità che un fuoriclasse da più di 30 gol a stagione ci lasci, che non la quasi certezza che ci saluti un allenatore che ha fatto grandi cose, al quale siamo e saremo sempre riconoscenti, ma che non ha fatto il passo decisivo per vincere, e che, soprattutto, non ha mai dimostrato di avere il “physique du rôle” del vincente.

Non c’è dubbio, con la scelta del futuro allenatore e le future scelte di mercato capiremo cosa De Laurentiis vuole davvero fare, nel momento decisivo della sua gestione; è stato detto e ripetuto forse fino alla nausea, ora “si parrà” la “nobilitate” (Dante mi perdoni) di questa società.

Di De Laurentiis si può dire tutto, ed è stato detto tutto: fanfarone, egocentrico, ignorante di calcio e di tifo, interessato solo a guadagnare quei soldi che il cinema non gli garantisce più, tutto quello che volete; ma, al di là della insopportabile retorica del “nel 2004 giocavamo a Chieti”, sono innegabili i meriti di Aurelio, ed è innegabile che abbia mantenuto praticamente tutte le sue promesse fatte nel 2004 circa la crescita del Napoli. Io non ho dimenticato gli ultimi anni di Ferlaino, né gli anni buissimi di Corbelli e Naldi, che al solo ricordo mi fanno ancora oggi rabbrividire.

A mio parere, il vero, grande difetto di De Laurentiis è uno solo: non aver costruito una società moderna, con più figure di spessore in grado di gestire al meglio tutto quel che c’è da gestire; il Napoli di De Laurentiis è una società ancora legata al modello della C, senza più il plenipotenziario Marino; e questo non mi pare davvero all’altezza delle ambizioni che la piazza, legittimamente, nutre.

Ma siamo sicuri che queste ambizioni, magari anche solo perché attratto dalla possibilità di guadagnare di più, non le nutra anche Aurelio? Io non ci metterei la mano sul fuoco, e le voci insistenti sull’ormai avvenuto acquisto di Ogbonna mi dicono che forse non sto prendendo un abbaglio.

Il punto, però, è un altro: De Laurentiis ha perso Mazzarri (e mi rifiuto di credere che non abbia già chiaro il piano operativo per la prossima stagione), sa che il ciclo è finito (che, cioè, questa rosa e questi giocatori hanno espresso il massimo delle proprie potenzialità), e sa che deve rivoluzionare il Napoli, per vincere; De Laurentiis sa (e cito ancora Carratelli) che la palla è passata a lui, e che è una palla che scotta; ma perché mai, dico io, questo pessimismo, il 19 maggio?

“Todo cambia”, cantava Mercedes Sosa; e io, oggi, voglio soltanto sognare che la Grande Rivoluzione post-Mazzarri sarà la rivoluzione meglio riuscita della storia del calcio.
Andrea Manzi

ilnapolista © riproduzione riservata