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Il Banik Ostrava ce ne fece prendere sei

E chi se la scorda quella domenica. Ero un ragazzino. Come al solito le domeniche pomeriggio le passavo davanti alla radio a sognare con la mia squadra del cuore: il Napoli. “La Stock di Trieste vi invita all’ascolto di Tutto il Calcio Minuto per Minuto…”. Che emozione quella musica. I radiocronisti erano così bravi nel descrivere le fasi del gioco che in alcuni momenti, chiudendo gli occhi, sembrava di essere davvero sugli spalti a vedere la partita. Incredibile.
Era il 15 dicembre di un lontanissimo 1974 e a commentare la partita c’era l’indimenticabile Enrico Ameri che con Sandro Ciotti erano le colonne del programma, coadiuvati da tutti speaker di primordine (come non ricordare ad esempio le mitiche interruzioni per i gol delle partite delle serie piu’ “infime” di Ezio Luzzi). Il Napoli era allenato da O’ Lione Luis Vinicio. Forse il Napoli piu’ spettacolare di tutti i tempi, per chi, come me, lo ha visto giocare.
Napoli e Juve erano divise da soli due punti a favore della capolista bianconera ed il campionato si sarebbe deciso sugli scontri diretti. Ricordo che all’epoca la vittoria valeva due punti, quindi il Napoli cercava l’aggancio alla capolista, dopo un campionato fin lì strepitoso degli azzurri.
La partita finì con un tennistico 2 a 6, sotto i colpi delle sfuriate di Damiani e Altafini, nonostante una super-prestazione di “El Gringo” Clerici che segnò una doppietta e fallì un rigore. Quanto piansi quel giorno… Nessuno, all’epoca, riuscì a darsi una spiegazione di un tracollo dei partenopei così esagerato.
Qualche anno dopo Pal’e Fierro Bruscolotti spiegherà il perché di questa incredibile debacle. Il Napoli era impegnato in Coppa Uefa e, dopo aver passato due turni, aveva incappato in una brutta sconfitta a Fuorigrotta coi cecoslovacchi del Banik Ostrava. Il ritorno del match europeo si sarebbe giocato quattro giorni prima il partitone del San Paolo. Qualsiasi allenatore avrebbe infarcito la squadra di riserve facendo un turnover massiccio, sul modello di Mazzarri quest’anno a Verona. Ma in panchina siedeva Vinicio, il profeta della zona totale all’olandese e quindi del bel calcio. Il tecnico schierò la miglior squadra possibile con l’eccezione dell’affaticato Clerici (e, quindi, i conti tornano). L’ordine è di giocare alla morte. Il campo è pesantissimo a causa delle forti piogge ed il Napoli non riesce ad andare oltre un pareggio per uno ad uno che i padroni di casa riescono a rimediare negli ultimi minuti. Ma non finisce qui. Proprio a causa del maltempo il viaggio di ritorno degli azzurri duro’ due giorni, con la squadra costretta a passare la notte in aeroporto a dormire sulle poltrone.
Clerici, assente in coppa, disputo’ una partita da incorniciare, mettendo piu’ volte in apprensione la vecchia signora. L’episodio che mi rimase piu’ impresso di questa partita fu’ quando, al fischio finale del signor Luigi Agnolin, l’intero stadio tributo’ un applauso fragoroso ai propri beniamini, nonostante la bruciante sconfitta. Che tifoseria. Erano ancora lontani gli anni in cui un Niño de Argentina chiamato El Pibe de Oro sarebbe venuto a riscattare non una maglia, non una squadra ma l’intero popolo napoletano dallo strapotere settentrional-savoiardo nel calcio e non solo. Napoli – Juventus e’ piu’ di una semplice partita di calcio. Forza Napoli Sempre & Comunque!!!
Giulio Ceraldi

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