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Felippo e ‘o panaro, la storia della farsa di Antonio Petito

Avimmo perduto a Felippo  e ‘o panaro. Ad litteram:  abbiamo perduto Filippo e la cesta. Id est: ci abbiamo rimesso tutto: il capitale e gli interessi. Espressione usata per dolersi quando càpiti di subire non solo un danno, ma anche una beffa.Nel caso di  questa locuzione ancóra in uso,  il nome Felippo non è una corruzione di Filippi (dell’espressione Ce vedimmo a Ffelippo), ma è il nome proprio Filippo  rammentato  in una non meglio identificata  antica farsa pulcinellesca di Antonio Petito nella quale  un tal Pancrazio aveva affidato al suo servo Filippo una cesta di cibarie , perché la portasse a casa, ma il malfido servo, riuniti altri suoi pari, si diede a gozzovigliare  facendo man bassa delle cibarie contenute nella cesta, e temendo poi  le reazioni del padrone,  evitò di tornare a casa lasciando il povero Pancrazio a dolersi del fatto con la frase in epigrafe.
Nota linguistica
In questa ’espressione  il verbo avimmo perduto regge due complenti oggetto ( il nome proprio Filippo ed il nome comune panaro), ma mentre Filippo è introdotto dalla preposizione A, ciò non avviene per il s.vo panaro che non viene introdotto da ô (crasi  di a +’o(lo/il)), ma viene introdotto dal semplice art. determ. m. ‘o (lo/il); ciò avviene perché in napoletano la preposizione A è usata talvolta  per introdurre, quasi in maniera indiretta, un complemento oggetto  quando però  tale complemento sia una persona o essere animato, mai un oggetto (es.: aggiu visto a pàteto= ò visto tuo padre; aggiu ‘ntiso ô cane ca alluccava = ò sentito il cane che  latrava  ( dove ô = a + ‘o= a + il/lo); ma aggiu pigliato ‘o bicchiere= ò preso il bicchiere, aggiu ‘ntisa ‘a campana = ò sentito la campana.) La ragione di questa particolare A segnacaso del complemento oggetto  non è da ricercarsi  come sostiene qualcuno nel fatto che venuto meno il latino con le declinazioni comportanti esatte desinenze distinte per il nominativo e l’accusativo in un corrotto latino regionale volgare privo di desinenze distinte si sarebbe ingenerata un’ipotetica confusione in una frase del tipo: Petrus vidit Paulus non potendosi stabilire se il soggetto di vidit fosse Petrus o Paulus. Ciò è inesatto in quanto, se è vero che, ad un dipresso,  il latino classico, almeno  fino a quello ciceroniano,   mantenne il soggetto anteposto al  verbo reggente, per  il latino della decadenza volgarizzatosi con l’entrata in contatto con le parlate locali, proprio per non ingenerare confusioni, soprattutto  nella lingua parlata si preferí porre     il soggetto   sempre prima del verbo reggente. Reputo dunque  molto piú verosimile l’idea che tale particolare A segnacaso del complemento oggetto  sia un residuo plebeo di un latino volgare parlato, quello   che produsse anche lo spagnolo, il portoghese ed il rumeno, lingue in cui perdura l’uso dell’A come segnacaso del complemento oggetto.

R.Bracale Brak

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