Ma che cos’è il calcio e chi lo comanda? In fondo De Laurentiis con le sue esternazioni, le sceneggiate, i guizzi linguistici induce in chi lo ascolta questa ed altre riflessioni. E, a rischio di fare una errata ricostruzione, ecco a mio avviso cosa deve aver pensato il nostro presidente.
Il potere calcistico è anche quasi sempre coinciso con il potere politico ed economico del Paese. I maggiori gruppi di potere di un campo sono quasi sempre gli stessi dell’altro. Non bisogna infatti dimenticarsi che oggigiorno il calcio è l’unico fenomeno capace di muovere milioni di persone, più di quanto possa fare uno sciopero generale o una manifestazione di partito. Che il movimento sia attivo (io esco di casa per andare allo stadio) o passivo (lo stadio entra in casa mia) è argomento di ben poco conto. Il calcio – e qui sta l’illuminante riflessione di De Laurentiis – condizionando le abitudini della vita di tanti individui, è anche uno dei pochi strumenti per condizionarne i consumi. Da qui l’interesse di Mediaset e Sky di offrire cifre da capogiro per i diritti. Se trasmettessero solo informazione o cinema farebbero il 3% di abbonati rispetto al presente. L’assunto è questo: “se faccio entrare il calcio in casa tua, riesco a farci entrare anche tutte le informazioni politiche e commerciali che voglio farti sapere”.
Forse non era mai accaduto che un presidente di calcio scoperchiasse questo fantomatico vaso di Pandora. È accaduto perché De Laurentiis non ha particolari interessi (al momento) di appartenenza politica né sarebbe facilmente ricattabile da un punto di vista economico. Da produttore cinematografico ha un rapporto non filtrato con gli acquirenti della sua merce: guadagna fin quando i suoi film sono interessanti per il pubblico. Film che potrebbe produrre e girare in qualsiasi parte del Mondo, lui dell’Italia non ne ha particolare bisogno. Vedremo dove porterà questa sua crociata..
Eppure, nonostante tutto, per il calcio italiano Aurelio De Laurentiis è un’arma a doppio taglio. È di certo una risorsa inestinguibile di idee e progetti per quanto concerne la valorizzazione economica del movimento. Idee che però sottendono un pericoloso mantra: “tutto è bene purché frutti danaro”. Allora è bene chiarirsi e affrontare con calma e serietà l’argomento. Bisogna focalizzarsi su un ben preciso discrimine: il calcio è ancora uno sport? Oppure è una sorta di circo, dove qualsiasi spettacolo è buono purché ci sia un pubblico che paga il prezzo del biglietto? Il calcio italiano (e mondiale) sta in piedi su questo filo sottilissimo teso con forza alle estremità da questi due interrogativi, da queste due diverse visioni di intendere gli orizzonti futuri che ne contraddistingueranno il destino. Fino ad ora il giocattolo-calcio si è tenuto in equilibrio, tra vecchi e nuovi compromessi, tra sport e ricavi economici (sport “puro” neppure tanto se si pensa alle vicende di calciopoli che hanno rischiato seriamente di sfasciarlo se fosse venuto tutto tutto tutto a galla).
La “sceneggiata aureliana” nella serata dei calendari sarà stata divertente, ma presagisce una certa pericolosità per i fautori dello sport “puro”. Le sue esternazioni sottacevano anche tutto un mondo nascosto dove qualsiasi espediente è buono purché riesca ad ottimizzare gli introiti. Che sia la compilazione di un calendario pilotato, o (perché no?) un risultato, potrebbe importare poco.
Sarà lo sciopero o la serrata. Ma se si ferma il pallone poi uno qualcosa deve pur fare.. magari pensare.. Uno dei suoi quadri più riusciti Paul Gauguin lo intitolò “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” Il calcio italiano deve ancora capirlo. E noi forse non vogliamo neppure scoprirlo. Occhio non vede, cuore non duole..
Valentino di Giacomo
Il calcio è ancora sport o circo dove basta si paghi il biglietto?
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