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Azzurri stanchi
scacco matto di Reja

La Lazio ha colpito nel punto più debole del Napoli, la difesa. Non è stato un prodigio di Eddy Reja, al quale vanno ascritti i meriti della vittoria, bensì un delitto facile, agevolato dall’arrendevolezza tattica della vittima. La compagine laziale ha primeggiato nel gioco: per tre quarti di partita ha dominato un avversario solo in teoria superiore. Fallisce dunque il tentativo partenopeo di accumulare altri punti; sfuma suscitando la rabbia dei suoi innamorati delusi. Due tempi, due volti incredibilmente eguali e antiestetici della squadra del cuore, al pari delle prestazioni di Hamsik, Maggio ed altri. L’equilibrio si spezza subito, come un biscotto, e – manco a dirlo – è un boccone laziale. È una voragine quella che si spalanca nella retroguardia ospite, ben al di là del presunto fallo di Zarate: Mauri, recuperato ad ogni costo, vede laggiù in fondo l’argentino liberissimo e lo serve con un taglio da numero 10. Per Zarate è un’occasione da non credere: l’attaccante con la faccia da bambino si lancia in tutto quel vuoto, e gli basta colpire secco e preciso perché la palla vada dove deve andare. Nessuno, forse, credeva cha sarebbe stato così facile e rapido passare in svantaggio. Senza smalto Che le due squadre in campo si somigliassero era prevedibile. Però la difesa azzurra non ricorda in nulla quella laziale, la quale viceversa non sbaglia un colpo. È inevitabile che, dopo l’uno a zero, la formazione di Reja si rinchiuda nel proprio guscio e narcotizzi quasi ogni azione avversaria, mentre il Napoli tenta di sorprendere Muslera col solito, scontato movimento di Lavezzi che prende il pallone da destra, si accentra e tenta di sferrare il tiro velenoso. Biava, Lichtsteiner e Dias, tuttavia, non abboccano mai. Raramente nel calcio l’andamento della gara è rispecchiato dagli sviluppi del punteggio. E difatti, proprio dopo alcuni arrembaggi del Napoli, la Lazio passa al 2-0. Da qui in avanti, per gli azzurri è terrore puro, tanto che i laziali sfiorano la tripletta sempre con Zarate, un puffo, rianimato dall’opacità e dall’inconcludenza dello schieramento napoletano. Due errori decisivi per Grava che riesce quasi a farsi cacciare per una scarpata sul piccolo attaccante sudamericano mentre il gioco languiva a centrocampo: davvero una mossa sciocca. Non osare Il Napoli è contorto e dubbioso, eternamente con le mani avanti. Forse questo è un campionato inadatto a chi sfoggia eccessiva modestia. Se le avversarie insuperabili non esistono, bisogna che ognuno s’inventi di esserlo. Le altre – Juve in prima linea – sembrano attrezzate a questo obiettivo. Il Napoli, che ad oggi pure disporrebbe di un organico idoneo a lottare per le primissime piazze, si smarrisce invece dietro le incertezze del proprio allenatore, al quale vanno altri meriti. A destare meraviglia non è tanto il terzo posto, quanto le difficoltà incontrate per resistervi. Appaiono, invero, sovrautilizzati giocatori ormai alle prese col loro passato piuttosto che proiettati verso il futuro. La difesa ne è la bandiera: ben nove, dei tredici gol subiti, vanno attribuite ad errori dei singoli. Le squadre forti vivono nell’abbondanza e i loro tecnici si prendono la briga di amministrare i malumori del gruppo, non di privilegiare chi – allo stato attuale – non può vantare né fiato né medaglie al valore. Grande delusione: però meritata.
Toni Iavarone (da Il Mattino)

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