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Ma a Barcellona i biglietti
non si acquistano on line?

Sono tornate le file ai botteghini del San Paolo. E questa è innegabilmente una buona notizia. Per la società, innanzitutto, certo. Ma anche per noi: vuol dire che la squadra sta andando bene, e poi lo stadio semivuoto a me mette tanta tristezza. Pare che si proceda verso il tutto esaurito sia col Liverpool che col Milan. Però, dietro quelle file, dietro la polemica degli abbonati che hanno reclamato a gran voce – e ottenuto – che fosse loro garantito il diritto di prelazione, ci sono tanti ritardi, c’è tanta mentalita novecentesca. Altro che modello Barcellona o Playstation. Questo è il modello qua le pezze qua il sapone. Inutile girarci attorno. A Napoli il presidente divide. Molto. A tanti piace perché vince, perché ci ha “risollevati”, perché ci sta portando alle porte del grande calcio. Ed è innegabile. Altrettanto innegabile, però, è che sia smaccatamente un non tifoso, uno che di calcio pare non essersi mai interessato, che non ha la più pallida idea di chi siano Bugatti, Panzanato, Umile, Braglia e altri. L’avveniristico spogliatoio senza passato spiega più di qualsiasi altro esempio la cifra di questa presidenza. Che poi, un po’, ricorda quella rossonera di Berlusconi che quando stilò la formazione del Milan di tutti i tempi lasciò fuori il suo nemico politico Gianni Rivera. E poi Aurelio, diciamo la verità, ha un nervo scoperto: gli brilla il dollarone nell’iride, come a Paperon de’Paperoni. Legittimo, per carità; persino giusto. Del resto, nessuno gli chiede esercizi di filantropia. Però potrebbe trattarci meno come persone con l’anello al naso.
E torno alle file. Possibile che il Napoli non abbia un sistema di acquisto di biglietti on line? Perché ha assunto Fassone, solo per lo stadio (ma dove? ma quando?) o per alzare il prezzo dei biglietti? Perché qualcuno del calcio Napoli non si fa un giro sul sito Liverpool? O, più modestamente, su quello dell’Elfsborg? Il nostro è penoso, semplicemente penoso. Non c’è altro termine. E’ mai stato a Barcellona il nostro presidente? Io sì, andai a vedere Barcellona-Inter. Orario d’inizio 20.45; alle 20 i cancelli erano chiusi. Ovviamente io, da cafone, pensai: questi non riusciranno mai a riempire lo stadio in tre quarti d’ora, sai che casino succede. Non sapevo che lì di cancelli e tornelli ce ne sono cento. Mica come al San Paolo, dove ce ne saranno sì e no una trentina (e le file ci sono sempre) e quando Aurelio sborsò i soldi per installarli fece il giro fuori allo stadio come ai tempi di Achille Lauro e c’era il popolo che lo ringraziava. Ma di che? Della ressa domenicale ai Distinti, o al varco Tribune?
Napoli è Napoli. Io non ci abito più. E mi rendo conto che chi se ne è andato ha meno diritto di parlare di altri. Per me è un’offesa alla cittadinanza il display che informa: prossima metro tra quindici minuti; per tanti, invece, è normale. E’ già tanto che la metro ci sia, dicono. Mi sa che tante speranze non ne abbiamo. E in fondo hanno ragione tutti quelli che Aurelio lo ringraziano, ricordando come nel passato ci sia capitato di molto peggio. Lo so, da tempo Antonio Patierno (e non solo lui, anche Giulio Cimino ad esempio) parlano dell’azionariato popolare. Strada affascinante ma secondo me non percorribile a Napoli, dove la storia ci ha insegnato che l’autodeterminazione non è proprio la caratteristica principale del nostro popolo.
Insomma, teniamoci stretto Aurelio con le sue dichiarazioni incomprensibili. Sperando che non ci tratti sempre da minorati mentali, che ci metta altri tornelli, che magari ci faccia fare pipì in posti un po’ più igienici, che ci dia la possibilità di sfruttare Internet (wow!) per l’acquisto dei biglietti. Mi sembrano già obiettivi ambiziosi. E forza Napoli.
Massimiliano Gallo

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