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La lezione impartita
dai tifosi del Liverpool

Oggi Il Roma, quotidiano partenopeo d’area bocchiniana, a proposito del match di ieri titola “L’unico applauso è per i 60 mila”. Bene, io correggo: “L’unico applauso è per i 61 mila”, includendo anche il migliaio scarso di supporters del Liverpool.
Mettiamoci un attimo nei loro panni. Vengono da un decennio in cui sono stati ai vertici del calcio inglese ed europeo, vincendo una dietro l’altra Charity Shield, Community Shield, Coppa di Lega, Champions League e Supercoppa Europea. Hanno un palmares complessivo da far venire i brividi, una tradizione più che secolare, e una collezione di campioni in squadra da fare invidia.
Ecco, i tifosi di una squadra con un passato prossimo e remoto del genere si trovano adesso impelagati in una storiaccia: nell’arco di pochi mesi il club è stato investito da una crisi societaria spaventevole, ha cominciato a perdere i pezzi pregiati, si è trovato ridimensionato in sede di calciomercato e, mentre appena due stagioni si classificava secondo in classifica, ora è miseramente ultimo.
Non posso sapere con certezza la tifoseria napoletana come si comporterebbe in una situazione del genere, ma lo posso immaginare. Senza andare troppo a ritroso nel tempo, solo i mugugni, le lamentele, gli atteggiamenti, le critiche più o meno giustificate che si muovono agli azzurri in questo altalenante avvio di stagione sono una significativa cartina al tornasole.
I supporter del Liverpool, invece, mi hanno piacevolmente stupito. Senza abdicare alla loro funzione critica – recente è la manifestazione di protesta contro l’ipotesi di acquisto della società da parte di un gruppo americano – continuano a sostenere calorosamente la squadra. In una trasferta infrasettimanale, nel contesto di una competizione ai loro occhi certamente inferiore (non potrebbe essere altrimenti per chi negli ultimi cinque anni ha giocato due finali di Champions), in casa della squadra di una città esotica dal passato calcistico mediamente glorioso impreziosito dal passaggio del più Grande di tutti i tempi, sono accorsi numerosi. E non per fare casino, contestare, o chissà che: ma per cantare per i propri giocatori, applaudendoli alla fine di una scialba partita in cui Hodgson si è accontentato di un italianissimo 0 a 0.
E per di più, come se non bastasse, si sono lasciati scivolare addosso i luoghi comuni sugli hooligans, pregiudizi risalenti ad eventi di venticinque anni fa e diffusi dal sindaco Iervolino a scendere fino a mia madre, la quale ieri sera era molto più preoccupata di alcune partite italiane in cui ho rischiato di prendere bottigliate in testa. I reds ci hanno ricordato ancora una volta che la barbarie ce l’abbiamo in casa.
E bravi i liverpoolesi, o come cavolo si definisca un abitante di Liverpool. Questa per me sì che è “mentalità”.
Roberto Procaccini

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