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Maiello ed il cielo toccato con un dito

“Barbera” e Champagne. Raffaele Maiello brinda alla sua prima volta sotto il cielo di un agosto che resterà per sempre l’estate più suggestiva della sua vita. Il primo gol con la maglia del Napoli nel triangolare di Palermo, vale un ritratto d’autore per questo ragazzino nato col battito della nuova Era De Laurentiis. Svelato ed allevato con amore da Giuseppe Santoro, mentore della primogenitura della “nursery” azzurra, adottato con passione da Walter Mazzarri che ne ha seguito senza sosta l’ascesa e le gesta all’ultimo Torneo di Viareggio. Fino a ieri, 12 agosto 2010. Due giorni dopo la notte di San Lorenzo, quella delle stelle cadenti, il desiderio di Raffaele Maiello è arrivato sulla terra. Una palla vagante, quasi distratta, nell’area del Valencia, diventa un meteorite di fuoco che illumina i sogni di questo ragazzino nato 19 anni fa ad Acerra. Ma la storia parte da lontano. Esattamente 9 anni fa, con una promessa che riposa negli occhi di chi adesso lo guarda dall’azzurro più immenso che c’è..

Raffaele, quale è stato il primo pensiero dopo il gol?

“Mia nonna. Mi mancava il fiato, era come se fosse lì a guardarmi. E’ morta nove anni fa, e da allora vive sempre dentro di me. Sono cresciuto con lei, è stata la persona più importante della mia infanzia. Qualsiasi cosa io faccia mi raccomando a lei e so che mi ascolta. Stamattina appena svegliato sono andato al Cimitero con mio padre per ringraziarla. E’ stata lei che mi ha benedetto. Oggi è il suo onomastcio, Santa Filomena, non è una coincidenza..”

Raccontaci l’emozione di ieri..

“Mah, stavo tornando indietro quando ho visto che sulla palla in area non ci andava nessuno. Ho cominciato a correre e vedevo che i difensori si guardavano tipo: la prendi tu, la prendo io. Alla fine l’ho presa io ed ho tirato molto bene per fortuna. E’ stato bellissimo. Io non pensavo che si potesse provare questa gioia dopo un gol con la maglia del Napoli. Poi è arrivato l’abbraccio dei compagni. Ero stordito. Tant’è vero che tornando a centrocampo, tra il pensiero di mia nonna e quell’emozione incredibile, mi è mancata l’aria”.

Ma non ti è mancata la gioia. Cosa ti hanno detto dopo il gol?

“Il primo che ho sentito è stato Quagliarella. Mi ha stretto e poi ha urlato agli altri: “è bravo ‘stu guaglione, ci hai creduto, accussì se fa”. Poi sono arrivati gli altri. Tutti mi hanno abbracciato. La squadra mi ha sempre coccolato, aiutato e devo ringraziare tutti quanti. Anche il mister mi ha abbracciato alla fine della partita, ma subito mi ha messo sotto dandomi le istruzioni per la gara successiva”.

Quali sono i compagni che ti sono stati più vicino da quando sei al seguito della prima squadra?

“Paolo Cannavaro innanzitutto. Lui è capitano e anche napoletano. Sa cosa significa giocare nella nostra città. E poi un po’ tutti. Iezzo, Zuniga, Lavezzi. Sono sempre stati carini con me. Il Pocho mi regalò la sua maglia dopo il match dell’anno scorso a Bari per festeggiare la sua doppietta e la mia convocazione nell’under 19. E poi questa settimana, invece, Zuniga mi ha regalato le sue scarpette nuove. Non le ho ancora messe, sono bellisisme ed ho paura di sciuparle”.

Com’è stato il tuo primo ritiro a Folgaria? “Bellissimo. Una esperienza fantastica anche perché noi giovani della Primavera siamo stato accolti con grande affetto. Ci siamo inseriti con faciltà ed ho trascorso un periodo indimenticabile. Hanno curato ogni piccolo dettaglio e questo è stato importante per farci sentire parte integrante del gruppo”.

C’è qualcuno al quale vuoi dire grazie particolarmente?

“Sì, a Giuseppe Santoro. Sono cresciuto con lui per 6 anni. Mi ha allevato e mi ha insegnato tutto. Devo tanto a lui e poi devo ringraziare Mazzarri. Mi ha seguito sin da quando sono nell’orbita della prima squadra si è interessato a me, mi stima e mi ha dato fiducia. E’ stato come un padre”.

A proposito di padre. A casa come ti hanno festeggiato?

“Innanzitutto sono tornato ad Acerra alle due e mezza di stanotte ed ho trovato tutti che dormivano. Ma oggi sono arrivati tutti i miei parenti a fare festa. Abbiamo una famiglia numerosissima e tutti sono tifosi del Napoli. Non ero abituato a vedere la mia casa con una trentina di persone, una folla incredibile, ma tanta felicità”

Se dovessi scegliere un momento fondamentale della tua carriera, quale indicheresti?

“Senz’altro il Torneo di Viareggio. Ho segnato due gol, abbiamo giocato davvero bene e so che Mazzarri ha visto tutte le nostre partite. Da quella esperienza sono stato convocato per Udinese-Napoli e da allora sono entrato nel gruppo stabilmente”.

E c’è un aneddoto del quale porti ancora i segni addosso..

“Sì. Nel giorno del debutto in Serie A. A Genova con la Sampdoria nell’ultima giornata di campionato. Appena andai a sedermi in panchina all’inizio della partita si posò sulla mia gamba una coccinella gialla e nera. Non solo non la cacciai ma la tenni addosso per oltre mezzora, perché sapevo che mi avrebbe portato fortuna. Quel giorno giocai nel finale e da quel giorno è cominciata la mia avventura. Quello è stato un segnale del destino, tanto è vero che mi sono fatto un tatuaggio sull’avambraccio: una coccinella gialla e nera ed una scritta in inglese ‘the dream becomes reality’. Il sogno diventa realtà..”.
(da sscnapoli.it)

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