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Chi conosce la formazione della Nazionale?

Nel bar Novecento c’è un’aria annoiata. I tre fratelli gestori chiacchierano poco e senza brio. Così gli avventori. Gianni prova ad introdurre un discorso “Tra non molto iniziano i mondiali”. Nessuno raccoglie. Maurizio de Giovanni che è lì osserva “Non si avverte tra gli appassionati quel certo clima… Denso di speranza. Di ansia. Di attesa. Insomma non c’è l’atmosfera cui in passato ero abituato. La nazionale non tira. Non eccita. Non fa sognare più. Se chiedi in giro, le persone non sanno con precisione quando inizia il campionato. Quali sono le nostre avversarie nel girone eliminatorio”.
“Hai ragione Maurizio” dico. “Certo quando ero ragazzo non era così. Accidenti e nemmeno quando ero qualcosa in più che un ragazzo. Conoscevo a memoria il calendario. L’orario di ogni partita era impresso nella mente con un marchio di fuoco. La vita per quindici giorni girava intorno alle partite dell’Italia. Credo che il motivo di questo calo di tensione emotiva si spieghi facilmente. La Nazionale non ha stelle di prima grandezza. Non c’è un giocatore, dico uno, capace di accendere la fantasia degli appassionati. E la passione dei tifosi si nutre di fantasia.” “A che tipo di giocatore pensi? “ mi chiede Maurizio. Gli rispondo: “A quello nel quale riponi la speranza estrema. Irrazionale. Quello che ti consente di sperare nell’insperabile. Quello che anche se stai perdendo due a zero a cinque minuti dalla fine se gli gira l’estro… Quello che quando ha la palla tra i piedi può in ogni momento inventare la magia… La Nazionale si è sempre identificata con le sue stelle. Un tempo l’Italia si riconosceva in alcuni uomini simbolo come Gigi Riva, Gianni Rivera, Sandro Mazzola, Roberto Bottega, Paolo Rossi, Roberto Baggio… Intorno ai quali magari si accendeva anche la polemica dei dissenzienti. Rivera sì Mazzola no. Baggio sì Baggio no. Ma erano comunque giocatori che facevano sangue. Oggi non è più così. Non c’è un ragazzino che abbia mandato a memoria la formazione. Perché gioca l’uno o gioca l’altro fa poca differenza.” Maurizio ci pensa su un attimo poi osserva : “Non puoi criticare Lippi. Dalla sua parte ci sono i risultati. Ha vinto un mondiale E nel calcio chi vince ha sempre ragione.”
So bene che la posizione di Maurizio sul piano concreto non fa una grinza. “Non intendo negare l’evidenza dei fatti. Voglio solo osservare, caro Maurizio che certamente la freddezza in giro è un effetto delle scelte (ineccepibili) del tecnico. Il gruppo. Lo spogliatoio. Il collettivo. Al bando l’estro individuale. Certo se avesse portato Cassano o Balotelli avrebbe incendiato le discussioni nei bar e nei salotti. Ed avrebbe incollato tutti noi amanti del calcio davanti alla tv. Il saggio e serafico Bearzot in Argentina ebbe il coraggio di mettere in panchina Graziani e Maldera, fino ad allora titolari inamovibili. Facendo esordire nella prima partita del mondiale due imberbi ragazzini di nome Rossi e Cabrini. Non vinse quel mondiale Bearzot, ma il successivo. Eppure ci regalò uno dei più bei tornei della storia. Adesso non so, francamente, nemmeno se mi ricorderò di guardare tutte le partite. Certamente io, che non sono il ct, avrei corso il rischio di portare Balotelli o Cassano. E perché no, entrambi. Non che non mi renda conto della difficoltà di gestione di un caratterino come quello del genietto pugliese. O dell’arrogante lombardo. Ma non resisto al fascino del colpo magico. Anzi secondo me senza la speranza nel colpo magico il calcio diventa un’altra cosa. Certamente meno eccitante.”
<strong>Guido Trombetti</strong>

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