Dopo Bari, ultime partite da affrontare con prudenza e coraggio, virtù eguali e contrarie. Per centrare l’obiettivo internazionale occorrono concentrazione e anche leggerezza di spirito. Vale per i giocatori. Ma anche per chi ama il Napoli. Per questo, forse, dopo il successo di Bari si avverte una strana emozione, un misto di gioia e di misura, speranza e voglia di pensare ad altro. Agli allenatori, per esempio, e alla domenica intensa trascorsa dal trainer azzurro – il Mazzarri in camicia a bordo campo – e da tecnici che in altri momenti guidarono il Napoli. Al comando dei galletti c’era quel Ventura che per primo raccolse la fiaccola del Napoli ridotta a lumicino, in serie C dopo il fallimento. Vederlo in panchina è stato come ritrovare le sensazioni di quel primo tentativo di risalita con luci di nuovo accese ma non ancora splendenti. E in contemporanea, ma sotto un altro cielo, l’incrocio non sereno tra Roma e Lazio, scudetto e retrocessione in ballo. Sulle panchine Ranieri e Reja, ben conosciuti dalle parti del San Paolo. Il compunto e calmo Ranieri, il cordiale e più sanguigno Reja. Ricordi un po’ sbiaditi e memorie più vive. Il penultimo tempo di Ferlaino e l’avvio di De Laurentiis, languori e fremiti, atomi e particelle azzurre, mentre a Bari il Pocho tesseva una ragnatela di fresche emozioni con estuario nelle visioni maradoniane. Intanto, dalle intemperanze anti-Napoli della tifoseria pugliese è scaturito un lampo di memoria: molti anni fa, nella decade dei ’50, un pomeriggio di prima estate vide il Bari conquistare la serie B vincendo uno spareggio con il Colleferro. Si giocò in campo neutro, a Napoli, nel vecchio stadio Vomero. Per casualità, o per calcolo, i baresi giocarono in maglia azzurra, tra gli applausi di tanti spettatori vesuviani. Erano tempi di vicinanza emotiva tra i calciofili del Sud. Ma ora si avvicina Napoli-Cagliari. Senza Quagliarella, per Lavezzi l’attesa di un’altra bella prova. Coraggio, guardiamo. Mimmo Liguoro
Quando il Bari giocava
in maglia azzurra
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