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Il momento no di Jorginho, vittima e carnefice della sua stessa squadra

Le statistiche dell’italobrasiliano non sono negative, il problema è che il gioco non riesce più a passare da lui. Pesa l’assenza di Albiol, ma il Napoli deve riuscire a trovare un’alternativa al suo gioco: Diawara è una possibilità.

Il momento no di Jorginho, vittima e carnefice della sua stessa squadra
Jorginho

Abbiamo deciso di dedicarci a lui, personalmente, quando l’onda emotiva di Napoli-Besiktas è andata scemando. Due giorni dopo, un po’ per verificare bene quanto e cosa volessimo dire e un po’ perché le cose da verificare/interpretare erano tante. Jorginho è il grande caso di questo Napoli. O meglio: è il grande caso tecnico, il calciatore in difficoltà, quello che in campo, e solo in campo, non riesce più a dare il suo contributo abituale. Insigne è un caso a sé: lui vive un disagio che è anche extra-campo, una situazione difficile dal punto di vista psicologico. Il campo, se vogliamo, è solo l’approdo di una condizione generale inficiata da troppe dinamiche.

Con Jorginho, la situazione è diversa. È puramente di campo, e la stanchezza tanto decantata da media e tifosi influenza la sua situazione fino a un certo punto. Ce l’ha spiegato Alberto Bartali all’indomani della sconfitta di Bergamo, ce lo dice il fatto che l’italobrasiliano sia uno dei (pochi) calciatori del Napoli che non sono stati convocati in nazionale durante le due settimane di sosta. Ergo, Jorginho ha fatto davvero la sosta. Quindi, come dire: il problema non è di Jorginho, ma è con Jorginho. Il Napoli non riesce più a metterlo nelle condizioni migliori per giocare, lui risponde con prestazioni da ectoplasma e con errori marchiani.

Volendo forzare la chiave narrativa, è possibile trovare il momento chiave dell’involuzione dell’ex Hellas. Che poi, è quella di tutto il Napoli. Minuto 70′ di Napoli-Benfica: palla che, da Jorginho, arriva direttamente a Guedes che segna il 4-1. Da quel momento in poi, il Napoli non è più andato in vantaggio (a parte la partita con i lusitani, ovviamente) e Jorginho non è più stato lo stesso. Da più parti, si sono lette e sentite analisi sul fatto che Jorginho non sia più lui fin dall’inizio di questa stagione. Anche questa è una forzatura: i dati confermano che la qualità del rendimento di Jorginho è praticamente identica a quella del 2015/2016 (stessa accuratezza nei passaggi, stessa quantità di key passes, stessa media di interventi difensivi), è la quantità a essere diversa. Un confronto veloce tra una partita dello scorso anno (Napoli-Verona), una di questa prima parte di stagione (Palermo-Napoli) e quella col Besiktas ci dice che è la semplice quota dei palloni giocati ad essersi abbassata: 130, 150 e 55. Ecco cos’è cambiato, nel Napoli e in Jorginho: il gioco e la costruzione della manovra non partono da lui, non nascono da lui.

I motivi di questa difficoltà sono essenzialmente riconducibili a un fattore esterno e a uno interno, strettamente consequenziali: quello interno riguarda ovviamente gli avversari, che predispongono una marcatura a uomo sull’italobrasiliano e gli rendono complicato il semplice ricevere la palla. Fare mente locale sulle ultime tre partite vuol dire ricordarsi di tre o più angeli custodi dediti esclusivamente al blocco sistematico della sua regia: Kurtic a Bergamo (con Gagliardini o Freuler in appoggio), Nainggolan e Paredes contro la Roma e Uysal contro il Besiktas. Roba da Gentile anni Ottanta, che blocca la capacità fondamentale di Jorginho: far muovere la palla attraverso il suo, di movimento. In un pezzo pubblicato qualche tempo fa, spiegammo così le differenze di caratteristiche tra Jorginho e il suo alter ego Diawara:

Diawara, rispetto all’ex Verona, è un calciatore più portato alla gestione del pallone che del movimento dei compagni. Se Jorginho si muove in base alla posizione del portatore e dell’avversario per gestire i tempi di gioco con il tocco semplice, l’ex Bologna fa muovere la palla anche attraverso corridoi più complicati. È una differenza minima, ma sostanziale.

Per un calciatore che gioca seguendo questo schema, una marcatura a uomo è un vero e proprio tappo, fisico e immaginiamo anche psicologico. Da qui, la difficoltà nel trovare i propri tempi per farsi vedere, per giocare il pallone, per pensare e trovare il compagno smarcato e quindi il passaggio. L’errore contro il Besiktas, grossolano, si potrebbe identificare se tranquillamente come “una soluzione sbagliata nel momento sbagliato e nella zona di campo sbagliata”. Ovvero, la giocata risultante di una condizione tecnica e mentale complicata.

Il Napoli, da par suo, non riesce a venir fuori da questa mancanza. Non riesce a ovviare all’assenza di questo tipo di regia dinamica, che permette un avvicinamento armonico alla metà campo avversaria e di mantenere le giuste distanze in campo. Anche ieri, nella nostra analisi tattica su Napoli-Besiktas, abbiamo provato a spiegare più o meno la stessa cosa sul momento di Jorginho, che è insieme vittima e carnefice di una squadra che vive un momento difficile.

Chiudiamo con le soluzioni possibili: intanto, Diawara. Che è una specie di piccola correzione alla barra del timone, un’alternativa su cui (presumibilmente) Sarri sta lavorando in senso di adattamento al “Jorginhismo” di questo Napoli. Nei pochi minuti contro il Besiktas, l’ex Bologna ha fatto proprio quello che avrebbe potuto (dovuto) fare l’ex Verona: farsi vedere, evitare l’avversario, riuscire a farsi dare palla e smistarla. Con una fisicità diversa, con tempi diversi. Ma sono calciatori diversi, ci pare ovvio.

La seconda soluzione, più imminente e realistica, è il rientro di Albiol. Fondamentale, come detto ieri e scritto anche qui, per restituire alla difesa la capacità di uscire palla al piede in un certo modo, nel modo del Napoli. La terza è un recupero psicologico del calciatore dopo quattro partite giocate maluccio, dopo un inizio di stagione non brillante (al di là dei numeri, queste sono sensazioni) che ha iniziato a inficiare il rendimento del Napoli quando si è infortunato il secondo uomo-regia della squadra (Albiol, ancora lui) e quando le avversarie incontrate hanno ricominciato a giocare davvero su di lui. Su un Jorginho senza alternative e sempre più bloccato nella e dalla marcatura dell’avversario. Come l’anno scorso, come detto più volte da Sarri nella difesa (giusta, accorata) del suo calciatore. La differenza con l’anno scorso sta in un momento negativo e nell’incapacità della squadra di darsi e trovarsi qualcosa in più, subito, nell’immediato di tre sconfitte di fila. Un filotto negativo che un anno fa non era mai capitato. A Crotone, stando ai rumors, possibile l’inserimento di Diawara come centromediano. Poi, Empoli e Juventus. Vedremo se Jorginho riuscirà a ritrovare sé stesso. E con lui, il Napoli. Due cose che avvengono, avverrebbero, avverranno di conseguenza.

 

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