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Higuain, dimentica in fretta quel gol. Noi ti aiuteremo

Chi li potrà fermare? Questo ci si chiedeva. Chi potrà fermare una squadra che in attacco può mettere uno accanto all’altro giocatori come Messi, Aguero, Higuain, Di Maria, Lavezzi, Palacio una serie di campioni che tutto sommato ti fa giustificare la scelta d’aver lasciato fuori Tevez. I dubbi sull’Argentina, a ricordare certi discorsi di qualche mese fa, riguardavano la difesa e il portiere, Romero, un disastro negli ultmi due anni. Ma il calcio, come spesso fa, si diverte a portare l’Argentina alla finale dei Mondiali con la solidità inattesa della sua difesa e con le parate di quel Romero là. Messi sparisce nella seconda fase dopo aver giocato a fiammate nel girone, Aguero e Palacio non segnano mai, Di Maria ne fa solo uno, Higuain la combina più grossa di tutti. Dopo 22 gol in stagione, di cui 17 in campionato e 4 in Champions League, segna solo contro il Belgio nei quarti e si mangia il gol che poteva cambiare la partita dell’Argentina. Il fallimento di Messi, che non riesce a eguagliare il numero di Mondiali vinto da Maradona, e nemmeno quello di Pasculli, nasconde le responsabilità del nostro Pipita nella sconfitta. Il gol con il quale si ingozza davanti a Neuer non è una palla che un attaccante come lui deve sbagliare. E’ questo il giudizio che si annusa nell’aria. C’è un però. Un attaccante come lui: in che senso? Un attaccante come lui: cosa vuol dire? Certamente non vuol dire infallibile. Sabella, il ct argentino, ha puntato su Gonzalo, forse più per necessità che per convinzione. Sta di fatto che fra i titolari Higuain c’è stato sei volte su sette. Non poteva essere la serenità a mancargli, non la fiducia dell’allenatore, e non era, la sua, ansia da prestazione. Un anno con Higuain ci ha messo invece nelle condizioni di stabilire che il suo sangue freddo, quel suo palpabile distacco nella partecipazione alle vicende collettive, è una mezza verità. Quel sangue tanto freddo non è, specialmente quando Gonzalo si trova davanti al portiere avversario. Lì, in quel momento, il professionista assai moderno che si mostra algido dinanzi a un contratto firmato e commenta le voci di mercato che lo riguardano (“Ne parliamo dopo il Mondiale”), smarrisce invece il controllo di sé, o almeno smarrisce il controllo dei suoi piedi. La mappa degli errori faccia alla porta è indicativa e fitta di puntini: Dortmund, Verona (Chievo), Swansea, sono solo i più clamorosi. Diciamolo: Higuain i gol se li mangia. Almeno quanti ne mangiava Cavani, altro straordinario realizzatore, ma bestia vorace di occasioni in area, soprattutto se la palla era da toccare con dolcezza. Voce dal fondo: quale attaccante non mangia i gol? Vero. In fondo tutti. La differenza la fa il momento in cui il gol te lo mangi, la partita, l’evento. Finisce che ricordi per anni il gol sbagliato da Claudio Pellegrini contro il Perugia, non tanto perché fosse a un metro dal palo del portiere, quanto perché quel pomeriggio, con quella sconfitta, il Napoli salutò il suo primo possibile scudetto. E così per Careca contro il Real Madrid. Poi certi errori, anche i più evidenti, si dimenticano. Questo deve fare adesso, Higuain. Dimenticarlo. Se è difficile rituffarsi in un campionato nazionale dopo aver vinto un Mondiale (Maradona ’86/87 fu la sublime eccezione), è ancora più complicato smaltire insieme alla fatica anche la delusione. Qui, su questo bivio, aspettiamo Gonzalo, per stringere un patto con lui. Noi ci mettiamo il calore per scaldargli il sangue freddo, lui ci mette i gol e un velo pietoso sulla notte del Maracanà. Funzionerà, vedrete. Il Ciuccio

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