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L’ex arbitro Marelli spiega perché Minelli non ha sbagliato (da regolamento) con Muntari

Un’interpretazione di chiara matrice arbitrale, legata ai codici, ma che racconta quanto sia sottile il confine tra buon senso, regole e creazione di un precedente.

L’ex arbitro Marelli spiega perché Minelli non ha sbagliato (da regolamento) con Muntari

Un caso internazionale

Sulley Muntari ha monopolizzato la cronaca calcistica degli ultimi giorni. Il caso di Cagliari ha suscitato numerose polemiche, è giunto giustamente fino alle pagione sportive del Guardian. L’autorevole testata inglese racconta gli avvenimenti del Sant’Elia in maniera asettica, sottolineando come il direttore di gara avrebbe potuto «allertare il quarto uomo, che a sua volta avrebbe avvertito la pubblica sicurezza». Noi del Napolista ci siamo espressi in maniera molto critica nei confronti dell’arbitro Minelli che ha ammonito per proteste il calciatore del Pescara. Subito dopo, Muntari ha lasciato il campo in segno di protesta.

Com’è nello spirito di questo sito, pur senza derogare dalla nostra opinione, diamo conto anche di una lettura alternativa della vicenda. Lettura che viene data da Luca Marelli, ex arbitro di Serie A e oggi punto di riferimento social per l’interpretazione di fatti e vicende legate ai direttori di gara e al regolamento. Proprio al regolamento si appella Marelli nel suo blog, in un articolo dal titolo: «Muntari, il razzismo ed i tribunali social: perché condannare l’arbitro Minelli è un errore colossale».

La versione di un arbitro

Il pezzo è chiaramente orientato dall’esperienza arbitrale di Marelli, che in qualche modo prova a descrivere le dinamiche accadute in campo alla luce di quanto ha visto alla televisione e ai suoi precedenti da direttore di gara. «All’85esimo circa Muntari mostra segni di nervosismo totalmente inspiegabile per me seduto davanti al televisore: nessun contrasto duro, nessuna decisione controversa, nulla di nulla, solo il calciatore del Pescara che protesta con eccessiva vigoria per qualcosa». Si apre così il racconto dei fatti.

Marelli prosegue sottolineando l’atteggiamento «sorpreso» dell’arbitro Minelli che «prova a calmare il dialogo con un calciatore che però non sembra molto disposto al dialogo». Il gioco riprende, alla successiva interruzione Muntari ricomincia nelle sue proteste e viene ammonito dall’arbitro. Dopodiché, lascia il campo senza chiedere il consenso all’arbitro. Minelli «applica il regolamento: seconda ammonizione automatica ed espulsione, comunicata al capitano abruzzese Memushaj».

Il regolamento

Marelli giustifica il comportamento di Minelli adducendo il regolamento, definito «fonte principale». L’ammonizione per proteste è «doversosa», perché un calciatore «non può permettersi di reiterare un atteggiamento del genere verso l’ufficiale di gara, pur con tutte le ragioni di questo mondo». Il secondo cartellino arriva invece per «abbandono del campo senza consenso».

Sull’interpretazione, e sull’idea di mancata elasticità e scarso buon senso da parte di Minelli, Marelli si esprime così: «La teoria più paradossale è quella secondo cui, di fronte ad una protesta così vibrante, Minelli avrebbe dovuto utilizzare il buon senso, accontentare Muntari, far diffondere un annuncio per far terminare i cori razzisti e sospendere temporaneamente la gara. Già, ma c’è un problemino. Capisco che, dalla televisione, sia difficile ascoltare tutto ciò che accade in uno stadio. Però è anche vero che un coro è un coro. Un coro si sente ed un coro razzista, giustamente, viene rimarcato anche da chi commenta la gara».

Continua: «Nel momento in cui è cominciato lo sfogo di Muntari, nessuno ne ha compreso il motivo: nessuno in campo, nessuno a casa, nessuno nemmeno in cabina di commento. E, da quel che è stato ricostruito successivamente, la reazione di Muntari sarebbe stata originata (usiamo sempre il condizionale) da frasi razziste di qualche idiota (perché il razzista è un idiota, punto!) in mezzo a diecimila persone che stavano assistendo civilmente alla gara. Frasi che, ovviamente, nessuno degli arbitri ha sentito».

Il precedente di Minelli

A supporto della tesi sulla mancata ricezione delle frasi, Marelli riporta un episodio del passato. Minelli ha fatto sanzionare il Bari con una multa per una situazione analoga, nel dicembre 2014. E spiega anche che la gestione del caso avrebbe potuto creare un precedente molto negativo: «La verità è che nessuno degli arbitri ha sentito alcuna frase razzista. C’è stata? Può essere. Qualcuno ha detto: “e che gli costava far fare un annuncio? Avrebbe rasserenato Muntari…” E certo! Peccato che, se avesse agito in questo modo, Minelli avrebbe poi dovuto riportarlo nel referto di gara, procurando una multa pesante e la (probabile) squalifica dell’intera curva per un coro/una frase… che non ha sentito!»

«Un arbitro non può e non deve scrivere ciò che non abbia direttamente visto od ascoltato. Avrebbe dovuto, secondo l’opinione di taluni curiosi personaggi, agire per quieto vivere, sospendere momentaneamente la gara per un episodio riportato e scrivere il falso sul referto di gara. Una follia. Anche perché poi pensate a questo scenario: Minelli sospende momentaneamente la gara per insulti che non ha sentito e solo su sollecitazione di un calciatore, con multa e (probabile) squalifica della curva. Domani chi avrebbe potuto impedire a qualunque calciatore di chiedere la sospensione temporanea della gara ad un arbitro? Sostanzialmente chi avrebbe più potuto impedire multe e squalifiche di settori dello stadio su segnalazione di calciatori stessi?».

Il buon senso

Le considerazioni da fare in questa vicenda sono molteplici, e investono diverse dimensioni. Anche lo stesso Marelli scrive che Minelli «non ha gestito benissimo la vicenda: mancanza di esperienza, evento inatteso, ecc.». Ma il regolamento parla chiaro. E dal punto di vista dei codici, Muntari potrebbe essere pesantemente sanzionato per le parole dette nel post-gara («Non ho sotterrato l’arbitro perché non si può»). Questo è il classico caso in cui l’arbitro ha potuto poco per via della sua natura umana. In queste situazioni, il confine tra buon senso e regolamento è molto meno sottile di quanto si pensi. E il giudizio ex-post può in qualche modo essere inficiato da una percezione distorta della categoria arbitrale. Questo è il messaggio di Marelli, che abbiamo voluto condividere e interpretare in modo da fare un quadro completo della vicenda.

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