Menotti: «Abbiamo vinto una partita e sembra che abbiamo vinto una guerra. L’Argentina ha altri problemi»
A La Vanguardia: «Questa Argentina aveva una garanzia assoluta di poter perdere. Forse è proprio per questo che hanno vinto».

Doha (Qatar) 18/12/2022 - finale Mondiali di calcio Qatar 2022 / Argentina-Francia / foto Imago/Image Sport nella foto: Lionel Messi ONLY ITALY
Su La Vanguardia, un’intervista a Luis Menotti. E’ l’allenatore che guidò l’Argentina al tempo della prima Coppa del Mondo vinta dalla Nazionale, nel 1978. Commenta la vittoria dell’Argentina di Scaloni al Mondiale in Qatar e i festeggiamenti nel Paese.
«Qui in Argentina abbiamo vinto una partita e sembra che abbiamo vinto una guerra. Ci deve essere una gioia calcistica, ma è già successo. Ora dobbiamo pensare di nuovo all’Argentina. In questi casi cito sempre Vázquez Montalbán: “Il successo ti porta sull’orlo del precipizio. Se fai due passi avanti, ti fa sparire. Se si fanno due passi indietro, si fanno davvero progressi “, ha detto. Credo sia ora di fare due piccoli passi indietro».
A Menotti viene chiesto se ha avvertito nervosismo o tensione sul pareggio o al momento dei rigori.
«Nervoso? No. Non guardo il calcio come tifoso o come allenatore. Voglio che l’Argentina vinca, ma voglio anche che se lo meriti. E in finale la squadra meritava di vincere la Coppa del Mondo prima dei rigori. La nazionale ha fatto un’ottima Coppa del Mondo. Hanno gestito i momenti buoni e i momenti cattivi con sanità mentale. Se lo sono meritato».
Menotti continua:
«Bisogna godersi il successo della Coppa del Mondo ma, come sempre, sono stato preoccupato che si vuole usarlo per manovrare i tifosi in un Paese che ha molti problemi. Gli sforzi devono essere diretti a sistemare l’Argentina. Lo spirito di lotta deve essere mantenuto».
Menotti commenta la vestizione di Messi al momento della premiazione, con il bisht.
«Chiaro che lo hanno usato, ma Messi è un calciatore e non è responsabile di reazioni culturali. Non deve fare il lavoro di un politico. Deve giocare a calcio e lo fa in Argentina, a Barcellona e Parigi. Quello che lo lusinga è il suo calcio, è il suo modo di esprimersi».
Continua a parlare di Messi, della sua differenza rispetto agli altri giocatori.
«Quando entra in campo è un amante del gioco. Ha un grande rispetto per le persone, la palla e l’avversario. Naturalmente, se è offeso, si difende, come è successo contro l’Olanda. Ma dopo tanti anni, Messi è ancora un calciatore di quartiere e di strada, che vuole solo la palla. Penso che possa giocare fino a 40 anni. Dipende da lui e dal desiderio che ha. Fisicamente è pronto a giocare per altri cinque anni. E meglio di adesso. Questo se non è sopraffatto dal successo. Non ha bisogno di essere un atleta, basta mostrare che guida il gioco. Non ha vanità, il successo non lo ha cambiato e non si fa beffe di lui. Ha una strada, un quartiere e un angolo. È un fedele rappresentante del calcio storico argentino».
Quando ha segnato il rigore Messi si è buttato a terra e i suoi compagni sono andati a stendersi su di lui.
«È sempre stato esemplare. Ha assunto il comando con umiltà. Niente gli è mai entrato nella testa. Ancora meno adesso. È anche un merito di ciò che lo staff tecnico di Scaloni ha creato. Ha un gruppo di 16 o 17 giocatori che sono stati insieme per molto tempo».
Aver viaggiato, essere stato al Barcellona, ha fatto crescere Messi, dice Menotti.
«E’ cresciuto grazie alla conoscenza di luoghi e città. Se fosse rimasto a Rosario, il suo sentimento sarebbe stato più limitato. Come giocatore sarebbe stato un crack, ma ora è un calciatore solido e culturalmente completo. L’allenamento al Barça lo ha fatto maturare».
Ancora:
«Non voglio litigare con Van Gaal. Nel calcio si corre, si cammina, si fa jogging e si accelera, ma quello che non si può mai fare è smettere di pensare. Messi è un giocatore totale. Dobbiamo rivedere cosa significa: qualcuno che gestisce il gioco. E per questo nel calcio devi sapere molto. È molto difficile farlo perché il campo è di 7.000 metri quadrati e ci sono altri dieci giocatori nella tua squadra. Nel calcio non devi correre i 100 metri o i 10 chilometri. Qualcuno deve aiutarti. Messi è entrato a Barcellona e ha coinciso con Guardiola, Xavi o Iniesta, non in un club dove non vogliono giocare e danno solo palle. È pieno di qualità. È un professionista e un calciatore. Un giorno si stancherà di fare sacrifici e di non potersi godere la vita. Ai suoi tempi, Maradona non poteva sopportarlo. L’hanno portato da qualche altra parte. Messi è così generoso che quando tornerà a Parigi giocherà lo stesso».
Menotti parla di Scaloni.
«Non crea divisioni o problemi. Ma non è solo Scaloni. È tutto il gruppo che lavora con lui: Aimar, Ayala e Samuel. Con un gruppo del genere, che ha vissuto l’esperienza di giocare in Europa, è più facile per i giocatori farne parte. Ero alla riunione e il presidente dell’Afa gli ha assicurato il sostegno alle sue decisioni. E’ questo che conta. Perché in fondo si può avere esperienza nei club, ma nessuno ha esperienza nelle squadre nazionali».
Menotti commenta la straordinaria finale di Di Maria.
«Ha una carriera da monumento. Ha giocato per Benfica, Real Madrid, Manchester United, Psg e ora Juventus. È un calciatore eccezionale senza alcun riconoscimento. Oggi vedo che tutti i giornali gli danno un 9 o un 10 perché ha tirato un rigore e ha segnato il secondo gol. Ma ha giocato un sacco di partite del genere. Sono felice per lui».
Menotti conclude:
«Questa Argentina aveva una garanzia assoluta di poter perdere. Forse è proprio per questo che hanno vinto».