Pozzecco: giocavo centravanti in terza categoria, l’avversario mi disse: “sono appena uscito da galera”

Al Circolo dei Mondiali, su Raiuno: «Non ho ancora l'aplomb dell'allenatore. Devo maturare. Sono diverso nel senso che sono stronzo?»

pozzecco

Db Milano 02/09/2022 - EuroBasket 2022 / Italia-Estonia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gianmarco Pozzecco

Gianmarco Pozzecco è un fuoriclasse vero. Ospite in Rai del Circolo dei Mondiali. Il suo comportamento è nettamente diverso da quello che ha sul parquet, oggi in panchina. Più timido. È ovviamente un0’altra persona quando manca la trance agonistica.

Sara Simeoni gli chiede: “tu sei un allenatore diverso”.

E lui: “è un modo per dire che sono un po’ stronzo?”.

No, dice Simeoni con la consueta dolcezza.

Lui risponde: «Diciamo che ho giocato per tanti anni, non ho ancora quell’aplomb da allenatore. Devo maturare. Diciamo che è  più facile che vada d’accordo con dei ventenni, con dei venticinquenni, mi mantengo giovane».

Prima, ha raccontato dei suoi trascorsi come calciatore.

«Giocavo centravanti in terza categoria. Una mattina, la partita ancora non era cominciata, il mio avversario mi dice: “ragazzino stai tranquillo”. E io dissi: «ma non ho fatto niente”. E lui allora: “sì forse sono io a essere nervoso, stamattina alle otto sono uscito da galera”.

Scherza su Cristiano Ronaldo, gioca spalleggiato da Pecci:

«A casa mia manca la signora di pulizie. Otto euro l’ora, arrivo anche a dieci. Se pulisce come gioca, posso arrivare anche a quindici». Poi, seriamente: «Quando sei stato uno come Cristiano Ronaldo, hai il senso di responsabilità, il dovere di smettere quando sei ancora al top. Sono d’accordo con la signora Simeoni».

Sara Simeoni dice: “Come signora Simeoni”

Pozzecco risponde: «Io ho tre miti, uno di questo è Sara Simeoni, oppure Mennea e Panatta. Sono tre miti, non posso non chiamarla signora Simeoni».

Pozzecco è uno non banale. Agli Europei alla vigilia dei quarti con la Francia disse:

«Ma qualcosa abbiamo fatto già» attacca il ct Gianmarco Pozzecco, ed è aver fatto avvicinare e innamorare gente a questo sport per il nostro modo di vivere le partite, di giocarle, di dare l’anima». E si commuove.

La saletta in hotel è popolata di giornalisti francesi, greci, lituani, serbi. Il Poz parla in inglese, in serbo e infine in italiano.

«This is my life. Le vittorie nascono da un percorso, e un percorso da una domanda: come voglio vivere? Avere un giocatore che mentre esci viene e ti dà un bacio e ti dice “la vinciamo per te”? Io voglio vivere così. Però in Italia alcuni giornali non trovano lo spazio che meritiamo. Questo perché amiamo molto il calcio. Vogliamo mostrare al nostro paese che deve seguirci. Ma da noi vengo considerato un clown e questo non va bene».

E a chi mi dice “i tuoi giocatori si schianterebbero contro un muro per te”, io rispondo “no, sono io che lo farei per loro”». A Spissu ha anche dato la carta di credito dopo la partita con la Serbia, ma ha sbagliato il pin. I giocatori l’hanno chiamato con le mani ancora unte di chicken wings, «adesso non so quanto hanno speso, mia moglie non mi ha ancora detto nulla». «Settecento euro, ma eravamo 12» la risposta di Spissu.

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