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«Dalla era un genio. A volte registrava l’eco di una chitarra in bagno, perché lì c’era un riverbero ideale»

Il Fatto intervista Fabio Liberatori, autore di 14 colonne sonore di Verdone. «Ci acquattavamo all’uscita dalle sale, nei cespugli, per sentire i commenti degli spettatori»

«Dalla era un genio. A volte registrava l’eco di una chitarra in bagno, perché lì c’era un riverbero ideale»
Db Milano 11/11/2009 - presentazione libro Lucio Dalla / Foto Daniele Buffa/Image nella foto Lucio Dalla

Spesso un film diventa celebre non tanto per le scene proiettate sul grande schermo, o almeno non solo. A volte le pellicole restano indelebili nella memoria degli spettatori anche per le loro colonne sonore. Il Fatto Quotidiano intervista Fabio Liberatori, uno dei fondatori degli Stadio. Ha lavorato con Lucio Dalla, Ron, De Gregori. Dal 1982 ha fatto il suo esordio come compositore di colonne sonore, scrivendo, con Dalla e gli Stadio, le musiche per il film
di Carlo Verdone, “Borotalco” e iniziando un sodalizio lungo 14 pellicole.

«Ci acquattavamo all’uscita dalle sale, a volte addirittura nei cespugli, se ce n’erano. Io, Carlo, Christian De Sica. Ascoltavamo i commenti degli spettatori. Se erano lusinghieri tornavamo a respirare».

Liberatori racconta che le colonne sonore dei film di Verdone sono ancora ricercatissime

«C’è una richiesta pazzesca da parte degli appassionati per la pubblicazione delle musiche dei classici verdoniani. Mi scrivono: chiudiamo gli occhi ed è come rivedere la pellicola. Io ho lavorato 14 volte con lui, compresa la prima stagione della serie Vita da Carlo».

Il musicista ha collaborato anche con Lucio Dalla in alcuni dei suoi album più famosi: Anidride Solforosa, Come è profondo il mare.

«Dalla era un genio, partoriva idee che parevano bislacche, ma funzionavano. Se pretendeva che l’eco di una chitarra andasse registrato in bagno, perché lì c’era un riverbero ideale, ti chiedevi se stesse prendendoti in giro. Salvo accorgerti, dopo, che era esattamente come se lo era immaginato lui. Il che non toglie che Lucio fosse un formidabile burlone. Si metteva d’accordo con i tecnici e faceva togliere suoni agli strumenti: noi impazzivamo per individuare la fonte del misterioso guasto. Oppure organizzava telefonate fantasma: correvi a rispondere e non c’era nessuno».

Con Dalla, De Gregori e Ron, nel 1979 Liberatori condivise il palco, nel memorabile tour Banana Republic.

«In ogni stadio c’erano decine di migliaia di persone desiderose di stare insieme, un po’ come oggi. Prima dei concerti non c’erano liturgie scaramantiche, se escludiamo il bicchiere di rosso frizzantino, sempre lo stesso, con cui Lucio brindava. Io e Curreri, a quel punto, eravamo già sugli scalini che ci portavano in scena, ansiosi di scoprire se caldo e umidità avessero scordato le nostre tastiere, soprattutto quelle elettroniche. Non c’era la tecnologia odierna, né i trucchi computerizzati dei live del 2022. Ogni sera era una rocambolesca avventura».

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