Alcaraz ha cominciato a vincere a 10 anni grazie a una pasticceria. «Ora cerca il divertimento»
Su El Mundo: "Quando da piccolo le cose andavano storte, gli abbiamo insegnato a 'correre come un bastardo'. Molte partite si vincono così"

Se Carlos Alcaraz ha cominciato a vincere da bambino, lo deve ad una pasticceria. Un’azienda di prodotti dolciari che per prima ha creduto in un ragazzino di nemmeno 10 anni, che aveva bisogno di trovare soldi per andare a giocare il Mondiale Under 10 in Croazia. “Viaggio che – racconta El Mundo – era complicato per una famiglia borghese come la sua”. E allora Kiko Navarro, allora suo allenatore, convince Alfonso López Rueda, di Postres Reina, a sponsorizzarli.
Dopo di che ci si è messo Navarro, a fargli “una capa tanta” di chiacchiere: “Il mio principale granello di sabbia sul suo comportamento. Fin da bambino gli ho fatto molti discorsi: in treno, in macchina, quando andavamo a Villena, un’ora lì e un’altra ora indietro. Gli ho insegnato ad essere umile, rispettoso, a non negarsi mai per una foto. E lo vedo riflesso ora, quando è già il numero 11 al mondo”.
Il lungo articolo che racconta la galassia di Alcaraz usa sempre le stesse parole chiave: modestia, docilità, applicazione. Ha uno staff di 10 persone, è una piccola e media impresa ambulante, a 18 anni. La sua psicologa fino ai 16 anni, Josefina Cutillas, spiega che il suo segreto è che “non si ferma troppo a lungo a pensare a vittorie o sconfitte, continua a lavorare con la stessa pretesa di sé. Non permette alle emozioni di durare più a lungo di quanto dovrebbero. Spicca la sua autocoscienza”.
Un altro è il divertimento. Dice Juan Carlos Ferrero che non insegue solo il sacrificio, ma anche la bellezza: “È molto dinamico e ha molte risorse. Il suo sorriso è sempre presente, la voglia di divertirsi lì dentro. È molto esplosivo e spettacolare. Quel modo di divertirsi in campo sarà ciò che gli renderà le cose molto più facili per prolungare la sua carriera. Se cadi nella monotonia, le cose costano di più”.
E Juanjo Moreno, il fisioterapista che lo accompagna a tutti i tornei, entra nel dettaglio di quel fisico scolpito per giocare a tennis: “Ogni volta che cambiamo superficie, adattiamo il lavoro che facciamo fuori dal campo. Le zone maggiormente interessate sono gli adduttori, il gluteo medio e il grande gluteo, che sono i muscoli stabilizzatori dell’anca, perché sulla terra battuta scivola molto e questo genera instabilità. A poco a poco ci applichiamo alla forza eccentrica di quella muscolatura, per fare in modo che quando il muscolo lavora in frenata non si spezzi”.
Montecarlo, Barcellona, Madrid, Roma e Parigi, la stagione della terra lo può definitivamente lanciare. “Da bambino, quando aveva una giornata storta gli dicevamo: ‘è il momento di correre come un bastardo, tante partite si vincono così“.