A Repubblica: «Un dolore saltare la finale di Europa League a Baku. L’Uefa dovrebbe garantire la sicurezza di tutti. Mi sono schierato perché era importante che il mondo si svegliasse. Molti hanno preferito non essere coinvolti»

La Repubblica intervista il calciatore della Roma Henrik Mkhitaryan. Si è schierato apertamente dalla parte dell’Armenia nella spinosa questione del conflitto con l’Azerbaigian. Proprio per motivi politici, ha dovuto saltare la finale di Europa League dell’anno scorso, a Baku: da armeno non sarebbe stato al sicuro.
«La Uefa dovrebbe sempre garantire la sicurezza di tutti i giocatori. Una finale europea è l’occasione di una vita, a volte l’unica che ti capita. E saltarla per motivi di sicurezza è davvero doloroso, come dolorosa è la guerra tra Armenia e Azerbaigian. È un diritto di ogni calciatore giocare al sicuro in ogni paese, soprattutto se ospita una finale europea».
Racconta la guerra e il peso che ha avuto sulla sua vita.
«Non sono molte le persone che mi capiscono perché poche persone si sono trovate in situazioni simili. Da piccolo non capivo molto, ma poi ho studiato, anche a scuola, e ho visto cose dolorose. È incredibile che nel XXI secolo capitino cose del genere, una guerra che dura da trent’anni. Fa male pensare ci siano prigionieri detenuti in Azerbaigian, sottratti alle loro famiglie da anni e anni».
Si sarebbe aspettato maggiore sostegno dal mondo del calcio? Gli viene chiesto. Risponde:
«Quando è esploso il conflitto mi hanno chiesto di convincere altri calciatori a esporsi con un messaggio di sostegno all’Armenia. Ma io sono contrario a chiedere a persone che non conoscono la storia del Paese di prendere posizione. L’ho fatto io, ma solo con appelli alla pace, nient’altro. Era importante che il mondo si svegliasse, che qualcuno facesse sentire la propria voce. Molti hanno preferito non essere coinvolti. Ringrazio il governo italiano per il sostegno, anche Matteo Salvini, anche se la mia non è una preferenza politica. E grazie a chi ha riconosciuto l’indipendenza dell’Artsakh (repubblica proclamata dagli armeni in Nagorno Karabakh)».
Ma si sarebbe aspettato qualcosa in più da tutti, aggiunge.
«Mi aspettavo di più da tutto il mondo. Ovunque vedo Paesi in lotta permanente, spesso per motivi non del tutto chiari. Ma piuttosto che andare a fondo alla situazione, il mondo preferisce restare in silenzio».
Racconta come è stato difficile far coesistere calcio e studio.
«È stato difficile: gli allenamenti a volte erano la mattina, dovevo scegliere tra quelli e andare a scuola. I miei genitori volevano studiassi molto: quanti pensano di poter fare i calciatori? Ma basta un infortunio e se non hai studiato non sai far nulla».
Sulla Serie A:
«Penso sia sottovalutata. In Inghilterra dicevano che il livello era calato molto, ma un campionato non si giudica solo per il numero degli spettatori: da subito ho notato una qualità in campo molto elevata».
Mkhitaryan commenta anche le parole di Mourinho e Gattuso, che hanno criticato i calciatori perché usano gli smartphone negli spogliatoi.
«Sì, mi dà fastidio. Con la squadra stiamo provando a metter via i telefoni quando siamo nello spogliatoio o a tavola, ma non possiamo dire alle persone cosa fare. Oggi ci si parla di meno nella vita reale, si fa tutto col telefono».