Di Francisca: «Assurdi nel 2025 casi come la Cogliandro. La Federscherma mi aiutò in tutto quando diventai madre»
A La Stampa sulla pallavolista licenziata perché incinta: «Allattavo mio figlio tra un allenamento e l’altro. C'è ancora troppa disparità tra atlete professioniste e non».

Db Milano 25/07/2023 - Campionati Mondiale Seniores di Scherma / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Elisa Di Francisca
L’ex schermitrice Elisa Di Francisca ha parlato, in un’intervista a La Stampa, del caso di Asja Cogliandro, la pallavolista cacciata dal Bartoccini Mc Restauri Perugia dopo aver comunicato di essere incinta.
Di Francisca: «Assurdo nel 2025 avere casi come la Cogliandro. La Federscherma all’epoca mi aiutò in tutto»
Di Francisca, lei vinse l’oro europeo nel 2018, quando suo figlio Ettore aveva due anni. Allora disse che «la maternità non preclude nulla». Sa che altre atlete non sarebbero d’accordo?
«Trovo assurdo che nel 2025 ci siano ancora casi come quello di Asja Cogliandro. E mi spiace, allargando il punto di vista, che ci siano ancora federazioni e ambienti di lavoro che non consentono alle donne di portare con sé il proprio figlio per aiutarle a riprendere l’attività, che si tratti di ufficio o di sport».
Per lei fu diverso?
«Assolutamente. Io tornai in pedana due mesi dopo la nascita di Ettore e lo allattavo tra un allenamento e l’altro. All’inizio comandano gli ormoni e quindi sei in preda a continui sbalzi d’umore. Ricordo la prima gara con lui che aveva un anno e io ero sopraffatta da mille paure e sensi di colpa. In poco tempo, però, le emozioni negative sono sparite e mi sono riscoperta molto più forte. Ogni volta che salivo in pedana mi ripetevo “sto togliendo tempo a Ettore” ed era un motivo in più per sfruttare quel tempo al meglio. Ero più concentrata, più determinata».
E i suoi “datori di lavoro” come si comportarono?
«La Federscherma e le Fiamme Oro mi aiutarono in tutto: in primis la possibilità di avere sempre il mio bimbo con me, per quanto riguarda l’impiego alla Polizia di Stato ottenni la maternità come qualunque dipendente».
Questa è un’altra grande differenza tra chi, come lei, fa parte di un gruppo sportivo militare e chi, come Asja Cogliandro, e tutte le sue colleghe del volley, ha un contratto precario non essendo mai stato loro riconosciuto lo status di professioniste…
«È vero, rappresenta una forte disparità tra atlete di altissimo livello che non dovrebbe esserci. So che il Coni sul tema ha aperto un dibattito che spero porterà tutte le sportive ad avere maggiori tutele».
Un paradosso denunciato da Asja Cogliandro è che, se avesse subìto un infortunio, l’avrebbero continuata a pagare, mentre con la maternità no. Che cosa ne pensa?
«Che la situazione non ha senso, innanzitutto perché così creiamo l’ennesima disparità tra uomo e donna e poi perché spesso è molto più dura uscire da un infortunio che dalla gravidanza. Poche settimane dopo il parto, per esempio, io ero già ad allenarmi».
La maternità, però, anche per lei è stata “privazione”, quando dopo Ettore arrivò Brando…
«Fu una scelta consapevole: io avrei dovuto concludere la mia carriera con le Olimpiadi di Tokyo 2020, il Covid posticipò l’evento di un anno e intanto arrivò Brando. Rinunciai ai Giochi e non ho nessun rimpianto».