La scelta di Gattuso ct rispecchia l’Italia: un Paese senza fiducia nel futuro
Ci si può appigliare solo ai grandi numeri: prima o poi un obiettivo dovrà pure raggiungerlo. Per il resto, il quadro complessivo (lui, Buffon, Gravina) è deprimente

Db Roma 09/05/2018 - finale Coppa Italia / Juventus-Milan / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Leonardo Bonucci-Gennaro Gattuso
Gennaro Ivan Gattuso è il nuovo commissario tecnico della nazionale. Scelto da Gigi Buffon, dopo il no del prescelto di Gravina, Claudio Ranieri, e il veto dello stesso Buffon, come se fosse un membro permanente dell’Onu, ad un ritorno di Roberto Mancini. La minaccia di dimissioni di Buffon, nell’ipotesi di un ritorno di Roberto Mancini in Nazionale, ha ridisegnato i rapporti di forza all’interno della Federazione. Ve lo immaginereste Gigi Riva (che aveva lo stesso ruolo di garanzia di Buffon) che minaccia le proprie dimissioni se fosse tornato un certo allenatore? Quello che è sempre stato Gigi Riva, un hombre vertical, non lo sarà mai Gigi Buffon. In certi momenti le acredini personali dovrebbero essere messe da parte per la ragione di Stato. E con ciò non vogliamo spezzare una lancia in favore di Roberto Mancini che di rapporti complessi ne ha avuti tanti in carriera. Ma opporsi in maniera netta finanche all’offerta dello sponsor tecnico, che vedeva in Mourinho viatico per raggiungere il Mondiale del 2026 è sembrato, eufemisticamente, un azzardo.
Proprio per “la ragione di stato” era necessario ingaggiare un allenatore che da solo potesse essere in grado di reggere il peso di un paese impaurito e depresso. Non fatichiamo a dubitare che già in conferenza stampa, Mourinho avrebbe sollecitato a riprendere un tono ed a nutrire fiducia nella Nazionale. Con la disperazione di Gattuso si rischia concretamente di saltare il terzo mondiale di seguito. Un allenatore come Mourinho sarebbe in grado da solo, con la sua leadership, di ergersi a condottiero verso l’approdo ad un Mondiale, che rappresenterebbe, oggi, la vera conquista.
La vittoria di un Mondiale per i tifosi italiani, oggi, ha solo forma onirica.
Gattuso è un ripiego, non è nemmeno un compromesso
L’approdo di Gattuso è un ripiego. Non è un bilanciatissimo compromesso. Meno che mai un: “when in trouble go big” (quando sei in difficoltà, rilancia). Tutt’altro. In tutte le questioni che si verificheranno via via, l’ultima parola non sarà mai di Gattuso. L’ultima parola sarà quella di Gigi Buffon. Come già è stato. Del resto tutti quelli approdati in questa nuova Nazionale gli devono un favore. Sarà l’ex portiere di Juve e Psg il leader di questa Nazionale. Sarà sua la leadership, che sul mercato degli uomini costa carissima, è rara, e che la Figc non può permettersi. Certamente il capo delegazione della Nazionale, in silenzio, ma nemmeno tanto, vuole crescere e potrebbe voler ambire a prendere il posto di Gravina, di cui avrà imparato il primo comandamento: non dimetterti. Il matrimonio con Ilaria D’Amico, oltre che l’amore, ha portato tantissima ambizione nella vita dell’ex enfant prodige. Il quale da scanzonato e simpatico guascone si è tramutato in maniera assolutamente inaspettata in uomo di potere, Ma visto che il nocciolo della questione è il calcio, sarà sempre il campo a stabilire i rapporti di forza dentro e fuori dalle stanze di potere. Anche Buffon gioca un all-in consistente. Evidentemente non si fida dell’amico “Rino” al cento per cento. E il ruolo nebuloso dello staff allargato, sembra più un’ancora di salvezza per l’Italia e per Buffon, ovvero un pietoso cordone sanitario cucito addosso a Gattuso per cercare di salvare il salvabile, agguantando i play-off, a meno di miracoli (vittoria sulla Norvegia) e partite con punteggi tennistici.
Ma l’ex allenatore del Napoli non ispira voli pindarici. Gattuso con la sua mestizia comunicativa è uno specchio del paese. La generazione dei campioni del mondo, come quella degli infra cinquantenni, cresciuti con Paolo Rossi ed Holly e Benji , ha fallito. Ha fallito perché non lascia che ricordi della propria adolescenza ai propri successori, senza aver costruito nulla di tangibile per il futuro. L’Italia paese, e nazionale, è divorato dalla sfiducia nel futuro. Ciascuno si rifugia nei proprio sogni individuali. Il Paese non ha lavorato affinché ve ne fosse uno comune a cui aggrapparsi. La Nazionale non ha preparato i successori. La mestizia comunicativa di Gattuso certamente non sarà un viatico per ricreare entusiasmo e fiducia nei propri mezzi. La Nazionale somatizzerà la facies disperata dell’allenatore che quando sente l’inno di Mameli, sente la mamma urlare. Il pessimo curriculum di risultati, al di la dei salvagenti lanciati da Gravina e Buffon, all’interno di uno spogliatoio, come quello della Nazionale, peseranno. È l’immagine stessa di Gattuso ad essere poco credibile agli occhi dei calciatori. Perché al di la del curriculum mediocre, che potrebbe avere più letture, ma fino ad un certo punto, al nuovo allenatore della nazionale manca un requisito fondamentale per portare fuori l’Italia dalle secche della depressione: la leadership. Gattuso non è un leader naturale. Fosse un stato un leader vero, avrebbe certamente avuto risultati migliori di quelli mediocri raggiunti fino ad oggi nella sua carriera. Ci auguriamo, per l’Italia e per quegli adolescenti che non hanno mai visto l’Italia partecipare a un Mondiale, che sia dalla parte di Gattuso solo la legge dei grandi numeri.
Prima o poi un obiettivo dovrà raggiungerlo.