Gattuso: «Non ho avuto risultati? Dipende da come li leggiamo. Ho sentito Spalletti, non Acerbi»
In conferenza: «Il primo obiettivo è creare una famiglia. Sono un allenatore diverso da come vengo dipinto, Gattuso con me non giocherebbe»

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Il nuovo ct della Nazionale italiana Gennaro Gattuso si presenterà in conferenza stampa dalle ore 11. Con lui, saranno presenti il presidente della Figc, Gabriele Gravina, e il capo delegazione azzurra, Gigi Buffon.
Gattuso: «Non ho avuto risultati? Dipende da come li leggiamo»
Inizia la conferenza Gravina:
«Ha la determinazione e il desiderio di realizzare qualcosa di grande per il nostro Paese. La Nazionale ha bisogno di lui, lui ha risposto senza esitazione alla nostra chiamata con lo stesso entusiasmo con il quale rispondeva quando veniva convocato come calciatore. Non voglio ridurre la sua disponibilità a un semplice entusiasmo, perché c’è tanto altro: spirito di sacrificio, professionalità, preparazione e qualcosa che mi ha colpito da quando ci siamo incontrati: ha voluto anteporre il noi all’io, lanciando messaggi chiari con entusiasmo straripante e mi ha detto subito che nessuno vince da solo. L’idea di squadra, determinata e convinta, che si vince insieme e al Mondiale si va tutti insieme. Questo credo sia il messaggio più bello. Vogliamo far capire con lui che chi ama la Nazionale, oggi deve sostenere questo progetto per il bene dell’azzurro e per il bene del calcio. La scelta di Gattuso è stata condivisa, devo ringraziare anche Buffon che ha avuto un ruolo determinante; la scelta condivisa è per l’uomo e il tecnico, perché siamo convinti delle sue qualità come allenatore. Ci sono testimonianze concrete delle sue qualità e sono convinto che sarà anche l’uomo dei risultati. Conosce molto bene il calcio italiano e la mentalità dei giocatori e conosce anche la pressione mediatica avendo vissuto il Napoli e il Milan. Ha svolto grande lavoro con i giovani anche in Lega Pro con il Pisa. Scelta dettata non solo dal cuore, ma una scelta convinta, abbiamo scelto qualcuno che sa cosa significa indossare la maglia azzurra e si prende le responsabilità. Gli daremo il nostro massimo supporto per costruire un gruppo coeso e coraggioso; ora ha un compito difficile e entusiasmante, ovvero riportare identità e risultati. La scelta tecnica parte dai risultati importanti del nostro settore giovanile. Nel nuovo progetto Prandelli sarà affiancato da Zambrotta e Perrotta, che caleranno nella realtà del nostro calcio l’idea di sviluppo partendo dai nostri vivai; questo progetto viaggerà in maniera autonoma ma parallela al progetto guidato da Gattuso. Sono contento che all’interno di questa visione con Rino collaboreranno anche Bonucci e Barzagli; come vedete, ci siamo rivolti a coloro che conoscono l’identità della maglia azzurra, sanno cosa significa il valore di quella maglia affinché si possa diffondere il senso d’appartenenza».
Parla Gattuso:
«Un sogno che si avvera, spero di essere all’altezza. So che il compito non è facile, ma di facile nella vita non c’è nulla. C’è tanto da lavorare ma vogliamo fare un grande lavoro. C’è poco da dire, dobbiamo lavorare, parlare e entrare nella testa dei calciatori, trasmettere cose positive. Sento dire da tanti anni che non c’è talento, ma i giocatori ci sono e dobbiamo farli esprimere al massimo. Non ho altro da dire. Spero di dimostrare un buon lavoro e l’obiettivo è riportare l’Italia ai Mondiali; per noi è fondamentale».
Presidente Gravina, su quali riflessioni si è soffermato maggiormente?
«Dai frammenti è venuta fuori un’immagine che raffigura necessità di dare risposte concrete e immediate, portandomi dietro amarezza sul piano umano per il rapporto costruito con Spalletti; ti porti dentro una ferita, una lacerazione. Ho avuto un rapporto splendido con lui e mettendo insieme tutti questi tasselli, c’era l’esigenza di dare una risposta concreta da dare in poco tempo. Con Gattuso ci siamo confrontati e vogliamo dare una svolta per rispondere a esigenze importanti».
Ct Gattuso, di cosa ha bisogno la nazionale?
«Entusiasmo, voglia di stare insieme e essere uniti. Penso che in questi giorni ho nella mia testa ben chiaro cosa fare: dobbiamo ritrovare entusiasmo e non pensare in modo negativo. Chi viene a Coverciano viene con entusiasmo e creare una famiglia; i moduli e la tattica vengono dopo».
Nella tua scelta ha prevalso più la convinzione o la speranza di poter riportare l’Italia al mondiale?
«Convinzione. Abbiamo quattro-cinque giocatori importanti che fanno parte dei primi 10 del mondo e abbiamo una squadra forte. Però ripeto: squadra, non pensiamo ai singoli. Hanno dei valori e si possono raggiungere gli obiettivi. Sono consapevole che c’è da lavorare tanto, ma abbiamo doti e qualità per qualificarci».
Ora il calcio è cambiato rispetto al 2006: cos’è l’identità da ritrovare?
«68% di giocatori stranieri che giocano in Serie A. Negli ultimi anni è stato fatto un grande lavoro nelle giovanili, ma dopo l’under 19 tendono a perdersi i calciatori. In Croazia giocavo con i 2006, 2007, penso che dobbiamo far crescere i nostri giovani. Stare fuori dal Mondiale già per due volte non è semplice… la parola paura non deve esistere e dobbiamo ritrovare entusiasmo. Penso che il cambiamento sia stato questo».
Nel 2005 anche tu hai vissuto difficoltà…
«Ho vissuto un incubo: da 3-0 a 3-3. Ho passato cinque, sei mesi in cui volevo lasciare il Milan. Spero di far cambiare idea a La Russa».
Pensi che in Nazionale dovrai mediare di più?
«Si è detto tanto di me, penso che la figura da calciatore è difficile da cancellare. Le squadre che ho allenato hanno espresso un buon calcio; oggi un Gattuso nella mia squadra non lo metterei in campo per come voglio giocare io. Se si pensa sempre a cuore e grinta non si sta dieci anni a lavorare quasi ogni anno, ho ben chiaro quali sono le mie idee, negli ultimi anni il calcio è cambiato e bisogna entrare nella testa dei giocatori. Il calciatore di oggi è più professionista che ai miei tempi, ma fanno più fatica a fare gruppo».
Perché senti che stavolta puoi fare bene rispetto a quanto parzialmente fatto nella tua carriera?
«Ho Bonucci nel mio staff e altri cinque con cui lavoro da anni. Anche quelli del settore giovanile ci daranno una mano. Per me è un onore, non c’è nessun problema. Col Napoli ho perso una Champions con 77 punti, col Milan per un punto, a Spalato mi dicono che ho fatto una stagione disastrosa, ma mi sono giocato il campionato fino all’ultima giornata. Dipende come vengono scritte le cose. Solo una squadra vince ogni competizione. Ma bisogna vedere anche il lavoro e penso che in questi anni qualcosa di buono ho fatto».
Come cambia il lavoro da club a nazionale?
«Lavoro totalmente diverso. La quotidianità sarà diversa, spero di non stressare i colleghi allenatori. L’obiettivo è parlare coi giocatori e vedere le partite».
Buffon, Luis Enrique disse che gli piacque il Valencia di Gattuso. Ha influito?
«Ho sempre avuto grandi difficoltà ad affrontare le squadre allenate da Rino. C’era razionalità e lavoro. Che Rino abbia il tratto distintivo di essere generoso, determinato, combattivo… nessuno glielo toglierà mai. Ma è un signore che allena da 12 anni e ha fatto esperienze in tutta Europa, quindi ha sentito il desiderio di evolversi. Quando mettiamo un’etichetta a qualcuno significa che non vogliamo approfondire. Ma chi lavora nel calcio deve fare ragionamenti diversi».
Lippi ha detto più volte di rivedersi in te. Cos’hai preso da lui?
«Spero di fare quello che ha fatto lui, quell’alchimia che è riuscita a creare nello spogliatoio. Avere quel senso d’appartenenza, vedere giocatori a Coverciano col sorriso».
Il problema è generazionale o solo italiano?
«Un problema di generazione. Dobbiamo essere noi bravi a trovare una via di mezzo e riuscire a interagire in maniera giusta con i giovani.»
Messaggio che ti ha colpito di più che hai ricevuto?
«I miei genitori più anziani che si sono emozionati per l’opportunità della Federazione».
Spalletti si è impigliato un po’ nella questione moduli:
«Abbiamo il 40% di squadre in Serie A che gioca a 3 in difesa. Ma in questo momento bisogna mettere i giocatori al posto giusto e riuscire a mettere in campo una squadra offensiva per creare gioco e fare male agli avversari, la Norvegia è a +11 e noi a -1».
Che ne pensi dei giocatori che rifiutano la nazionale?
«Bisogna capire il perché. Dobbiamo convincerli a restare a Coverciano anche se hanno un problemino e gestirli con i nostri dottori, senza creare scuse. La cosa importante è stare più giorni possibili insieme: poi, se proprio non ce la fa, torna a casa. Si stringono i denti e bisogna riuscire a stare insieme».
Cosa dirai ai giocatori?
«Provare a creare una famiglia e dirci le cose in faccia. Nei momenti di difficoltà diventa dura se i compagni non ti aiutano.»
Ha individuato qualcuno che Spalletti non ha chiamato?
«Vediamo che dice il campionato. Ne ho chiamati 35, ma bisogna far parlare il rettangolo verde. L’ho detto anche a Chiesa, deve riuscire a giocare con continuità».
Cosa pensa del match contro la Norvegia?
«C’è la pressione della maglia azzurra. Noi dobbiamo essere bravi a reagire. La partita è stata difficile, loro erano più forti a livello fisico, i nostri giocatori più importanti hanno avuto una sconfitta pesante in Champions e non hanno avuto la forza della Norvegia».
Cosa salva dell’Italia di Spalletti?
«Ci siamo sentiti, ho grande stima nei suoi confronti, è un maestro. Devo vedere cosa vogliamo fare, ma il suo lavoro è stato incredibile. Grandi cambiamenti non si possono fare perché c’è poco tempo».
Su cosa sarà intransigente?
«Se non li vedo che vanno a cento all’ora. Bisogna far parlare il campo, tanti di loro li ho allenati in questi anni e sanno che con me bisogna pedalare. Devono lavorare con serietà e impegno in campo. Fuori dal campo, non do importanza ai comportamenti, non posso fare il sergente di ferro».
Sei un campione di generosità, che lezione di vita vuoi dare?
«Non devo dare lezioni di vita, non sono così importante. La Calabria è una terra incredibile, ho avuto un’infanzia bellissima. I giovani devono seguire la strada giusta, quella dello studio e fare le persone per bene».
Ha trovato tempo di emozionarsi?
«No, ho avuto subito tanti pensieri e responsabilità, anche non mie. So che Dio mi darà forza e sarà difficile. C’è tanto stress e voglia di fare le cose per bene».
Buffon, negli ultimi dieci giorni si è avuta la sensazione di un ds dell’Italia. E’ così per la tua scelta di Gattuso?
«Le dimissioni non potrei mai darle, perché il 30 giugno mi scade il contratto ogni anno. La scelta è stata concertata con Gravina e gli altri professionisti con cui mi confronto. Poi chiaramente non esistono a questo livello allenatori tanto più bravi o più scarsi: esistono allenatori funzionali rispetto ai momenti che vivono le squadre. E secondo me questo era un momento giusto per Gattuso qui. Sono responsabilità che si prendono, poi sarà il tempo a dire se è stata una scelta giusta o no e pronti a fare un passo indietro».
C’è farina del suo sacco che darà?
«Ha detto bene Mourinho: non sono Harry Potter, non faccio magie. Posso promettere solo impegno e passione. Starà a noi fare meno danni possibili».
Nei giocatori che ha sentito c’è anche Acerbi?
«Non ho parlato con lui. La sua non è una problematica che ha toccato me. Le mie scelte penso che saranno diverse, nulla contro di lui che sta dimostrando un valore incredibile. Ho chiamato giocatori più giovani».
Gravina, può chiarire la questione Ranieri?
«C’è stata un’idea, un incontro. Massimo rispetto nei rapporti. Prima di lui avevamo già avviato un percorso alternativo, non ci siamo fatti trovare impreparati. Il rapporto è stato di massimo rispetto con i Friedkin, ma non c’erano le condizioni per andare oltre. Parlare di rifiuto o no penso si sia andato oltre».