Al podcast ‘BSMT’. «Solo la finale Mondiale viene prima di quella del Mondiale di Holly e Benji che ho arbitrato come personaggio di un videogame».

L’ex arbitro Pierluigi Collina ha fatto una lunga chiacchierata con Gianluca Gazzoli nel podcast ‘BSMT’.
Cosa ti manca?
«Dal 2005 mi manca il campo, sono passati 19 anni, ognuno ha i propri sogni, io sogno questo. È una cosa che manca e credo che manchi a chiunque ha fatto una cosa che gli piaceva moto, quando smetti di farla ti manca».
Adesso come sono le tue giornate?
«Sono spesso su aerei girando per il mondo, però con la fortuna di continuare ad occuparmi di qualcosa che è la mia passione. Io credo che unire passione e lavoro è una cosa che non capita a tutti».
La fama degli arbitri è quasi pari a quella dei calciatori, che effetto fa essere riconosciuto?
«È bello, è una grande soddisfazione. Quello che mi sorprende è che me lo chiedano ragazzini di 14-15 anni che non erano ancora stati pensati dai loro genitori quando io ho smesso di arbitrare».
Come mai?
«Mi spiegava Alciato che deriva dal fatto che sono presente sul web con molti filmati».
Poi sei stato anche sulla copertina di un videogioco.
«Certo. Ed essere su una copertina di un videogioco mi inorgoglisce».
Hai arbitrato anche in una partita di Holly e Benji.
«La finale del Mondiale di Holly e Benji è seconda solo a quella vera».
Credevi di avere questo successo quando hai cominciato a fare l’arbitro?
«Non credevo di durare tre settimane. Ho fatto il corso solo perché il mio compagno di banco di liceo a Bologna aveva avuto quest’idea. Quando hai 17 anni fai cose solo per fare qualcosa di nuovo. Tra l’altro lui aveva gli occhiali e quindi non potè fare questo corso».
Come la prendeva i tuoi amici?
«Tutti i miei migliori amici mi prendevano in giro, perché era il periodo della vita in cui pensi a divertirti e il fatto che io il sabato anziché uscire dovessi prendere un treno per andare in qualche posto sperduto d’Italia ad arbitrare partite di Interregionale, non lo capivano».
Quale era il feedback che avevi quando arbitravi?
«Quello di essermi visto accettato da parte dei giocatori. Io ero più giovane della maggior parte dei giocatori che arbitravo».
Sentivi quello che ti gridavano.
«È un’esperienza difficile da spiegare. L’arbitro ha una mentalità strana, le cose facili non gli piacciono. Quando sei scelto per una partita a rischio, difficile, sei felicissimo. Poi però devi renderti conto che a volte rischi. Io non ho mai avuto problemi grossi, però mi ricordo una partita di Interregionale in Abruzzo, ci arrivai un’ora e mezzo prima e vidi i giocatori della squadra ospitata aggrediti, lì pensai “loro sono in 30 e gli fanno questo, io sono da solo, pensa cosa mi fanno”. Ricordo i Mondiali 2002, era il mio secondo Mondiale, ero un arbitro che poteva avere aspirazioni di arrivare in fondo. In queste condizioni speri di avere un torneo tranquillo con partite dove non rischi nulla, mi ricordo che la partita più importante del girone eliminatorio fu Inghilterra-Argentina. Anche perché nel ’98 c’era stato un epilogo particolare con espulsione di Beckham e un problema con Simeone. Nessuno voleva arbitrarla,e quando me la diedero io ero felicissimo, però se quella partita fosse andata male, sarei tornato a casa».
Ovviamente non potevi arbitrare l’Italia in questa competizioni
«No, infatti nelle interviste prima di partite per Mondiali o Europei mi chiedevano sempre “preferisci l’Italia in finale o tu in finale?”. Una domanda assurda. Premetto che sono nazionalista, per me tutto quello che è Italia è fonte di orgoglio, però sono ancora più tifoso di me stesso. Per cui dovevi dare la risposta di apparenza, ma è chiaro che speri di arrivare tu in finale».
Cosa ti ha emozionato di più tra finale Mondiale e di Champions?
«Ho abbasta sangue freddo, cioè il pre partita è routine. Della finale di Champions a Barcellona ricordo gli ultimi tre minuti. Passare dall’1-0 al 90esimo al 1-2 al 93esimo con la coppa che non va in Germania, ma va in Inghilterra. Di quella partita ricordo il momento di panico quando nessuno aveva le bandierine perché erano rimaste in albergo, neanche racconto la mia reazione e bisogna dire grazie alla polizia catalana che con la moto andò in albergo a recuperare le bandierine»
Chi è il calciatore che ti ha fatto più impazzire?
«Io non ho mai arbitrato Maradona, tranne in una partita di beneficenza dopo che avevo smesso si arbitrare. Quindi credo Ronaldo il Fenomeno. Perché ci sono tanti che avevano grande tecnica, tanti che avevano forza fisica. io credo che lui fosse l’unico ad averli insieme».
Fischi iconici, tu hai assistito alla corsa di Mazzone
«A parte che Mazzone è stato un grande, magari anche non considerato in termini di qualità di gioco delle sue squadre. Poi in quel caso è stato indimenticabile. Era Brescia-Atalanta e sul 3-1 i tifosi dell’Atalanta si divertivano a sfottere Mazzone. Segna il 3-2 il Brescia e lui voltandosi verso di loro fece una promessa “Se pareggiamo vengo lì”. Io dal campo ovviamente non lo sapevo. Arriva il 3-3 e vedo questa montagna partire caracollando e andare verso la curva che era quella lontana. Tra l’altro passando davanti alla panchina dell’Atalanta con il suo assistente e un dirigente che cercavano di fermarlo. Arrivò lì sotto dicendo varie cose e io sono stato in mezzo al campo, a quel tempo non si tiravano fuori i cartellini agli allenatori, e io gli feci solo un gesto e lui mi disse “non c’è problema”».
Avresti voluto il Var?
«È un paracadute che chiunque vuole avere. È uno strumento che aiuta gli arbitri a non sbagliare, anche perché quando sbagli paghi».
Collina ha parlato dei cambiamenti nel calcio
«Dall’avvento del nuovo presidente della Fifa ci sono stati cambiamenti importanti come la possibilità di battere un calcio di punizione all’interno dell’aere di rigore che ha facilitato il gioco dal basso. Ma anche cercare di tutelare l’integrità fisica dei calciatori. Io ho parlato prima di Maradona che ha rischiato di non poter diventare Maradona perché un basco gli ruppe una gamba con un’entrata che oggi non penserebbero neanche di fare».
L’ex fischietto ha parlato anche delle passioni calcistiche che ha avuto da ragazzino prima di arbitrare
«Io ho sempre creduto nella trasparenza, nella passionalità. Talvolta mi chiedono: “hai mai fatto il tifo per una squadra?”. Io quando avevo 10 anni o anche 11, 12, 13, 14 e 15 anni ho tifato per alcune squadre. Era normale. Sarebbe stato sorprendente e falso il contrario. E allora come hai fatto ad appassionarti a questo sport? Se sei coinvolto diventi tifoso di te stesso. È normale».
Questo vale anche per i calciatori, Collina fa due esempi:
«Penso a Zenga che è lo stereotipo di tutto quello che è l’Inter, ma ha giocato anche con la Sampdoria e quando ha giocato contro l’Inter ha fatto il suo. Situazione simile per Raul Gonzalez Blanco, bandiera e icona del Real Madrid, che nasce tifoso dell’Atletico Madrid. Lui è un professionista, l’arbitro è un professionista».
Collina ha raccontato di come nacque il suo tifo per la Lazio che negli anni ’70 divenne per la prima volta campione d’Italia:
«Giocavo da libero quando avevo 14 anni e a quel tempo c’era un libero particolare, giocava diversamente dagli altri e soprattutto per un ragazzino dell’epoca indossava dei Ray-Ban gialli ed erano una roba meravigliosa. Il suo nome era Pino Wilson, capitano della Lazio, e andando a mare a Forte dei Marmi faceva figo dire che tifavo Lazio».
Lazio che quando ha arbitrato molti anni dopo in Serie A casualmente con Collina non vinse a lungo, l’ex fischietto ha raccontato un aneddoto: «La Lazio nelle prime nove partite che ho arbitrato in Serie A non ha mai vinto. Tant’è che un dirigente mi disse: ‘si sa nell’ambiente che sei un simpatizzante, ma possibile che in nove partite nemmeno una vittoria».
Collina e il tifo per il Bologna: il ricordo dello spareggio
«Io sono nato a Bologna e la simpatia l’avevo per il Bologna. Io a Bologna ho vissuto fino al 1991, la mia vita è stata lì. Per una regola che c’era all’epoca non si poteva arbitrare la squadra della città dove risiedevi, ho arbitrato varie volte il Bologna. Una di queste partite è stato lo spareggio per non retrocedere in Serie B, io arbitrai lo spareggio di ritorno con il Parma, che vinse 2-0. E il Bologna retrocesse. Per me era una squadra rossoblu che sfidava una squadra con le righe gialle e blu. Quando sei a quel livello tutto quello che fai è per te stesso».