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Premier League verso il salary cap: le due sponde di Manchester e Aston Villa votano contro

Il Chelsea si è astenuto. A giugno si deciderà se approvarlo o meno e con quali condizioni.

Premier League verso il salary cap: le due sponde di Manchester e Aston Villa votano contro
Manchester (Inghilterra) 22/05/2022 - Premier League / Manchester City-Aston Villa / foto Imago/Image Sport nella foto: Josep Guardiola ONLY ITALY

La maggioranza dei club di Premier League ha votato per mettere un limite al tetto salariale (salary cap) dei giocatori; solo Manchester United, Manchester City e Aston Villa hanno votato contro, il Chelsea si è astenuto. A giugno si deciderà se approvare o meno il sistema.

Premier League verso il salary cap

Il Guardian scrive:

Sarà fissato il tetto a un valore multiplo rispetto al club che incassa meno dalla vendita dei diritti tv. La scorsa stagione il Southampton ha incassato 103,6 milioni, club che ha guadagnato meno. Se il limite fosse fissato a 5 volte quella cifra, il club non potrebbero spendere per stipendi, ammortamenti e pagamenti per agenti più di 518 milioni di sterline (circa 605 milioni di euro). La Lega ha assicurato che i club potrebbero anche in seguito essere autorizzati a spendere più della cifra assegnata, a condizione che ci sia un buon bilanciamento anche con le cessioni. I limiti dovrebbero essere all’ 85% dei ricavi dei club (o al 70% nel caso di club che giocano le competizioni europee). 

Il fair play finanziario ha favorito il dominio dei grandi club

Il “Telegraph” commenta così:

Uno dei problemi legati al Fair Play Finanziario è sempre stato il sospetto che facesse parte dello status quo. Il sostegno entusiastico che ha ottenuto da parte di numerosi grandi club è dovuto al fatto che essi avevano stabilito il loro dominio e volevano preservarlo ed essere finanziariamente sostenibili.

E questa è la difficoltà anche con la versione Ffp – Profit and Sustainability Rules della Premier League – che ha portato l’amministratore delegato del Newcastle United Darren Eales ad affermare che non è giusto l’equilibrio tra il desiderio di proteggere i club “dal fallimento e quelli che desiderano investire”. Eales ha ragione. Sembra proprio che le regole, per quanto ben intenzionate, stiano proteggendo l’attuale ordine gerarchico.

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